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Vol. V/2007

RIVISTA DI DIRITTO DELL’ECONOMIA,

DEI TRASPORTI E DELL’AMBIENTE

 

 

Il fermo amministrativo nelle obbligazioni pubbliche: problematiche relative al riparto di giurisdizione

Massimo Pellingra Contino*

Indice

Il concetto di fermo amministrativo ed inquadramento nella disciplina delle obbligazioni pubbliche

La natura giuridica del fermo amministrativo ex D.P.R. n. 602 del 1973

I mezzi di impugnazione del fermo amministrativo e l’autorità giurisdizionale competente in materia

 

 

Il concetto di fermo amministrativo ed inquadramento nella disciplina delle obbligazioni pubbliche

L’espressione “ fermo amministrativo” fa riferimento a diverse tipologie di provvedimenti: in primis  esso si rapporta all’istituto di cui al disposto ex art. 69 R.D. 18/11/1923 n. 2440 relativo all’amministrazione del patrimonio e alla contabilità generale dello Stato[1].

Trattasi di un provvedimento di natura cautelare,[2] che si fonda sulla circostanza che l’amministrazione sia al medesimo tempo creditrice e debitrice di una determinata somma nei riguardi di un soggetto privato. In tal caso, la P.A. può determinare la sospensione del pagamento del credito vantato dalla controparte, aspettando che maturino le condizioni per la compensazione legale.

Il ragionamento logico-giuridico, che informa il citato istituto, riposa nell’esigenza di tutela e salvaguardia del credito dell’amministrazione, nell’ipotesi in cui, a fronte dell’adempimento della obbligazione a favore del privato, l’ amministrazione medesima potrebbe vedere insoddisfatta la propria pretesa.

Il fermo di cui all’art. 86 D.P.R. 602/1973[3] si riferisce al procedimento di riscossione dei tributi; con esso infatti le amministrazioni sanciscono la vincolatività di destinazione su un bene mobile registrato del soggetto tenuto al soddisfacimento della prestazione. Si tratta di un provvedimento che è solito essere denominato con il termine di “ ganasce fiscali”, cioè viene emanato successivamente alla non corresponsione del pagamento di una cartella esattoriale secondo quanto prescritto dalla legge, ma può riferirsi anche al mancato pagamento di multe aventi ad oggetto infrazioni del codice della strada.

Sia il fermo amministrativo che le “ ganasce fiscali” sono riconducibili alla definizione lata d’obbligazioni pubbliche[4], con riguardo in particolare alle situazioni pubbliche soggettive in cui la P. A. è soggetto attivo o passivo del rapporto giuridico sottostante.

Evidentemente si tratta di relazioni obbligatorie che sussistono tra Pubblica Amministrazione e privati e che sono caratterizzati dall’elemento distintivo, rispetto ai rapporti obbligatori meramente privatistici, dato dall’assunto che alla amministrazione sono riconosciuti poteri pubblicistici esclusivi come appunto il fermo amministrativo[5].

Da parte di chi scrive non può essere tralasciato il fatto che le predette obbligazioni pubbliche sono state il frutto dell’indagine interpretativa dottrinaria, ma che allo stato dell’arte non trova asilo nel diritto positivo; tuttavia esse godono di un regime di deroga rispetto al diritto comune in virtù del fatto che uno dei soggetti interessati è proprio la P. A., costituzionalmente atta alla tutela ed al soddisfacimento di bisogni ed interessi per antonomasia di natura pubblicistica. Alla P.A. verrebbero riconosciute, dunque dei poteri strumentali di natura non soltanto ordinaria ma anche di autotutela come le “ ganasce fiscali” assimilabili per funzione al sequestro conservativo ma per natura sostanzialmente più celeri.

Ciò premesso, tuttavia, non sono mancati dubbi di legittimità costituzionale della normativa dei citati poteri riconosciuti alla P. A. nonché della medesima normativa derogatoria rispetto al diritto comune e rispetto al dettato costituzionale di cui agli artt. 3 e 24. Per ciò che ha riguardo al sostrato normativo delle obbligazioni pubbliche, in cui la P.A. è parte creditrice, esso va rinvenuto sia nella legge, come nel caso dei tributi, sia in un provvedimento dell’amministrazione di natura discrezionale sia nella disciplina contrattualistica ad evidenza pubblica sia in un fatto illecito di carattere contrattuale od extracontrattuale; fonti delle obbligazioni pubbliche in cui la P. A. è invece parte debitrice sono la richiamata legge, il contratto usualmente ad evidenza pubblica oppure un fatto illecito.

 

 Il fermo amministrativo nella legge sulla contabilità dello Stato

Il fermo[6] di natura contabile ha un contenuto derogatorio rispetto alla nozione civilistica d’adempimento. Infatti dal momento in cui è emanato il provvedimento sospensivo del pagamento del credito del privato non è inquadrabile giuridicamente la mora credendi dell’amministrazione parte debitrice.

Si è detto che il fermo è istituto con funzione cautelare. Ebbene, si permette che, una volta risolte le problematiche inerenti alla contestazione od esigibilità del credito, l’amministrazione possa sollevare in seguito la c. d. eccezione di compensazione.  

Ai fini della operatività della compensazione legale condicio sine qua non è che i rapporti di debito-credito sussistono tra gli stessi soggetti; l’ipotesi tradizionale è quella in cui il soggetto privato vanta un credito nei confronti di un dicastero ed al medesimo tempo è anche debitore di una somma verso un altro dicastero.

Trattasi di una relazione che vede da una parte un unico soggetto che è debitore e creditore verso la Pubblica Amministrazione e dall’altra parte due soggetti pubblici costituiti da un Ministero come parte debitrice e un’altro dicastero che invece è parte creditrice. Dalla normativa contabile si evince che ciascun Ministero ha una propria autonomia finanziaria, contabile e gestionale e pertanto non potrebbe comunque operare la compensazione in quanto i rapporti reciproci di credito non sussistono tra i medesimi soggetti.

Tuttavia se si considera la circostanza che si tratta di due organi che sono inquadrabili nel concetto di Stato-persona si può anche ammettere che le due posizioni di reddito e di credito si riassumono nello stesso Ente. Per i motivi accennati la legittimazione a disporre il fermo contabile[7] in sostanza va attribuita in modo esclusivo alle Amministrazioni Statali; a tal proposito giurisprudenza costante esclude che legittimata possa essere la Regione sebbene si possa trattare di rapporti creditizi che la Regione medesima possa vantare nell’esercizio di funzioni oggetto di delega da parte dello Stato.

In tal caso secondo la dottrina maggioritaria si tratterebbe di una delegazione intersoggettiva che lascerebbe inalterata l’autonomia degli enti delegato e delegante e pertanto il fermo non potrebbe in ogni caso successivamente consentire la compensazione.

Le ragioni creditizie che costituiscono il presupposto legittimante l’esercizio dell’azione non vanno inquadrate nel senso di un credito liquido, esigibile e certo in quanto nell’ipotesi in cui l’amministrazione vantasse un credito di tale specie potrebbe già opporre la compensazione legale e, pertanto, diretta conseguenza sarebbe la mancanza di necessità di disporre il fermo di pagamento. Proprio in relazione a quanto precisato, la Corte costituzionale ha statuito che la ragione di credito atta a legittimare il fermo rappresenta quella ragione creditoria per cui sia già stato iniziato il procedimento di accertamento. Anche la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato ha evidenziato la circostanza che il fermo amministrativo debba comunque essere retto da una ragione creditoria caratterizzata dall’apparenza della ragionevolezza[8] e della fondatezza[9] della pretesa.

La stessa giurisprudenza menzionata ha messo in luce anche altre caratteristiche del provvedimento e cioè la opportunità di una motivazione effettiva per quanto concerne l’apparenza del diritto vantata dall’Amministrazione tale da evidenziare le ragioni per cui sia ritenuto che il soggetto privato si potesse sottrarre all’adempimento del credito vantato dalla P.A..

La natura cautelare del fermo di pagamento come già specificato si evince dal fatto che il provvedimento stesso permette di attendere che il credito della P.A. diventi liquido ed esigibile e pertanto opponibile in compensazione. La natura giuridica del fermo amministrativo contestualmente alla circostanza per la quale il provvedimento medesimo è caratterizzato da motivi di urgenza consente di affermare che esso non debba essere preceduto dall’avviso di inizio del procedimento.

Il fermo amministrativo necessiterebbe dunque di un’accurata motivazione[10] per quanto concerne l’apparenza del diritto vantato, il pericolo di sottrazione del creditore agli obblighi verso l’amministrazione nonché la proporzionalità della somma di cui si dispone l’arresto e il danno effettivamente subito.

Il carattere strumentale del fermo senza dubbio denota la necessaria temporaneità; trattasi di un provvedimento amministrativo al quale deve comunque fare seguito o la revoca nell’ipotesi in cui la ragione creditoria dell’amministrazione si rilevi non sussistente o quando il soggetto privato abbia adempiuto nei confronti della Pubblica Amministrazione oppure la compensazione legale fra i due crediti.

La Corte costituzionale ha precisato che si tratta di è una tipica funzione di autotutela; più precisamente si tratterebbe di una autotutela di carattere decisorio sui rapporti in quanto ciò che è opportuno mettere in luce è il compito di salvaguardare l’utilità economico-patrimoniale che all’Amministrazione può derivare dal rapporto obbligatorio in cui quest’ultima risulta creditrice.

Dunque la salvaguardia dell’utilità patrimoniale citata viene assicurata attraverso il meccanismo della compensazione; ma giacché il credito della Pubblica Amministrazione non è ancora di natura liquida ed esigibile il fermo ottempera ad una funzione di natura cautelare e strumentale tale da rendere successivamente possibile la compensazione.

Da ciò si deduce che il fermo di pagamento è un atto autoritativo idoneo a realizzare una degradazione del diritto soggettivo del privato ad interesse legittimo (ciò fa riferimento alla cosiddetta teoria dei diritti soggettivi affievoliti).

Premesso che trattasi di un provvedimento cautelare in cui la Pubblica Amministrazione attua una sospensione dell’esecuzione contrattuale a favore esclusivo dello Stato, occorre adesso analizzare quale sia il giudice competente[11] a sindacare la legittimità del fermo in quei casi in cui il soggetto privato intenda contestarne la legittimità.

Secondo un certo orientamento, premessa la natura discrezionale del provvedimento la competenza giurisdizionale in materia è attribuibile al giudice amministrativo; la natura discrezionale del fermo si dedurrebbe dal fatto che la P.A. è chiamata ad effettuare delle valutazioni che concernono il differimento o meno dell’adempimento di un’obbligazione. Trattasi di un istituto di valenza pubblicistica e ciò è confermato anche dalla previsione della revoca del fermo, che può essere d’ufficio o su istanza del privato e che usualmente caratterizza gli atti discrezionali della Pubblica Amministrazione.

Tuttavia oggi si inizia a dubitare della discrezionalità della Pubblica Amministrazione in quanto si tratterebbe, ad ogni modo, di un provvedimento adottato in funzione di autotutela che andrebbe ad incidere sulla posizione giuridica soggettiva del privato idonea a pretendere la compensazione.

La citata natura derogatoria al diritto comune è il risultato di un’analisi non tanto discrezionale quanto tecnica; prova di ciò è che la stessa definizione di revoca viene utilizzata dal legislatore in modo improprio poiché più che di revoca talle qualle si tratta di rinunzia ex post che la Pubblica Amministrazione opera con riguardo al mantenimento del fermo.

Ciò comporterebbe che la giurisdizione in materia dovrebbe essere attribuita al giudice ordinario.

 

Il fermo ex art. 86 D.P.R. 602/73: l’istituto delle cosiddette ganasce fiscali

Il fermo previsto dall’art. 86 del D.P.R. 602/73, riformato di recente dall’art. 3 comma 4° della Legge 248/2005, si inquadra in un provvedimento mediante il quale l’Amministrazione pone un vincolo di indisponibilità su di un bene mobile registrato[12], per effetto del quale il proprietario non può fare uso del proprio veicolo e in caso di iscrizione del fermo nel P.R.A. non può disporne e gli eventuali atti dispositivi risulteranno inefficaci e non suscettibili di opponibilità.

Certamente ciò costituisce un provvedimento che priva, seppur temporaneamente, il proprietario del suo diritto di proprietà sul bene e pertanto della facoltà di godimento e di disposizione; pertanto il fermo avrebbe le stesse caratteristiche degli atti ablatori con i quali la Pubblica Amministrazione effettua una ingerenza unilateralmente ed in senso autoritativo nella sfera giuridico-patrimoniale del destinatario.

Per quanto concerne la procedura di emanazione del provvedimento disciplinata dall’art. 86 del D.P.R. 602/73 oggetto di modifica da parte dei DD.Lgs. 46/99 e 193/2001 il concessionario del servizio riscossione tributi notifica la cartella di pagamento con la avvertenza che “in caso di mancato pagamento il concessionario procederà ad esecuzione forzata nonché al fermo amministrativo sui beni mobili registrati e ad ipoteca sui beni immobili”[13].

Il fermo amministrativo consisterebbe in atto funzionale all’esecuzione forzata e quindi mezzo di realizzazione del credito allo stesso modo con cui la realizzazione del credito è agevolata dall’iscrizione ipotecaria.

Da ciò si evince che la tutela giudiziaria esperibile nei confronti del fermo amministrativo si deve realizzare innanzi al giudice amministrativo con le forme, peraltro consentite dall’attuale disposto di cui all’art. 57 del citato D.P.R. 602/73, dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.

Trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili registrati del debitore e dei coobbligati che hanno la piena disponibilità degli stessi soltanto successivamente al pagamento di quanto dovuto.

La disciplina vigente del fermo amministrativo non indica l’autorità giurisdizionale innanzi alla quale sarebbe esperibile un eventuale giudizio di opposizione al fermo né il termine di decadenza entro il quale il concessionario deve perentoriamente intraprendere le azioni esecutive, decorso il quale il fermo perde comunque efficacia.

Quanto precisato ha comportato che alcuni tribunali sollevassero questioni di legittimità costituzionale con riguardo a presunte violazioni degli artt. 3 e 24 della Costituzione, statuendo, in relazione alla omessa indicazione del tribunale competente, che verrebbe leso il principio di effettività della tutela giurisdizionale, e, con riguardo all’omessa indicazione del termine di efficacia che, sussisterebbe una sperequazione cioè una disparità di trattamento rispetto ai cittadini che sono assoggettati all’esecuzione forzata ordinaria.

La questione concernente la omessa previsione di un termine di efficacia del fermo, sollevata con riferimento ai citati articoli 3 e 24 della Costituzione sarebbe manifestamente inammissibile nell’ipotesi in cui la parte attrice nel giudizio principale non abbia addotto tra i motivi di illegittimità del fermo, quello dell’irragionevole ed indefinito protrarsi del fermo stesso causato dalla mancanza di un termine di efficacia.

Conseguenza di ciò sarebbe che la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma oggetto di censura non inciderebbe in alcun modo nel giudizio a quo, in quanto essa pronunciata con riferimento alla mancanza di un termine di efficacia del fermo, circostanza estranea al tema decidendum del giudizio stesso[14].

L’omessa indicazione del giudice competente inoltre non pregiudicherebbe l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, e l’indicazione del termine di efficacia pertanto non sarebbe indispensabile.

 

La natura giuridica del fermo amministrativo ex D.P.R. n. 602 del 1973

Per quanto concerne la natura del fermo la mancata indicazione del termine di efficacia produce il risultato che il provvedimento produca gli stessi effetti del pignoramento; anzi sembra quasi che si tratti di un’anticipazione dello stesso. La dottrina sembrerebbe allora escludere la natura cautelare del provvedimento; alcuni studiosi come accennato optano per l’attribuzione ad esso della natura di atto esecutivo, in quanto si inserirebbe nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata. Questo indirizzo dottrinario era sostenuto anteriormente alla riforma dell’istituto operata dall’art. 1 del D.lgs. 193/2001 quando il fermo ai sensi dell’art. 5 comma 3 del D.M. 503/98 era posteriore all’esperimento infruttuoso del pignoramento.

Secondo altro orientamento il fermo avrebbe la natura di atto amministrativo; secondo altri autori addirittura si tratterebbe di un atto discrezionale poiché l’art. 86 dispone che il concessionario possa adottare il fermo e non debba adottarlo in quanto sono esperibili altre strade come il pignoramento e l’ipoteca.

Tuttavia poiché la natura giuridica del fermo attribuisce una maggiore efficacia ad esso rispetto al pignoramento in quanto consente una realizzazione dei medesimi effetti senza una apprensione del bene, è chiaro che l’autorità amministrativa competente in un certo senso è obbligata ad intraprendere questa strada. Quindi si potrebbe sostenere anche la natura vincolata del provvedimento di fermo stante la efficacia certa che esso produce.

Gli ultimi indirizzi giurisprudenziali del Consiglio di Stato e della Cassazione hanno sancito tuttavia un mutamento: infatti è stata messa in luce la funzione del provvedimento di assicurare un pieno soddisfacimento delle pretese creditorie, attraverso la disposizione di un vincolo di indisponibilità che rende inefficaci gli atti di disposizione che sono stati eventualmente compiuti.

Alla luce delle predette considerazioni non è più sostenibile la tesi del provvedimento amministrativo strictu sensu e pertanto l’indirizzo dottrinario più accreditato muoverebbe verso l’affermazione che il fermo tendenzialmente si avvicina più a un atto di natura negoziale.

L’art. 86 del D.P.R. 602/73, ai fini della determinazione degli aspetti che concernono il termine di efficacia del fermo[15], alle modalità di emissione, alla motivazione e alla autorità giurisdizionale alla quale è possibile ricorrere, fa riferimento ad un decreto da emanare che non è ancora stato adottato.

Tuttavia, tra gli studiosi non manca chi sostiene che si tratta di un atto di natura arbitraria emanato dalla Pubblica Amministrazione, sulla base della critica dell’assunto che un potere di carattere così incisivo non incontri dei limiti.

D’altra parte la legittimità stessa della norma attributiva del potere era stata già oggetto di disquisizione in dottrina; infatti, si sosteneva che il fermo amministrativo poiché privo di qualsiasi regolamentazione, avrebbe potuto essere adottato in violazione del disposto di cui all’art. 3 della Costituzione e che la mancata previsione del termine avrebbe inciso con modalità sproporzionate sul diritto di proprietà del bene.

Inoltre, poiché non è ovviamente trascurabile la circostanza che l’autoveicolo possa essere anche uno strumento di lavoro per il privato, il fermo si riflette anche su altri diritti costituzionalmente tutelati come il diritto alla libera iniziativa economica ed al lavoro.

Premesse le superiori osservazioni, il Consiglio di Stato aveva ritenuto che l’istituto delle cosiddette ganasce fiscali non potesse ritenersi operativo in quanto l’art. 86 del D.P.R. 602/73 si riferiva ad un decreto che ne disciplinasse gli aspetti esecutivi ma che non era mai stato emanato.

Attualmente la problematica può ritenersi risolta poiché l’art. 3 della Legge 248/2005 ha apertis verbis ripristinato il fermo amministrativo dei veicoli[16] iscritti al P.R.A. quale strumento di garanzia della riscossione tributaria statuendo che le disposizioni dell’art. 86 del D.P.R. richiamato, si devono interpretare col significato che, fino all’emanazione del decreto previsto dalla comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli nel rispetto delle disposizioni legislative con riguardo a quanto disciplinato dal decreto del Ministro delle Finanze 7 settembre 1998, n. 503.

 

I mezzi di impugnazione del fermo amministrativo e l’autorità giurisdizionale competente in materia

Come accennato, l’art. 86 non fa alcun riferimento all’autorità competente nell’ipotesi in cui il soggetto privato voglia contestare la legittimità del fermo; pertanto, nel corso degli ultimi anni si sono avvicendati diversi indirizzi giurisprudenziali al riguardo che sono confluiti nell’ultima pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite n. 2053/2006 che sembra avere posto fine alla diatriba sul punto.

Va evidenziato che la problematica relativa alla individuazione del giudice competente è influenzata dagli indirizzi che si vuole accogliere sulla natura giuridica del fermo.

Coloro che sostengono la natura cautelare del fermo optano per la sussistenza in materia della giurisdizione del giudice tributario, che ha una competenza che si estende alle controversie ad oggetto tributi di ogni genere e specie, ad eccezione soltanto di quelli che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria susseguenti alla notifica della cartella di pagamento.

Il giudice tributario pertanto sarebbe competente rationae materiae, e con riguardo all’art. 7 del D.lgs. 546/1992, è legittimato a disapplicare gli atti amministrativi che interferiscono con la sua giurisdizione.

Ma secondo il ragionamento logico giuridico della giurisprudenza maggioritaria, tuttavia si deve escludere la giurisdizione del giudice tributario stante la circostanza che il fermo è un atto successivo alla notifica della cartella di pagamento e, con riguardo all’art. 2 del D.lgs. 546/92 questi provvedimenti esulano dalla giurisdizione del giudice tributario.

Coloro invece che sono fautori della teorica del provvedimento amministrativo sostengono che le controversie inerenti a legittimità o meno del fermo vanno inquadrate nella giurisdizione del giudice amministrativo; infatti non si può tralasciare che il fermo è un atto idoneo ad incidere autoritativamente ed in senso unilaterale sulla sfera giuridico patrimoniale del destinatario, attraverso la imposizione di un vincolo che priverebbe il soggetto giuridico del bene.

Trattasi di un provvedimento che si conforma a quell’indirizzo secondo cui esso degraderebbe il diritto soggettivo di proprietà del privato ad interesse legittimo e, giacché nella quasi totalità dei casi il giudice degli interessi legittimi è il giudice amministrativo, di conseguenza le controversie che hanno ad oggetto il fermo amministrativo, seguirebbero le regole del processo amministrativo[17].

Tra gli studiosi non è mancato chi ha sostenuto che il giudice competente a conoscere delle questioni relative al fermo, fosse l’autorità giurisdizionale amministrativa in sede però di giurisdizione esclusiva sulla base del fatto che l’attività di riscossione dei tributi svolta da un concessionario e immediatamente rapportabile alla materia dei servizi pubblici, per la quale secondo il disposto di cui all’art. 33 D.lgs. 80/98, come sostituito dall’art. 7 della legge 205 del 2000, è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo[18].

La recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha invece affermato, come già precisato, la natura negoziale del fermo amministrativo, attraverso la valorizzandone della funzione di conservazione del credito e anticipatoria dei risultati conseguibili con l’ordinario svolgimento della procedura espropriativa. Da ciò consegue l’affermazione della giurisdizione del G.O.

Gli ultimi dubbi relativamente alla possibilità di una giurisdizione esclusiva in materia sono stati fugati dalla sentenza della Corte costituzionale 204/2004, che ha ridotto le materie oggetto della giurisdizione esclusiva del G.A., a guisa  da rendere compatibile questo tipo di giurisdizione con l’art. 103 Cost.

Alla luce del nuovo art. 33 del D.Lgs. 80/1998 deve infatti escludersi che il concessionario del servizio di riscossione dei tributi eserciti un servizio pubblico; pertanto si afferma la giurisdizione del G.O., nelle forme previste dall’art. 57 del D.P.R. 602/1973, dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. Il fermo infatti è assimilabile nella natura al pignoramento e rappresenta una forma alternativa dello stesso e del processo di espropriazione forzata.

Conseguenza di quanto precisato è che data la omogeneità sostanziale tra fermo e pignoramento, non avrebbe senso assoggettare il primo ad un regime processuale diverso, prevedendo una diversa giurisdizione: perciò il fermo è impugnabile dinanzi al G.O. con l’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, gli stessi strumenti previsti con riferimento al pignoramento e agli atti della procedura esecutiva.



* Dottorando di ricerca e cultore di diritto amministrativo.

[1] Sul punto cfr. C. d. S., sez. IV, 3/4/1985 n. 123.

[2] Vedi C. d. S., sez. IV, 27/2/1998 n. 350. 

[3] Cfr. T.A. R. Veneto, sez. I, 30/1/2003 n.886.

[4] A. Barettoni Arleri, (voce) Obbligazioni pubbliche, in Enc. Dir., XVIII, Milano, 1979; G. D. Falcon, (voce) Obbligazioni pubbliche, in Enc. Giur., IX, Roma, 1998;

[5] S. Cassese, Il fermo amministrativo: un privilegio della pubblica amministrazione, in Giur. Cost., 1972; F. Garri, ( voce) Fermo amministrativo, in Enc. Giur., XIV, Roma, 1979.

[6]   C. A. Molinari, Il fermo amministrativo, in Foro Amm., 1969; R. Roffi, Osservazioni sul c. d. fermo amministrativo, in Giu. It. 1973.  

[7] Cfr. A. Bennati, Manuale di contabilità di Stato, Napoli 1980; G. Bentivenga, Elementi di contabilità pubblica, Milano 1975.

[8]    Consiglio di Stato Sez. IV, 03.04.1985 n. 123.

[9]   Consiglio di Stato Sez. III, 18.03.2004 n. 1441: si tratterebbe di una mera apparenza di fondatezza non di certezza della pretesa ma l’opinio juris che esiste un motivo valido del suo diritto giustifica e legittima la soggezione del debitore all’adempimento.

[10]          R. Galli, D. Galli, Corso di diritto amministrativo, Padova 2004; F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè 2006; E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè 2006.

[11] E. Tiramani, Il fermo amministrativo: quale giurisdizione? In www.altalex.it .

[12] TAR Veneto, sez. I, 30 gennaio 2003, n. 886.

[13] L. Spagnoletti, Le ganasce fiscali: breve storia del fermo amministrativo dei beni mobili registrati in sede di riscossione di entrate mediante ruolo, tra problemi sostanziali e processuali, in www.lexitalia.it

[14] Corte Costituzionale, 7 aprile 2006 n. 149.

[15] C. Cost., 7 aprile 2006, n. 149.

[16] P. De Nuzzo, La natura giuridica del fermo amministrativo dei beni mobili registrati, in www.altalex.it; R. Roffi, Osservazioni sul c.d. fermo amministrativo, in Giur.it. 1973.

[17] N. Saitta, Giustizia Amministrativa, Giuffrè 2006.

[18] U. Di Benedetto, Le materie della giurisdizione esclusiva dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, in www.giustamm.it, M. Nigro, Giustizia Amministrativa, Bologna 1994, Giuffrè; R. Garofoli, La nuova giurisdizione in tema di servizi pubblici dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, in www.giustamm.it; Cass. Civ. SS.UU., 14.01.2005 n. 598; TAR Veneto, sez. I 14.01.2005 n. 73; TAR Puglia Bari, sez. I 23.03.2005 n. 1277.

 

Data di pubblicazione: 18 aprile 2007.