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Vol. V/2007

RIVISTA DI DIRITTO DELL’ECONOMIA,

DEI TRASPORTI E DELL’AMBIENTE

 

 

 

Rumore da discobar  e  poteri dispositivi del sindaco*

Alessandra Faldetta**

Introduzione

1. La normativa  vigente

2. Sulla deroga ai principi generali in tema di giusto procedimento ed in particolare all’obbligo di avviso prima dell’inizio del procedimento

 

Introduzione

La sentenza del TAR PUGLIA, Lecce, sez. I, 24 Gennaio 2006, n. 488 consente di svolgere alcune brevi considerazioni in merito alla questione del contemperamento degli interessi fra esercizio di attività economica e tutela della salute dall’inquinamento acustico[1].

In particolare, la sequenza argomentativa della decisione evidenzia i possibili rimedi applicabili dal Sindaco[2] a tutela della collettività residente nelle immediate vicinanze dell’attività inquinante, anche nell’ipotesi in cui il Comune sia sprovvisto di piano di zonizzazione acustica.[3]

La vicenda vede coinvolta la titolare di un disco bar [4] (munita di licenza per trattenimenti danzanti all’aperto), che impugna le ordinanze del Sindaco emesse, ai sensi dell’art. 9 L. n° 447/1995[5] (legge quadro sull’inquinamento acustico), per superamento dei limiti di rumore, in conseguenza della denuncia fatta da alcuni cittadini residenti nelle vicinanze dell’esercizio.

Nello specifico, con la prima ordinanza viene ingiunto alla titolare del disco bar di adottare, con effetto immediato, tutti gli accorgimenti tecnici necessari a limitare le emissioni rumorose con particolare riguardo alle aree confinanti con le abitazioni; nonché di predisporre e trasmettere al comune ed all’A.R.P.A.[6] entro 10 gg. un piano di bonifica e, in ogni caso, di eseguire entro 20 gg. tutti gli interventi tecnici necessari a ricondurre le emissioni acustiche nei limiti di legge; di effettuare medio tempore la chiusura serale del disco bar alle ore 1.00, fino all’avvenuta realizzazione delle opere necessarie alla mitigazione acustica.

Con la seconda, invece, stante la mancata esecuzione a quanto già intimato, viene disposta la sospensione dell’attività fino all’avvenuto adeguamento ai limiti di emissione sonora fissati dalla legge.

La questione in esame appare di grande attualità e merita un opportuno approfondimento che, prendendo spunto proprio dalle difese della ricorrente conduce a soffermarsi sulle seguenti problematiche:

a) legittimità o meno della deroga ai principi generali in tema di giusto procedimento (artt. 7, 8, 9 e 10 della Legge 7 Agosto  n° 241/1990)[7], con specifico riferimento all’obbligo di avviso prima dell’inizio del procedimento amministrativo vòlto all’accertamento dei presupposti per l’emissione delle ordinanze ex art. 9 L. 447/95;

b) legittimità o meno, con riferimento allo stesso art. 9 L. 447/95, nonché all’art. 50, quinto comma, Decreto Legislativo n° 267/2000[8] dell’uso dell’ordinanza extra ordinem quale “strumento normale” di tutela ambientale;

c) legittimità o meno dell’uso dell’ordinanza ex art. 9 L. 447/95, pure in assenza di piano di zonizzazione all’interno del comune interessato.

1. La normativa  vigente

Prima di affrontare i punti compresi nel thema decidendum occorre, tuttavia, fare chiarezza, sia pure nelle sue linee fondamentali, sul quadro normativo che governa la materia. Da essa è consentito desumere che anteriormente all’emanazione del D.P.C.M. 1° marzo 1991 «Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno» il tema dell’inquinamento acustico, non è stato oggetto di una specifica disciplina legislativa, ma ha trovato una regolamentazione indiretta e quanto mai disorganica nel disposto di norme diverse, per collocazione e per finalità, nessuna delle quali preordinata a reprimere, specificamente, il fenomeno “rumore”.

La norma più utilizzata nel tempo ai fini dell’accertamento e della repressione del citato fenomeno in sede civile  è quella prevista dall’art. 844 c.c.[9], alla quale, ancora oggi, si ricorre per dirimere le controversie fra privati relative alle immissioni moleste in alienum. La disposizione richiamata, infatti, disciplinando le immissioni nei rapporti di vicinato tra proprietà fondiarie, contempla espressamente, tra queste, i rumori.

Tale norma, tuttavia, almeno secondo l’indirizzo costante della giurisprudenza fino agli anni ‘70, non valutava le conseguenze dell’attività immissiva sulle situazioni soggettive diverse da quelle aventi ad oggetto il godimento fondiario: salute dei vicini e, in senso più lato, l’interesse diffuso alla preservazione dell’ambiente da inquinamenti. Solo la riflessione successiva della giurisprudenza [10]  ha consentito di trovare un fondamentale punto di ancoraggio in quest’ultima direzione attraverso una lettura estensiva della norma sulle immissioni. In questo modo il ricorso all’art. 844[11] per fini di tutela del bene salute si fa più pregnante e si afferma sempre più il principio secondo cui «la salute, bene primario dell’individuo, ex. art. 32 Cost.[12], non può essere posta sullo stesso piano della produzione, anche perché l’incremento di questa sarebbe inutile se dovesse determinare il peggioramento o la perdita del bene irrinunciabile e non monetizzabile della salute dei cittadini»[13]. Contrasta, invero, quest’ultimo indirizzo sia una pronuncia della Cassazione[14], che un’altra  della Corte Costituzionale[15], le quali si esprimono nel senso della inidoneità della disciplina delle immissioni a tutelare beni quali la salute, l’integrità fisica, la salubrità dell’ambiente, essendo stata, la norma concepita nello specifico contesto della materia proprietaria, all’interno della quale dispone (legittimamente) un determinato assetto degli interessi dominicali rapportati agli interessi della produzione.

Ulteriori approfondimenti della dottrina chiariscono, peraltro, l’inidoneità  dell’art. 844 a risolvere i problemi derivanti dall’ inquinamento acustico, poiché, non fissando la norma dei limiti specifici e definiti, ma statuendo soltanto nel senso della illiceità delle immissioni che superano la “normale tollerabilità”[16], lascia (nel bene o nel male) al libero apprezzamento del giudice[17] la valutazione sulla legittimità o meno di questa o quell’altra fonte di rumore.

Ora, se come appare evidente,  a siffatta misura elastica può ricorrersi nel campo civile, si capisce però quanto fosse necessario per una tutela pubblicistica dalle fonti di inquinamento acustico, l’introduzione di criteri uniformi di valutazione, affinché le Autorità Amministrative preposte alla tutela del “bene salute” potessero utilizzare dei criteri standard su tutto il territorio nazionale.

In quest’ottica, il primo vero provvedimento di specifica tutela “dell’inquinamento acustico” è stato, come sopra rilevato,  il  D.P.C.M. 1° marzo 1991 «Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno», ma è solo con la legge 447/95[18] «legge quadro sull’inquinamento acustico» e con i successivi provvedimenti attuativi della medesima - tra i quali vanno, sicuramente ricordati: il D.P.C.M. 14 novembre 1997[19] «Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore», il D.M. 16 marzo 1998 «Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico», così come il D.P.C.M. 16 aprile 1999 n. 215[20] «Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo»  - che l’intera materia ha trovato un suo organico e sistematico assetto normativo.

Ciò, ovviamente, non significa che dopo la legge quadro la  produzione normativa finalizzata alla tutela dal rumore si sia arrestata, perché, al contrario, la l. 447/95 ha costituito solo il punto di partenza verso una disciplina organica vòlta all’abbattimento dell’inquinamento acustico. Nell’ambito di questa continua evoluzione, anche al fine di adeguare e coordinare la normativa nazionale con quella comunitaria,  si è pervenuti all’emanazione del             Dlgs.  n° 194/2005 del 19 agosto 2005[21] di attuazione della direttiva 2002/49 Ce relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.

Appare, in ultimo, doveroso precisare che la specifica disciplina sopra richiamata concorre con una normativa collaterale nell’ambito della quale vanno citati oltre al codice civile[22], il codice penale[23] e il codice della strada[24].

Com’è facile capire, proprio la concorrenza, e talvolta anche la complementarità, tra le diverse normative può creare seri dubbi interpretativi, anche con riferimento al tipo di tutela da adottare.

Così, ad esempio, salva in ogni caso l’applicabilità dell’art. 2043 cod. civ. per la risarcibilità del danno da rumore[25] è ovvio che qualora vi sia fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere la tutela del diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, si potrà agire in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c.[26] per ottenere l’inibitoria  ex art. 844 c.c. dell’attività immissiva che superi la normale tollerabilità; ma si potrà anche, richiedere l’intervento dell’Autorità amministrativa affinché intervenga per ricondurre le emissioni inquinanti entro i limiti previsti dalle specifiche norme poste a tutela dell’inquinamento acustico.

Lasciando libera ed impregiudicata la scelta del cittadino che può preferire, di regola,  questo o quell’altro strumento di tutela, così come pure può ricorrere ad entrambi, dottrina e giurisprudenza hanno assunto orientamenti diversi e mutevoli nel tempo con riferimento alle valutazioni che competono all’Organo Giudicante chiamato a pronunciarsi sulla legittimità o meno di determinate immissioni acustiche.

E’ noto, ad esempio, che la recente giurisprudenza di merito e di legittimità hanno dedotto l’ininfluenza della normativa posta a tutela della salute e dell’ambiente con riguardo al giudizio di illiceità delle immissioni[27]. Secondo tale orientamento, peraltro condiviso in questa sede, il rispetto delle normative di tutela ambientale nello svolgimento di una determinata attività immissiva non esclude affatto che essa possa essere fonte di responsabilità allorché determini un danno ingiusto o comunque leda diritti soggettivi. Correlativamente, la violazione dei limiti risultanti dalle leggi speciali o da provvedimenti autorizzatori o concessori non comporta un illecito civile se non viene dimostrato che l’immissione supera la normale tollerabilità. È indubitabile, poi, che tal’ultimo concetto va sempre riferito alla situazione concreta: una immissione legittima secondo la legislazione antinquinamento, può pur sempre determinare un’immissione intollerabile e quindi civilisticamente illecita[28]. Della legislazione antinquinamento si terrà conto in sede interpretativa, ai fini dell’applicazione del rimedio della inibitoria, in relazione al secondo comma dell’art. 844 cod. civ.: in caso di immissione intollerabile, che sia anche superiore ai limiti di ammissibilità degli inquinamenti, il giudice dovrà applicare con preferenza questo rimedio rispetto ad altri[29].

Questo indirizzo appare confermato dall’osservazione che la legislazione a tutela dell’ambiente sanziona non le immissioni, ma le emissioni superiori alle soglie stabilite. Non è detto che ad emissione eccedente i limiti di legge consegua immissione intollerabile. Mentre può accadere che da emissione rispettosa dei limiti legali derivi immissione intollerabile. Tutto dipende specialmente dall’estensione del territorio sopra il quale si propagano le nocività e dalla prossimità degli immobili investiti dalla fonte di propagazione.

Parte della dottrina[30] ritiene, invece, che la disciplina amministrativa esautori la normativa del codice, e che, dove la prima manchi, si debba applicare direttamente l’art. 42 Cost. per verificare se l’immissione contrasti con la funzione sociale alla quale anche l’ attività  produttiva deve rispondere.

 

2. Sulla deroga ai principi generali in tema di giusto procedimento ed in particolare all’obbligo di avviso prima dell’inizio del procedimento

Com’è noto l’art. 7 della L. 241/90 sull’obbligo di avviso dell’inizio del procedimento è espressione del più generale “principio di difesa” (ex art. 24 Cost.), ma è opportuno ricordare che l’intervenuta recente modifica del quadro legislativo di riferimento con la L. 15/2005 ha registrato, una vistosa deroga a tale principio laddove si afferma che: "Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (art. 21 octies, co. 2°. l. 241/90, come introdotto dall’art. 14 della l. 15/2005)[31].

Pur in presenza delle innovazioni introdotte dalla già citata legge 15/2005, secondo un indirizzo espresso dal Tar Campania, Napoli, Seconda sezione,        n° 1460/2006, «la necessità di assicurare effettività alle garanzie di partecipazione al procedimento è stata prevista in generale dal legislatore non soltanto per i procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed integrativa dell’efficacia), ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante». Tale indirizzo induce a riflettere sulla reale chiave di lettura delle modifiche introdotte dalla legge 11 febbraio 2005 che, nel ribadire la necessità di assicurare effettività alle garanzie di partecipazione procedimentale, già evincibile dall’originario impianto normativo, si è limitata a statuire, in via di eccezione, una deroga al regime di annullabilità dell’atto per vizi formali, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Ciò sembra evidenziare la chiara intenzione del legislatore di estendere in via ordinaria l’applicazione del regime procedimentale definito agli artt. 7 e ss. della legge 241/1990 anche agli atti a contenuto vincolato[32], rimanendo ininfluente un’eventuale violazione delle garanzie di partecipazione nei soli casi di evidente superfluità, da un punto di vista fattuale e/o giuridico, di ogni apporto collaborativo rispetto al contenuto precettivo delle determinazioni da assumere. Sotto il suddetto profilo, si può  di conseguenza affermare  che, ogni qual volta le argomentazioni difensive svolte dall’Amministrazione, non saranno contraddistinte da una pregnante efficacia persuasiva tale da far ritenere - in ossequio al nuovo schema probatorio introdotto dalla legge 15/2005 - che “il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” allora, si dovrà affermare l’illegittimità del mancato avviso[33].  Tra l’altro, con riferimento alla fase degli accertamenti tecnici che precedono l’emissione del provvedimento amministrativo, il Consiglio di Stato[34] ha, addirittura, affermato che la mancata comunicazione all’interessato dell’avvio degli accertamenti tecnici per il rilievo dello stato di inquinamento non può ritenersi lesiva dei diritti garantiti dagli artt. 7 ss. della L. 241/90, stante che tale fase non può considerarsi di già una fase del procedimento, ma è ad esso prodromica, giacché, qualora l’esito fosse negativo (e cioè il livello delle emissioni sonore prodotte rientrasse tra i limiti differenziali previsti dalla legge) nessun procedimento si instaurerebbe nei confronti dell’interessato.

Del resto, la stessa ratio della disciplina sulla partecipazione al procedimento non esclude, affatto, che la comunicazione di avvio possa essere preceduta o supportata da controlli, accertamenti, ispezioni svolti, proprio per garantirne l’obiettività, senza la partecipazione del diretto interessato il quale, qualora l’esito fosse positivo, sarà edotto di queste attività con la successiva comunicazione di avvio del procedimento e sarà, pertanto, messo nella condizione di intervenire nella procedura e di verificare e, se del caso, contestare la veridicità o esattezza degli accertamenti compiuti e la stessa idoneità degli strumenti tecnici utilizzati[35].

Perciò, avuto riguardo al caso di specie, se pure il provvedimento impugnato effettivamente non è stato preceduto da un rituale preavviso, l’Organo Giudicante ha ritenuto che: «gli elementi di particolare urgenza[36] (unitamente al c.d. “effetto sorpresa” indispensabile per l’efficacia dei controlli), gli conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in tema di partecipazione previsti dagli artt. 7 e seguenti della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 (e che comunque, sul piano sostanziale ex art. 21 octies secondo comma della stessa legge, l’eventuale partecipazione al procedimento della odierna ricorrente non avrebbe potuto in alcun modo influire sugli esiti dello stesso».

Va da sè che l’urgenza e la necessità dell’effetto sorpresa vanno valutate con riferimento al caso concreto.

Così, nel caso di specie, l’”urgenza” è dettata dall’improcrastinabile necessità di evitare gli effetti devastanti che una continua esposizione al rumore provoca nell’individuo; mentre la necessità dell’”effetto sorpresa[37] è strettamente legata al tipo di fonte inquinante: apparecchiature sonore/musicali, giacché un accertamento tecnico preceduto da un preavviso” potrebbe consentire all’interessato di adoperarsi per mantenere, durante gli accertamenti, il livello delle emissioni sonore nei limiti previsti dalla legge.

Con riferimento, poi, alla ininfluenza della partecipazione dell’interessato agli accertamenti ai fini dell’emanazione del provvedimento amministrativo, il Collegio ha, in sintesi, sostenuto che gli accertamenti compiuti dai tecnici dell’ARPA e non contestati dalla ricorrente[38] (diverso sarebbe l’epilogo se il soggetto non avvisato in sede di contestazione degli esiti degli accertamenti, riesca a dimostrare la non oggettività degli stessi), hanno obiettivamente rilevato che il livello di emissioni sonore prodotte dal Disco Bar eccedevano il “valore limite differenziale”[39] notturno di immissione di 3.0 dB nell’ambiente abitativo dei controinteressati, per cui il provvedimento che trae la sua scaturigine dall’esito di tali accertamenti rientra, sicuramente, tra gli atti tecnicamente definiti di natura vincolata, giacché non avrebbe potuto essere diverso.

Concordando, pertanto, con la usuale ripartizione dottrinale che distingue gli atti della P.A. in discrezionali e vincolati[40], si può convenire che il Sindaco nella fase prodromica all’eventuale emissione dell’ordinanza inibitoria avrà un potere discrezionale che dovrà esercitare nel contemperamento degli interessi configgenti[41] (diritto salute – urgenza – garanzia di obiettività degli accertamenti /giusto procedimento – rispetto del contraddittorio - obbligo avviso - libertà di iniziativa economica ex art. 41 cost.);  egli dovrà, pertanto, discrezionalmente valutare e decidere, se procedere immediatamente ai controlli e, quindi differire ad un momento successivo l’avviso dell’interessato, oppure se avvisare fin da subito l’interessato al fine di consentirgli una partecipazione attiva anche alla fase dei rilievi;  al contrario, all’esito degli accertamenti, ma solo qualora venga rilevato un livello di emissioni sonore superiore ai limiti previsti dalla legge, il potere del Sindaco rimane vincolato all’emissione dell’ordinanza prevista dall’art. 9 della L. 447/95 che si configura come unico rimedio “normale ed ordinario” per l’inibizione del comportamento inquinante.

 

3. Sull’uso “normale” dell’ordinanza inibitoria emessa ai sensi dell’art. 9 L.447/95[42]

Ulteriore problema che il Collegio si è trovato ad affrontare è quello della legittima emanazione, nel caso specifico, dell’ordinanza inibitoria emessa ex art 9  L. 447/95.

In proposito, eccepisce la ricorrente la mancanza dei presupposti essenziali per l’emissione dell’ordinanza, ovverosia la necessità eccezionale ed urgente di tutela della salute pubblica o dell’Ambiente; nonché la illegittimità dell’utilizzo da parte dell’Amministrazione del suddetto strumento inibitorio per i Comuni che, come quello di che trattasi, non abbiano ancora predisposto il piano di zonizzazione acustica[43] così come previsto dalla medesima L. 447/1995.

A tale riguardo il Collegio ha, invece, sostenuto che non può condividersi l’interpretazione letterale dell’art. 9 L. 447/95 secondo la quale il potere di ordinanza sarebbe riconosciuto all’Amministrazione solo quale rimedio eccezionale e residuale allorquando la stretta necessità di un intervento urgente di tutela della salute pubblica e/o dell’ambiente lo renda inevitabile; giacché siffatta interpretazione finirebbe per svilire lo stesso significato della norma, che andrebbe ad identificarsi in una mera riproduzione del normale potere di ordinanza contingibile ed urgente[44] tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica[45].

Al contrario, la disposizione de qua, dovrebbe essere interpretata con riferimento all’intero testo normativo nella quale è inserita, ed ancor di più, tenendo conto dell’intero attuale contesto normativo nel campo della tutela della salute e dell’ambiente. Del resto in mancanza di uno strumento inibitorio del “fatto” acusticamente inquinante al di là di quello previsto, proprio dall’art. 9 L. 447/95,  non sembra possibile neppure l’applicazione dell’art. 844 c.c., giacché  il concetto di normale tollerabilità è diverso da quello di valori limite di emissione e di immissione[46] di cui alla L. 447/95. Per cui, nonostante la terminologia adottata dalla norma eccezionali ed urgenti necessità di tutela” il ricorso alla ordinanza è necessario e costituisce probabilmente l’unico specifico strumento di tutela del bene salute, ogni qual volta vi sia una obiettiva ed urgente necessità di tutela. Ogni qual volta cioè che, all’esito di accertamenti tecnici, risultino superati i valori soglia di emissione ed immissione previsti  dalla stessa legge quadro.

Secondo il Collegio, pertanto, il potere riconosciuto dall’art. 9 L. 447/95 non coincide  affatto con il normale potere di ordinanza contingibile ed urgente che, tra l’altro, potrebbe essere emesso solo in assenza di una normativa specifica; ma consiste in un precipuo potere di ordinanza che va esaminato nell’ottica della tutela primaria del bene della salute pubblica anche a scapito di altri diritti o di altre esigenze (quali l’esercizio di attività economica; le occasioni di svago e di ricreazione, l’intrattenimento danzante, il pubblico spettacolo, etc).

Trattandosi, pertanto, di un problema che coinvolge interessi/diritti collettivi pur se azionati da un singolo e/o comunque da pochi individui, esso va risolto utilizzando strumenti pubblicistici.

 

4. Sulla legittimità dell’uso dell’ordinanza ex art. 9 L. 447/95, pure in assenza di piano di zonizzazione acustica all’interno del comune interessato

Com’è noto  per zonizzazione acustica si intende una  suddivisione del  territorio in aree omogenee appartenenti alle classi acustiche previste dal DPCM 14 novembre 1997[47].

Obiettivo della zonizzazione acustica è, pertanto,  quello di prevenire il deterioramento di zone non inquinate e di fornire un indispensabile strumento di pianificazione, prevenzione e risanamento dello sviluppo urbanistico, commerciale, artigianale ed industriale.  In tal senso, la zonizzazione acustica non può prescindere dal Piano Regolatore Generale di cui deve essere parte integrante e qualificante, così come dagli altri strumenti di pianificazione del territorio cui i Comuni devono dotarsi, quale il Piano Urbano del traffico (PUT[48]). Il piano di zonizzazione acustica, inoltre, in quanto atto generale normativo di tipo regolamentare, disciplina l’uso del territorio, e vincola le modalità di sviluppo delle attività ivi svolte. È chiaro, pertanto che, qualora in determinate zone dovesse riscontrarsi il superamento dei limiti[49] fissati per legge, l’Amministrazione Comunale, avrà l’obbligo di predisporre e adottare un Piano di Risanamento Acustico[50].

L’applicazione dei su richiamati principi è stata oggetto dell’ultima eccezione che il Collegio si è trovato a valutare nell’episodio in commento.

Sostiene la ricorrente che nell’ipotesi di constatata violazione dei valori limite differenziali di immissione all’interno degli ambienti abitativi (previsti dal D.P.C.M. 14 novembre 1997 e determinati ex art. 2, comma 3, lett.b)  L. 447/95 con riferimento alla differenza tra il livello di rumore ambientale ed il rumore residuo), l’utilizzo del potere inibitorio riconosciuto al Sindaco ex art. 9              L. 447/95 presupporrebbe che il Comune abbia già dato compiuta esecuzione agli adempimenti posti a suo carico dall’art. 6 della medesima legge quadro ed in particolare abbia approvato il c.d. “piano di zonizzazione”.

Tale prospettiva trova rispondenza, ad avviso del Collegio, che recepisce le linee guida indicate dallo stesso Ministero dell’Ambiente, nella circolare 6 settembre 2004: "Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali” in una interpretazione restrittiva dell’art. 8 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 secondo cui: «in attesa che i Comuni provvedano agli adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lettera a) della L. 447/95 (ovverosia, alla predisposizione dei piani di zonizzazione acustica) si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1 D.P.C.M. 1 marzo 1991 (ovvero sia i limiti massimi di accettabilità)». 

Al contrario il Collegio, ha ritenuto che la forte tutela del bene salute cui si impone di provvedere la  legge quadro 447/95, nonché il  D.P.C.M. ‘97 di attuazione della medesima, non può essere effettivamente perseguita prescindendo  da una valutazione globale dell’assetto normativo vigente in tema di tutela ambientale e quindi la disposizione transitoria dell’art. 8 D.P.C.M. 14 novembre 1997, «non può essere correttamente interpretata  nel significato di escludere del tutto l’operatività del criterio dei valori limite differenziali d’immissione (contemplato dall’art. 4 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 e, come detto, già fissato dal secondo comma dell’art. 6 del D.P.C.M. 1° marzo 1991), nel territorio di quei Comuni che non abbiano ancora provveduto all’approvazione del c.d. piano di zonizzazione acustica»[51] e, quindi, nel senso della mera applicazione dei limiti assoluti di accettabilità di immissione sonora previsti dal primo comma dell’art. 6 del predetto D.P.C.M. 1° marzo 1991.

Tra l’altro, come meglio esplicato nella stessa Circolare del Ministero dell’Ambiente, il concetto di limiti assoluti di accettabilità previsto dall’art. 6, comma 1,  D.P.C.M. 1 marzo 1991 è diverso da quello di valori limite differenziali previsto dall’art 2, comma 3 lett b L. 447/95 (che riprende, la definizione già riportata all’art. 2, comma 2  D.P.C.M. 1991 ed all’art 6, comma 1 del medesimo D.P.C.M.), anche con riferimento al campo di applicazione, giacché il primo intende individuare i massimi livelli di accettabilità per la protezione del territorio; il secondo intende, invece, specificamente tutelare l’essere umano e, quindi la salute pubblica.

Pertanto, non essendo stato il concetto di limite differenziale esplicitamente abrogato dall’art. 9 D.P.C.M. 14 novembre1997, la sua operatività rimane vigente nel senso sopra specificato. Appunto per questo, il mancato richiamo nell’art. 8 del D.P.C.M. del 1997 ai limiti differenziali previsti dal 2° comma dell’art. 6 del D.P.C.M.  1 marzo 1991 non vale ad escludere la loro applicabilità, mentre il richiamo al solo primo comma dell’art. 6  D.P.C.M. 1991 è operato in funzione della determinazione dei  limiti assoluti ai fini della  protezione del territorio.

 

5. L’attuale orientamento giurisprudenziale nell’ottica di una efficiente tutela della salute pubblica

La prevalente giurisprudenza contemporanea, sembra muoversi nell’ottica di riconoscere alle Amministrazioni locali ampi poteri nel campo della repressione delle diverse tipologie d’inquinamento e segnatamente di quello acustico.

Così, la Cassazione, sez. 1° civ , sent. n° 18953/2006 del  1 settembre 2006 ha, addirittura, ritenuto legittima  la previsione di regolamento comunale che vieti e sanzioni il disturbo alla tranquillità pubblica indipendentemente dal superamento dei valori soglia previsti dalla disciplina statale di cui alla l. n. 447/1995 e dai conseguenti D.P.C.M..

Invero, seppure la legge quadro n. 447/95, fissando i principi fondamentali nella materia dell’inquinamento acustico, ha posto una riserva di legge statale sulla determinazione dei valori limite di emissione ed immissione, lasciando ai Comuni l’adozione di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale, tuttavia - ad avviso della  Suprema Corte - «rimane nella facoltà degli enti locali adottare una più specifica regolamentazione dei rumori la quale prenda in considerazione, non il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità – considerato per presunzione iuris et de iure come generativo di un fenomeno di inquinamento acustico, a prescindere dall’accertamento dell’effettiva lesione – ma i concreti effetti negativi provocati dall’impiego di determinate sorgenti sonore sulle occupazioni o sul riposo della persona».

Gli  strumenti  esecutivi utilizzati dai comuni e,  quindi dal  sindaco  per la  lotta

all’inquinamento acustico, sono stati, per lo più, proprio le ordinanze contingibili ed urgenti, alle quali la prevalente giurisprudenza amministrativa, anche con recenti decisioni[52], riconosce piena legittimità ogni qual volta, a causa della inidoneità degli ordinari strumenti della Pubblica Autorità, non si possa arginare altrimenti la  situazione di emergenza.

Unico limite alle ordinanze extra ordinem sembra essere, oltre quello della «contingibilità» intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza al pericolo attuale od imminente, anche quello della «provvisorietà», intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. Ne consegue che le ordinanze in questione non possono essere emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti ovvero per regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi che vanno risolti, invece, con l’adozione ed il coordinamento di provvedimenti definitivi di effettiva pianificazione urbanistica[53].

 

6. Conclusioni

Pur condividendo l’uso dell’ordinanza contingibile ed urgente (comunque emanata: ex art. 9 L.447/95; ex art. 50, comma 5 L. 267/2000 etc..) per “tamponare” episodi indifferibili di inquinamento, al fine di evitare che il ricorso a questo strumento extra ordinem, divenga ordinario mezzo d’inibizione di qualsiasi fenomeno di inquinamento acustico, e che in mani ad Amministratori “troppo prudenti” vada a costituire un abuso che, inevitabilmente, comprometterebbe lo sviluppo di qualsivoglia attività economica allorquando possa provocare inquinamento acustico, sarebbe auspicabile che le Amministrazioni, ciascuna secondo le proprie competenze, anche per dare certezza agli operatori economici, predispongano e/o diano tempestiva attuazione agli strumenti di pianificazione urbanistica previsti dalle vigenti normative di tutela da inquinamento acustico, non ultimi, quelli previsti dal recente D. lgs. 194/2005 (attuazione alla direttiva comunitaria 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale)[54] .

Per concludere, se è vero che la tutela della salute pubblica assume importanza preponderante rispetto alla tutela della libertà di iniziativa economica[55] che, invero, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale (così pure si legge nell’art. 41 cost.), è pur vero che in nome della salute, non può paralizzarsi lo sviluppo economico. Gli strumenti per stabilire un equo equilibrio tra i due beni sono, ormai, presenti nel nostro ordinamento, così come pure nell’intero ordinamento comunitario, sta agli Operatori del diritto utilizzarli correttamente.



*La sentenza citata può leggersi per esteso in http://www.ambientediritto.it/sentenze/2006/TAR/Tar%20Puglia%20LE%202006%20n.5639.htm ed anche in www.lexambiente.it. Cfr. altresì sullo  stesso tema T.A.R.  Puglia (LE) Sez.I sent. 4639 del 4 dicembre 2006.

 

** Avvocato in Palermo.

[1] La Legge n° 447/1995 (nell’art. 2 primo comma lettera “a”) ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico, qualificandolo come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane”, e sancendo espressamente che esso concreta “un pericolo per la salute umana”. 

Sul concetto di inquinamento acustico in generale cfr.: FRACCHIA F., L’inquinamento acustico, Cedam, Padova, 2001; CACCIN R., MAUCERI C., PANASSIDI G. e ZUCCHETTI A., L’inquinamento acustico, Giuffrè, Milano, 1996; Cfr. pure: FRANZOSO F., Recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di inquinamento acustico. Riv. giur. ambiente, 2004, 109.

 

[2] Cfr. TALLARINO C., Ambiente e tutela dall’inquinamento acustico: la verifica di un percorso attuativo locale. Riv. giur. ambiente, 2003, 19.

 

[3]La classificazione in zone del territorio comunale, volta a fissare i valori da rispettare a seconda delle caratteristiche delle zone ivi individuate, è stata per primo introdotta dal  D.P.C.M. 1 marzo 1991 che, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell’attività rumorosa, fissava i limiti massimi dei livelli sonori equivalenti in relazione alla diversa destinazione d’uso del territorio che, per ciò stesso, doveva essere classificato in ZONE dai singoli Comuni. (art. 2  D.P.C.M. 1 marzo 1991); v. Tabella 1 del medesimo D.P.C.M. ’91 (che individua le VI classi in cui viene suddiviso il territorio). Tale concetto è stato poi ripreso dalla legge quadro sull’inquinamento acustico: L. 447/95 e, quindi dai numerosi decreti attuativi tra cui il D.P.C.M. 14 novembre 1997.

Cfr., sul punto, ATTANASIO A., Inquinamento acustico: applicabilità dei valori limite differenziali di immissione, in assenza del piano di zonizzazione (Nota a T.a.r. Lombardia, sez. I, 1º marzo 2004, n. 813, Soc. Riva c. Reg. Lombardia). Merito, 2004, fasc. 4, 113.

 

[4] Cfr. MURATORI A., Inquinamento acustico: meno decibel in discoteca. Ambiente, 1997, 962; BONAMORE D., L’inquinamento acustico e le licenze di pubblico esercizio (discoteca) nella tutela del giudice amministrativo (Nota a T.a.r. Veneto, sez. II, 11 settembre 1986, n. 29, Biasi c. Com. S. Michele al Tagliamento) Foro amm., 1988, 576;

 

[5] La Legge quadro sull’inquinamento acustico n. 447 del 26 ottobre 1995 ha previsto nell’ art. 9 (Ordinanze contingibili ed urgenti): « 1. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il sindaco……con provvedimento motivato può ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività…».

 

[6] Con  decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito in legge 21 gennaio 1994, n. 61, nell’ambito della politica di controllo ambientale è stata istituita l’ANPA: Agenzia Nazionale Protezione Ambiente (ora APAT, agenzia protezione ambiente e servizi tecnici). La medesima legge, all’art. 3 prevede l’istituzione nelle Regioni delle A.R.P.A: Agenzie Regionali Protezione Ambiente.

In particolare, le ARPA svolgono attività tecnico-scientifica a favore di Regione, Province, Comuni e Comunità montane ed altri enti pubblici ai fini dell'espletamento delle funzioni loro attribuite nel campo della prevenzione e tutela ambientale; forniscono, inoltre, supporto tecnico-scientifico alle ASL per l'espletamento delle attività connesse alle funzioni di prevenzione collettiva, proprie del servizio sanitario regionale.

 

[7] Da notare che la L. 241/90: Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, è stata successivamente modificata dalla L. 11 febbraio 2005 n° 15.

 

[8] Il citato D. lgs. 18 agosto 2000 n° 267: Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,  art. 50, comma 5, prevede «In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali».

 

[9] Sul concetto di immissioni cfr., in generale, Enciclopedia del Diritto: Lojacono V.zo  Immissioni [XX, 1970]. Sull’applicazione dell’art. 844 c.c. cfr. MONTANARO R., Inquinamento acustico e normale tollerabilità (Nota a T. Catania-Mascalucia, 16 aprile 2003, Intrisano c. Monaco). Foro it., 2003, I, 3474; NOVO M., Inquinamento da rumore, normale tollerabilità e inquinamento acustico accettabile. Nuova giur. civ., 1999, II, 309; MORLOTTI L., Immissioni intollerabili: art. 844 c.c.  e  d.p.c.m. 1 marzo 1991 a confronto (Nota a Cass., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10735, Aschedamini Bragetti c. Mirossi). Nuova giur. civ., 2002, I, 718; MATTEI, "Immissioni", in "Digesto IV, discip. civ.", IX, Torino, 1993, 311; PRADI, "Immissioni", in "Riv. dir. civ." 1995, II, 589. 

 

[10]  Cfr. in particolare Tribunale di Vigevano 23 marzo 1973; Pretura di Vigevano 6 aprile 1978 e 22 marzo 1985.

 

[11] Sull’uso dell’art. 844 per fini di tutela ambientale cfr. Cass., 6 aprile 1983, n. 2396. Arch. locazioni, 1983, 245 e in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1983, 713; secondo cui «Il bene della salute ha carattere primario ed assoluto, e nell’ambito della tutela dei diritti assoluti assicurata dagli art. 2043 e 2058 c.c., deve essere protetto contro qualsiasi attività che possa menomarlo, ma l’assolutezza e l’incomprimibilità del diritto non escludono la necessità di accertare quali siano le condizioni obiettive nel cui contesto il diritto viene esercitato, e se sia razionale il sacrificio totale di ogni altra esigenza in potenziale conflitto con esso, tenuto anche conto che la ricerca dell’effettiva esistenza della menomazione (ossia del confine tra un’attività che reca un semplice fastidio psico-fisico ed un’attività che determina una vera e propria menomazione di quel bene, nel senso di dar luogo ad oggettivi fenomeni patologici fisici o psichici) non può essere compiuta con criteri puramente astratti, che prescindano dal concreto ambiente in cui la persona vive ed opera; pertanto, sia al fine di accertare la concreta sussistenza della lesione, sia al fine di stabilire le concrete modalità della tutela, non può ritenersi ingiustificato il ricorso all’applicazione analogica delle disposizioni dell’art. 844 c.c. in tema di immissioni moleste, laddove fanno riferimento al criterio della tollerabilità della molestia ed alla possibilità di estendere l’intervento del giudice al di là della barriera dell’inibizione assoluta, in modo da ricomprendere la determinazione dei mezzi necessari per ricondurre l’attività aggressiva nei limiti del diritto (nella specie: l’occupante di un appartamento di un edificio in condominio aveva chiesto l’inibizione dell’esercizio della centrale termica condominiale, ubicata in un locale sottostante all’appartamento, poiché la rumorosità dell’impianto recava nocumento alla sua salute; la suprema corte, alla stregua del principio di cui in massima, ha ritenuto che, una volta accertata la lesione del diritto, non fosse a priori vietato al giudice, ai fini della tutela dello stesso, di ordinare, anziché l’inibizione dell’uso dell’impianto nel luogo in cui si trovava, l’esecuzione di opere atte ad eliminare i rumori o a ricondurli nei limiti della tollerabilità».

 

[12] Sul rapporto tra l’art. 844 e l’art. 32 Cost., cfr. per tutti,  MASUCCI S. T., Immissioni intollerabili, inquinamento da rumore e danno alla salute (nota  A. Milano, 17 luglio 1992, Di Corleto c. Rimini e T. Milano, 10 dicembre 1992, Mascolo c. Cond. viale Rimembranze Lambrate 9/A, Milano). Giur. it., 1994, I, 2, 717; BUSETTO G., Rilettura critica dell’art. 844 c.c. alla luce dei valori costituzionali e delle leggi «ecologiche» di settore: i diritti alla salute e all’ambiente salubre; cenni sul danno biologico - Visione correlata degli art. 844 e 2043 c.c. - Necessità di una disciplina nuova e organica della materia. Iustitia, 1995, 409.

 

[13]  In tal senso, cfr. l’introduzione di CARLO MARIA GRILLO al Codice dell’Ambiente,  La Tribuna Ed. 2005.

[14] Cfr. Cass. civ., sez. un., 19 luglio 1985, n. 4263, in Giust. civ., 1986, I, 128. con nota di ZERELLA             «Occorre riferirsi all'art. 32 cost. dettato per la tutela del diritto alla salute ai fini del giudizio sulla denuncia di immissioni di odori spiacevoli, in quanto dall'àmbito dell'art. 844 c. c. esulano i diritti personali; per la tutela di questi diritti sono applicabili le disposizioni contenute negli art. 2052 e 2058 c. c.». à

[15] Secondo  C. Cost. n° 247/1974,  «Non sono fondate, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma 1, 32, comma 2, 41, comma 2 e 3, 42, comma 2 e 3, Cost., le questioni di legittimità   costituzionale dell'art. 844 c.c., regolante la materia delle immissioni in alienum. L’art. 844 c.c. è destinato, infatti, a risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da attività   svolte nei rispettivi fondi e pertanto il criterio della normale tollerabilità  , in esso accolto, va riferito esclusivamente al contenuto del diritto di proprietà   e non può  essere utilizzato per giudicare della liceità   di immissioni che rechino pregiudizio anche alla salute umana e all'integrità’   dell'ambiente naturale, alla cui tutela è rivolto in via immediata tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e preventiva» in "Giur. it.", 1975, I, 1 con nota di SALVI.

[16] Cfr. FABRIZIO M., Normale tollerabilità delle immissioni ex art. 844 c.c. (Nota a Cass., sez. II, 11 ottobre 1995, n. 10588, Conti c. Rama). Ambiente, 1996, 469.

 

[17] È utile ricordare che ex art. 844 c.c, II comma, il giudice, nell’applicare la norma, deve,  «contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso».

Cfr. Cass., sez. II, 18 aprile 2001, n. 5697, Giur. it., 2001, 1818, secondo cui: «Ai fini della valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, ai sensi del 1º comma dell’art. 844 c.c., si deve aver riguardo alla collocazione urbanistica dei fondi; il criterio del contemperamento delle esigenze della produzione con quelle della proprietà, posto dal 2º comma della norma, viene in considerazione solo nell’ipotesi in cui, accertatosi il superamento dei limiti della normale tollerabilità, l’adozione delle possibili misure di prevenzione si riveli insufficiente a ricondurre il livello delle immissioni entro i limiti stessi (nella specie, la cassazione ha rilevato che, poiché i fondi si trovano in zona a prevalente vocazione abitativa e sono soggetti a destinazioni differenti - l’uno ad abitazione e l’altro ad opificio - il criterio dell’utilità sociale, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica delle parti, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali, le esigenze personali di vita connesse all’abitazione rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività produttive o commerciali)». Cfr. pure: Cass., sez. II, 29 novembre 1999, n. 13334. Arch. civ., 2000, 293; Giust. civ., 2000, I, 339, n. TRIOLA; Danno e resp., 2000, 636, n. LAGHEZZA.

 

[18] Sulla L. 447/95 cfr., per tutti,  GRILLO C. M., Il punto sulla normativa in tema di inquinamento acustico (commento alla l. 26 ottobre 1995 n. 447). Rivista Ambiente, 2001, 708; BUSETTO G., La recente legge-quadro sull’inquinamento acustico. Dir. e giur. agr. e ambiente, 1996, 93; VERZARO S., La legge quadro sull’inquinamento acustico. Resp. civ., 1996, 199; ALì N., La l. 26 ottobre 1995 n. 447 sull’inquinamento acustico - Riuscirà a garantire la tutela della quiete pubblica?. Ammin. it., 1996, 381; COCCHI A., COCCHI A., PAVARIN G. M. e SCHIESARO G., La legge quadro sull’inquinamento acustico Guida alla l. 26 ottobre 1995 n. 447, Maggioli, Rimini, 1996.

 

[19]  Cfr. T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 26 settembre 2003, n. 3591, Ragiusan, 2004, 245/246, 184, il quale testualmente afferma che:  «Ai sensi dell'art. 4, comma 1, D.P.C.M. 14 novembre 1997, è legittima l'ordinanza sindacale contingibile ed urgente che ingiunge l'abbattimento di emissioni rumorose ancorché il loro grado di intensità sia di poco superiore al livello massimo di tollerabilità previsto dalla normativa di riferimento, atteso che l'amministrazione non dispone del potere di soprassedere all'adozione delle necessarie misure repressive in dipendenza del minore o maggiore grado di intensità dell'inquinamento acustico rispetto alla soglia massima tollerabile».

 

[20] In particolare, con D.P.C.M. 16 aprile 1999 n° 215, in attuazione dell'articolo 3, comma 1, lettera h), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono stati determinati i requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di pubblico spettacolo o di intrattenimento danzante, compresi i circoli privati in possesso della prescritta autorizzazione, nonché nei pubblici esercizi che utilizzano impianti elettroacustici di amplificazione e di diffusione sonora, in qualsiasi ambiente sia al chiuso che all'aperto. Tale decreto stabilisce i limiti dei livelli di pressione sonora consentiti nei locali e stabilisce obblighi per i gestori in relazione alla verifica di tali livelli generati dagli impianti elettroacustici in dotazione. Sono altresì precisate le modalità con cui i gestori devono eseguire la verifica, per la quale devono avvalersi di un tecnico competente iscritto agli elenchi redatti dalle Regioni. Sul campo e sui modi di applicazione del suddetto decreto sono state fornite delle linee guida dall’A.N.P.A. “Linee guida applicative al D.P.C.M. n. 215 del 16 aprile 1999” che, ha, tra l’altro evidenziato come «… il rispetto dei limiti relativi al presente decreto non esclude l’obbligo da parte del gestore del rispetto dei limiti di inquinamento all’esterno del locale, ex D.P.C.M. 14 novembre 1997. Anzi, come spesso accade, il rispetto dei limiti interni non implica affatto quello dei limiti esterni. Si suggerisce quindi una periodica verifica dei limiti di immissione sonora, al fine di evitare spiacevoli provvedimenti da parte dell’organo di controllo».

Il D.P.C.M. n° 215/99 ha interamente abrogato il D.P.C.M. 18 settembre 1997 “Determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante”

Per i rapporti tra D.P.C.M. 14 novembre 1997 e D.P.C.M. 215/99 cfr. T.A.R. Toscana Sez. III, 18 febbraio 2005,            n. 581, secondo cui:  « Il D.P.C.M. 16 aprile 1999, n. 215, nel disciplinare le emissioni sonore, fa salvi i limiti di immissione di cui al D.P.C.M. 14 novembre 1997, allo scopo di evitare che il rispetto dei valori di emissione comporti un'automatica vanificazione di quelli relativi alle immissioni sonore nelle case di abitazione, stante la differenza tra i due».

 

[21] Il D. lgs. n. 194 del 19 agosto 2005 si propone lo scopo di armonizzare la normativa statale in materia di tutela dell’ambiente esterno e abitativo dall’inquinamento acustico (Legge 447/0995) con le disposizioni comunitarie. In via innovativa, prevede, tra l’altro, la predisposizione di una mappa acustica strategica, l’introduzione di specifici piani di azione anti-rumore, l’utilizzo di descrittori acustici che definiscono sia il livello complessivo del rumore nelle tre fasce orarie, sia i disturbi provocati al sonno dall’inquinamento acustico, e l’istituzione di una nuova fascia oraria in cui censire il rumore: la sera tra le 20 e le 22.

Il decreto, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale, compreso il fastidio, definisce le competenze e le procedure per:

a) l’elaborazione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui all’articolo 3;

b) l’elaborazione e l’adozione dei piani di azione di cui all’articolo 4, volti ad evitare e a ridurre il rumore ambientale laddove necessario, in particolare, quando i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché ad evitare aumenti del rumore nelle zone silenziose;

c) assicurare l’informazione e la partecipazione del pubblico in merito al rumore ambientale ed ai relativi effetti.

Lo stesso decreto all’articolo 1, comma 2° individua, per esclusione il proprio ambito di applicazione, statuendo che esso non si applica al rumore generato dalla persona esposta, dalle attività domestiche, proprie o del vicinato, né al rumore sul posto di lavoro prodotto dalla stessa attività lavorativa o a bordo dei mezzi di trasporto o dovuto ad attività militari svolte nelle zone militari.

 

[22] Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinario, la finalità ed il campo di applicazione dell’art. 844 cc. si distinguono nettamente da quelli propri della legge 447/1995. Invero, l’art. 844 è posto a presidio del diritto di proprietà fondiaria ed è volto a disciplinare i rapporti di natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi vicini; al contrario, la legge quadro persegue finalità di interesse pubblico; opera nei rapporti tra privati e Pubblica Amministrazione e non trova applicazione nel rapporto tra privati.  Anche i parametri di valutazione del rumore risultano differenti tra le due norme. Infatti, mentre la legge 447/1995 persegue l’interesse della collettività disciplinando i livelli di accettabilità delle emissioni sonore, l’art. 844 tutela il diritto del singolo cittadino allo sfruttamento del bene di sua proprietà senza limitare i  propri effetti ai casi di superamento dei livelli fissati dalle norme di interesse generale; i limiti normativi di accettabilità possono essere rispettati pur non essendolo affatto quelli di tollerabilità; questi ultimi potrebbero essere pattiziamente definiti dai soggetti interessati finanche sulla base della loro libera autonomia contrattuale. Cfr. per tutti: NOVO MARIO “Inquinamento da rumore, normale tollerabilità e inquinamento  acustico accettabile”,Nuova giur. civ., 1999, II, 309.

 

[23] Nel nostro ordinamento la tutela penale contro il rumore è attuata,  principalmente, attraverso l’articolo  659 c. p., che, si occupa della salvaguardia dell’ordine pubblico e della tranquillità collettiva, quest’ultima come particolare aspetto del primo.  Così come l’art. 844 c.c. e la L. 447/2000 hanno ambiti di applicazione diversi, allo stesso modo, l’art. 659 c.p. e la predetta legge quadro, perseguono scopi diversi e disciplinano, pertanto, violazioni diverse. Scopo dell’art. 659 c.p. è quello di tutelare la tranquillità pubblica, e quindi i diritti costituzionalmente garantiti quali, per l’appunto, le occupazioni o il riposo delle persone. E per cui, l’utilizzo di strumenti sonori nell’esercizio di un mestiere o di un’attività professionale o industriale può arrecare disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone (configurando, quindi un’ipotesi di reato ex art. 659 c.p.) anche in  presenza di un’attività pienamente legittima sotto il profilo amministrativo; viceversa, un’attività lavorativa che produca emissioni sonore oltre i limiti consentiti dalla legge, esercitata in un luogo deserto, non realizzerà una fattispecie penalmente rilevante, ma potrà essere soggetta alle sanzioni amministrative previste dalla              L. 447/1995.

Sul punto cfr. in dottrina CARUSO G., Rapporti tra la l. n. 447/95 c.d. «legge quadro sull’inquinamento acustico» e l’art. 659 c.p. che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. In Giur. ambientale, 1999, fasc. 12, 28; RAMACCI L., Inquinamento acustico e tutela penale. Riv. pen., 1999, 809; FIANDACA G. e TESSITORE G., Inquinamento acustico e controllo penale (Nota a Cass., 12 marzo 1979, Remington; P. Bologna, 2 ottobre 1981, Minelli; P. Milano, 1 luglio 1981, Cogito; P. Vizzini, 12 marzo 1981, Vanella e P. Napoli, 14 luglio 1980, Mandara) Foro it., 1982, II, 485.

Cfr. pure: Corte di Cassazione Penale, 16 aprile 2004, in  Riv. pen., 2004, 810, secondo cui: « La condotta prevista dall’art. 659, 2º comma, c.p., pur se costituita solo dal superamento dei prescritti limiti di rumorosità, può costituire tuttora reato, e non soltanto illecito amministrativo, quale previsto dall’art. 10, 2º comma, l. n. 447 del 1995, qualora si riscontri la sua concreta idoneità a mettere in pericolo il bene della pubblica tranquillità, tutelato tanto dal 1º quanto dal 2º comma, cit. art. 659, arrecando disturbo al riposo ed alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone (principio affermato, nella specie, con riguardo ai rumori prodotti da una discoteca).».

 

[24] Cfr. l’ art. 36 (Piani urbani del traffico e piani del traffico per la viabilità extraurbana) del  D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), il cui comma 1 prevede che: Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, è fatto obbligo dell'adozione del piano urbano del traffico. Il successivo comma 4 prevede, inoltre, che “I piani di traffico sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi".

 

[25] Secondo Cass., sez. III, 19 settembre 1997, n. 6662, in Mass., 1997: «L’accertamento - di fatto - della esistenza di fattori di inquinamento ambientale - nella specie da rumore, conseguente a ricerche geotermiche - dannosi per l’integrità psicofisica, non si risolve nell’accertamento della liceità dell’attività, ossia dell’osservanza della disciplina che ne regola l’esercizio onde tutelare l’interesse pubblico ambientale, ma può estendersi a considerare parametri di tollerabilità diversi da quelli provvisoriamente vigenti (art. 6 d.p.c.m. 1 marzo 1991), e previsti (art. 2 stesso provvedimento) in base alla destinazione delle aree, ancora da delimitare da parte del comune».

 

[26] Sulla possibilità di utilizzare i provvedimenti d'urgenza per ridurre il livello di immissioni intollerabili per la salute cfr.: App. Milano 9 maggio 1986 in in "Foro it.", 1986, I, 2874.

 

[27] Cfr. Corte d’Appello Genova Sez. I, 30 marzo 2006, su Repertorio di Giurisprudenza – Wolters Kluwer Professionale S.P.A., voce Inquinamento – Proprietà e Confini, secondo cui «In tema di inquinamento acustico se l'immissione riscontrata supera i livelli pubblicistici essa è certamente intollerabile ex art. 844 c.c. ma, di contro, il rispetto di detti livelli non è sufficiente ad affermare che essa sia tollerabile. Non è sottratto a tale disciplina il suono delle campane ad uso liturgico, le cui immissioni sonore eccedevano, nel caso di specie, sia i limiti posti dalla normativa in materia sia quelli della normale tollerabilità in se stessa considerata». Cfr altresì  Cass. 28 marzo 1980, n. 2062, in "Giur. it.", 1980, I, 1, 1871; Cass. 18 agosto 1981, n. 4937 in "Foro it.", 1982, I, 386; Cass. 18 luglio 1986, n. 4633, in "Giur. it.", 1987, I, 1, 452; Cass. 12 marzo 1987, n. 2580, in "Foro it. .", 1987, I, 838; Cass. 16 marzo 1988, n. 2470; Cass. 20 dicembre 1990, n. 12091, in "Giust. civ. mass.", 1990; Cass. 1 febbraio 1993, n. 1226, in "Foro it.", 1993, I, 1, 452; Cass. 7 luglio 1994, n. 4242, in "Corr. giur.", 1994, 1356. E più di recente: Cass. civ. Sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1418  «In materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui all'art. 844 cod. civ.» in Mass. Giur. it., 2006 CED Cassazione, 2006. In dottrina cfr. PULLI C., Immissioni: evoluzione interpretativa dell’art. 844 c.c. e rapporti con la l. 13 luglio 1966, n. 615 (Nota a Cass., 16 marzo 1988, n. 2470, Scannapieco c. Califri), in "Resp. civ.", 1990, 164; VISINTINI G., "Il divieto di immissioni e il diritto alla salute nella giurisprudenza odierna e nei rapporti con le recenti leggi ecologiche", in "Riv. dir. civ.", 1980, II, 249.

[28] Cfr. Cass., Sez. Un., 18 luglio 1986, n. 4633, Soc. distilleria agr. ind. c. Soc. bonif. sarda, cit., commentata da POZZI A., in Giur. it., 1987, I, 451; Cass. 20 dicembre 1990, n. 12091. Mass., 1990.

 

[29] Cfr. Cass. 28 marzo 1980, n. 2062, cit., in Foro it., 1980, I, 2119, DI GIOVANNI F., "Strumenti privatistici e tutela dell'"ambiente", Padova, 1982, 139 ss.

[30] Cfr. VISINTINI, "Il divieto di immissioni e il diritto alla salute nella giurisprudenza odierna e nei rapporti con le recenti leggi ecologiche", cit.; ID., voce "Immissioni”, in Noviss. Digesto it., Appendice, vol. III, Torino, 1982, 1213; conformemente si vedano anche POZZI A., Normale tollerabilità delle immissioni e legge antiinquinamento, Nota a Cass., 18 luglio 1986, n. 4633, Soc. distilleria agr. ind. c. Soc. bonif. sarda, in "Giur. agr. it.", 1988, 407; IANNELLI, "Sulla tutela dalle immissioni industriali e sulla non operatività dell’art. 844 cod. civ.", in "Rass. dir. civ.", 1980, 371.

 

[31] L’art. 21 octies della L. 241/90 è stato aggiunto dall'art. 14, L. 11 febbraio 2005, n. 15 che ha introdotto l’intero Capo IV-bis, comprendente gli artt. da 21-bis a 21-nonies.

 

[32] Cfr. ALESIO M., L’obbligo della comunicazione di avvio negli atti vincolati e la partecipazione procedimentale: gli orientamenti giurisprudenziali (Nota a T.a.r. Abruzzo, sez. Pescara, 25 ottobre 2002, n. 1016) in Foro it., Rep. 2004, voce Atto amministrativo, n. 51; ID., La comunicazione di avvio del procedimento negli atti vincolati - La problematica della partecipazione (Nota a C. Stato, sez. V, 23 febbraio 2000, n. 948) in Foro it., Rep. 2000, voce Atto amministrativo, n. 94;   LEONARDI R., Sulla necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento anche per gli atti vincolati (Nota a T.a.r. Basilicata, 28 dicembre 2001, n. 965) in Foro it., Rep. 2002, voce Atto amministrativo, n. 106; VALLA L., Comunicazione di avvio del procedimento e atti vincolati: dalla giurisprudenza alle disposizioni legislative (Nota a C. Stato, sez. V, 23 febbraio 2000, n. 948,). In Foro it., Rep. 2000, voce Edilizia e urbanistica, n. 108.

[33] Cfr. T.A.R.  Campania, Sez. II, 20463/2005 del 19.12.2005;   Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2004 n. 2953/2004;  Cons. Stato Sez. V, 22 aprile 2004, n. 2307; tutte su Repertorio di Giurisprudenza – Wolters Kluwer Professionale S.P.A., voce Atti Amministrativi.

[34] In proposito, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2003, Sentenza n. 1224. Giust. amm., 2003, 443; Giornale dir. amm., 2003, 693, n. CHINELLO D., La comunicazione di avvio del procedimento nel caso di attività pre-procedimentali; RivistAmbiente, 2003, 687, n. CIPOLLA; Discipl. comm., 2003, 347; Ragiusan, 2003, fasc. 229, 234; Foro amm.-Cons. Stato, 2003, 995; Dir. e giustizia, 2003, fasc. 20, 46, n. PROIETTI.

 

[35] Cfr., in senso specifico, C. Stato, sez. VI, 8 aprile 2003, n. 1882, secondo cui: «L’obbligo di comunicare l’inizio del procedimento, sancito dall’art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, deve considerarsi finalizzato ad attuare una democratizzazione ed una trasparenza nell’esercizio della attività pubblica, al fine di consentire, per il tramite del principio del contraddittorio, un’efficace tutela delle ragioni del cittadino e contestualmente di apprestare a vantaggio della p.a. elementi di conoscenza utili nell’esercizio dei poteri discrezionali; pertanto, esso ha portata di regola generale, anche se tale obbligo non appare sempre incondizionato: di regola, i provvedimenti che unico actu perficiuntur non abbisognano di una preventiva comunicazione al privato». Cfr. anche C. Stato, sez. VI, 20 maggio 2004, n. 3269, Foro amm.-Cons. Stato, 2004, 1476 (m); T.a.r. Sicilia, sez. Catania, sez. I, 15 aprile 2002, n. 624, «Poiché l’obbligo di comunicare l’inizio del procedimento è previsto in funzione dell’arricchimento che deriva all’azione amministrativa, sul piano sia del merito che della legittimità, dalla partecipazione del destinatario del provvedimento, deve ritenersi che, qualora la partecipazione stessa non sia idonea ad implicare alcuna utilità per l’azione amministrativa, l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento non sussiste»; T.A.R. LIGURIA, 1 agosto 2005, n. 1141 «In materia di inquinamento acustico, la ratio della disciplina sulla partecipazione al procedimento non esclude che la comunicazione di avvio del procedimento possa essere preceduta o supportata da controlli, accertamenti, ispezioni svolti senza la partecipazione del diretto interessato, che sarà edotto di queste attività con la successiva comunicazione di avvio del procedimento e, sarà, pertanto, messo nella condizione di intervenire nella procedura, e di verifica e contestare la veridicità o esattezza degli accertamenti compiuti e l’idoneità degli strumenti tecnici all’uopo utilizzati (cfr. Cons. Stato, Sez. V - 5 marzo 2003, n. 1224). In siffatte evenienze, il procedimento può dunque avere inizio a seguito degli accertamenti svolti, laddove questi evidenzino una concreta esigenza di cura dell’interesse pubblico. Tuttavia, una volta verificata l’entità delle emissioni sonore attraverso rilevamento fonometrico, l’amministrazione incorrerà nella violazione di cui all’art. 7 della l. 241/90, ove ometta la comunicazione in ordine all’esistenza del procedimento».

Contra,  cfr. T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 12 maggio 2005, n. 716, secondo cui: «lo svolgimento di accertamenti fonometrici in assenza di contraddittorio viola il principio del giusto procedimento di cui all’art. 7 della legge 241/2000, ai sensi del quale è necessaria la partecipazione ai rilievi di tecnici di fiducia della parte privata e la verbalizzazione delle operazioni e degli eventuali punti di dissenso. L’amministrazione potrà pertanto procedere a controlli autonomi, solo ove l’esperienza dovesse dimostrare che la preventiva conoscenza da parte della ditta non consenta accertamenti completi e realistici».

 

[36] Sul concetto di urgenza cfr. BARTOLOMEI F., Ordinanza (dir. amm.) [XXX, 1980, Enc dir.], il quale ritiene che “L'urgenza attiene alla indifferibilità del provvedimento che deve essere tale da impedire l'impiego dei mezzi ordinari. L'urgenza in questo senso si identifica con la necessità e si risolve in uno stato di necessità, vale a dire secondo il significato filologico del termine, in una situazione cui inerisce un bisogno stringente, pressante da soddisfare subito, perché la cura dell'interesse pubblico prioritario o preminente moram non patitur. Anche l'urgenza ha i suoi gradi, per cui alla legittimità dell' ordinanza sembra sufficiente che venga stabilita l'inevitabilità del pericolo o del danno. Se la situazione pericolosa si protrae da qualche tempo è pur sempre consentita l'adozione dell'atto d'imperio. La pericolosità e l'urgenza vanno valutate non in rapporto al momento in cui si è manifestata la situazione di pericolo, ma in relazione alla probabilità del verificarsi di un determinato evento di pericolo sulla base dell'id quod plerumque accidit; pertanto non difetta il requisito dell'urgenza per il solo fatto che una situazione, in atto ancora pericolosa, si protragga già da qualche tempo”.

 

[37] V. sul punto T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 4 dicembre 2006, n. 5639 in www.ambientediritto.it/sentenze/2006/TAR/Tar%20Puglia%20LE%202006%20n.5639.htm.                   Sul riconosciuto carattere di tipico strumento di accertamento a sorpresa dei rilievi fonometrici v. pure. Corte di Cassazione Penale, sez. I, 16 aprile 2004, Sentenza n. 25103 «I rilievi fonometrici sono tipici accertamenti "a sorpresa" che non possono farsi rientrare tra quelli riguardanti cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, per i quali l'art. 360 c.p.p. richiede, in quanto non ripetibili, il previo avviso all'indagato, ma vanno inquadrati tra le attività svolte dalla polizia giudiziaria ai sensi degli art. 348 e 354 comma 2 stesso codice. Ne consegue che legittimamente sulla base di essi è disposto dal p.m. sequestro preventivo in via d'urgenza dei locali di una discoteca».

 

[38]  Cfr., ancora, T.a.r. Sicilia, sez. Catania, sez. I, 15 aprile 2002, n. 624.  «…..l’omissione della comunicazione di inizio del procedimento prevista dall’art. 7 l. n. 241/90 comporta l’illegittimità del provvedimento finale soltanto nel caso in cui il soggetto non avvisato possa provare e/o provi che, ove posto nelle condizioni di partecipare al procedimento, avrebbe potuto introdurre utilmente nel procedimento elementi di fatto e di diritto tali da implicare, in termini di ragionevole possibilità, un’incidenza causale sul provvedimento finale».

 

[39] Ai sensi del D.P.C.M.  1 marzo 1991, art. 2, comma 1, per limite differenziale si intende il limite da non superare che equivale alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale e quello del rumore residuo.  Tale limite è stato fissato dalla su menzionata normativa in 5 dB (A) durante il periodo diurno; 3 dB (A) durante il periodo notturno. La misura deve essere effettuata all’interno degli ambienti abitativi e nel tempo di osservazione del fenomeno acustico.

 

[40] Sulla distinzione fra attività discrezionale ed attività vincolata della P.A. Cfr. per tutti: Trattato di diritto Amm.vo a cura di SABINO CASSESE – Giuffrè editore ed. 2000.

 

[41] Nel rispetto dei  principi di buon andamento ed efficienza  la P.A. nello scegliere tra le alternative il mezzo più mite, idoneo ed adeguato, dovrà procedere a tre operazioni: il bilanciamento dei valori coinvolti dall’attività amm.va; la verifica del rispetto di un equilibrato rapporto tra il mezzo impiegato e l’obiettivo perseguito; la valutazione di consequenzialità tra presupposto e decisione. (Sul contemperamento interessi contrapposti:      v. Trattato di Diritto Amm.vo a cura di SABINO CASSESE  pag. 1053 ss. cit.).

 

[42] Gli artt. 6 e 9 della legge 447/1995 attribuiscono ai Comuni specifiche competenze in materia di inquinamento acustico ed in particolare al Sindaco uno speciale potere d'ordinanza di necessità ed urgenza in materia di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, che può culminare nel potere di inibitoria totale o parziale di determinate attività.

Cfr. RONCELLI P., Inquinamento acustico e provvedimenti extra ordinem (Nota a T.a.r. Campania, sez. I, 30 gennaio 2004, n. 1139, Soc. Aurum estioni c. Com. Casamicciola Terme). Riv. giur. ambiente, 2004, 741;

 

[43] Cfr. nota 3.

 

[44] In generale sulle diverse opinioni presenti in dottrina cfr. per tutti R. GALLI, D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, I, Padova, 2004, pag. 35, secondo cui “…tali sarebbero quegli atti extra-ordinem con cui, in caso di situazioni di urgente necessità (individuate nei medesimi atti e non preventivamente dalla legge), la P.A. può adottare provvedimenti di contenuto non predeterminato e porvi rimedio”;  cfr. Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2005, pag. 333: “Il potere di ordinanza esercitabile nelle situazioni di necessità ed urgenza, è caratterizzato dal fatto che la legge non predetermina in modo compiuto il contenuto della situazione in cui il potere può concretarsi, oppure ancora consente all’amministrazione stessa di esercitare un potere tipico in presenza di situazioni diverse da quelle previste in via ordinaria o seguendo procedure differenti” .

Sui limiti del potere di ordinanza Cfr.: SGUEO G., 18 gennaio 2007 “Le ordinanze di necessità ed urgenza. Riflessioni sull’inscrivibilità di un potere fortemente discrezionale in un sistema pubblicistico improntato al garantismo” www.diritto.it/art.php?file=/archivio/23346.html; cfr. pure: R. Cavallo Perin, “Poteri di ordinanza e principio di legalità. Le ordinanze amministrative di necessità e d’urgenza”, Milano - Giuffrè, 1990.

In giurisprudenza, cfr., in generale C. Stato, sez. V, 2 aprile 2003, n. 1678 Foro it., 2005, III, 129, ss. n. MATTASSOGLIO. Cfr. altresì  di Stato, Sez. VI, n. 1990 del 16 aprile 2003 Comuni d’Italia, 2003, fasc. 7, 93 (m);  C. di Stato, Sez. IV, n. 6169 del 13 ottobre 2003, Urbanistica e appalti, 2003, 1477 (m); C. di Stato, Sez. V, n. 5423 del 9 ottobre 2002, Ragiusan, 2003, fasc. 227, 221.

 

[45] Dalle disposizioni correnti sembra evincersi  che il legislatore ha attribuito al Sindaco:

a) sia di un potere generale di ordinanza da esercitare, quale ufficiale del Governo, qualora sorga la necessità di provvedimenti contingibili e urgenti, anche, tra l’altro, in materia di "sanità ed igiene", "al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini" (v. ora l’art. 54, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267);

b) sia di poteri speciali in materia di inquinamento acustico:

- come, ad esempio, il potere, attribuito dal comma 2 bis dello stesso art. 38 della legge n. 142/1990 (e ora dal comma 3 del citato d. lgs. n. 267/2000), di modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio "in casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza";

- ed anche il potere - attinente al caso in esame - attribuito dall’art. 9 della legge n. 447/1995, in forza del quale il Sindaco (così come il Presidente della provincia, il Presidente della giunta regionale, il Prefetto, il Ministro dell'ambiente e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze) - qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente - può, con provvedimento motivato, "ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività".

 

[46] L’art. 2 L. 447/95 introduce le specifiche definizioni di: «… e) valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa; f) valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori».

 

[47] La tabella 1 del DPCM 1 marzo 1991 riportava, per le classi nelle quali deve essere suddiviso il territorio comunale ai fini della zonizzazione acustica, le seguenti definizioni: Classe I Aree particolarmente protette; Classe II Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale; Classe III Aree di tipo misto; Classe IV Aree di intensa attività umana; Classe V Aree prevalentemente industriali; Classe VI Aree esclusivamente industriali. Tale classificazione condivisa dalla L. quadro 447/95 è stata poi, trasfusa nella tabella A del  D.P.C.M. 14 novembre 1997.

 

[48] Lo studio del Piano Urbano del Traffico persegue, tra l’altro, l’obiettivo della riduzione delle emissioni acustiche; tale strumento consente, infatti, attraverso la previsione delle misure, dei sistemi e delle discipline tesi a razionalizzare ed organizzare il traffico, anche il miglioramento della fruibilità e della vivibilità dell’ambiente cittadino e conseguentemente del livello acustico.

In giurisprudenza: La Corte di Cassazione in numerose pronunce ha precisato che al fine di una tutela del bene giuridico collettivo della quiete pubblica è necessario che la circolazione stradale si attui il più silenziosamente possibile. Si veda, tra le più recenti, Cass. Pen., 13 dicembre 1975, n. 12086; Cass. Pen., Sez. IV, 29 maggio 1979, n. 4787 in "Guida agli adempimenti ambientali, Aria-Rumore", sezione Giurisprudenza, Ipsoa.

In dottrina si veda S. PALAZZOLO, "La tutela degli utenti nella regolamentazione del traffico urbano", in "Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti ACI", 1995, 245; C.M. PRATIS, "Appunti in tema di regolamentazione del traffico urbano", in "Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti ACI", 1995, 255.

 

[49] I “limiti” massimi del livello equivalente della pressione sonora per le sei classi, riportati retro,  erano quelli indicati nella tabella 2 del DPCM 1/3/91. La Legge Quadro n. 447/95 conferma la suddivisione del territorio nelle sei classi già previste dal DPCM 1/3/91; i limiti sono invece fissati nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14/11/97. I limiti introdotti dalla Legge Quadro e definiti dal successivo decreto sono più articolati rispetto ai limiti del DPCM 1/3/91 ed individuati come segue:

- valori limite di emissione (con riferimento alle singole sorgenti);

- valori limite di immissione (differenziati tra ambienti abitativi e ambiente esterno e comprensivi di tutte le sorgenti);

- valori di attenzione;

- valori di qualità comprensivi di tutte le sorgenti presenti.

I valori di qualità sono definiti come "i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo, con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla Legge". Per quanto riguarda i valori limite di immissione da tutte le sorgenti, il decreto prevede che questi devono essere tali da rispettare il livello massimo di rumore ambientale previsto per la zona in cui il rumore viene valutato. Negli ambienti abitativi i valori limite di immissione sono di tipo differenziale (superamento rispetto al livello residuo).

[50] Il Piano di risanamento acustico, previsto dall’art. 7 L 447/95 è sostanzialmente uno strumento di pianificazione del territorio, che ne disciplina l'uso e vincola le modalità di sviluppo delle attività su di esso svolte, al fine di armonizzare le esigenze di protezione dal rumore e gli aspetti riguardanti la pianificazione territoriale e il governo della mobilità. Il piano di zonizzazione acustica è dunque parte integrante della pianificazione territoriale dell'Amministrazione Comunale. Obiettivi principali del Piano sono la prevenzione e il risanamento, per garantire la salvaguardia dell'ambiente e quindi dei cittadini e per indirizzare le azioni idonee a riportare le condizioni di inquinamento acustico al di sotto dei limiti di norma. A tale scopo il Piano deve contenere l‘individuazione delle tipologie ed entità dei rumori nelle zone da risanare; i soggetti che devono intervenire, i modi e tempi di risanamento; la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari; le eventuali misure cautelari da emettere in via d’urgenza per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

 

[51] Sulla inapplicabilità del criterio differenziale in assenza di zonizzazione acustica v., in senso difforme,     T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 21 dicembre 2002, n. 1069, in www.reteambiente.it/ra/normativa/rumore/4047_TarFriuli1069_02_comp.htm; T.A.R.  Toscana Sez. II, 5 agsto 1999, n. 763, Ragiusan, 2000, fasc. 188, 185.

[52] Cfr. T.A.R.  Campania Sez. V, 15 Gennaio 2007 (C.C. 11/01/2007), n. 273, www.ambientediritto.it/sentenze/2007/TAR/Tar_Campania_NA_2007_n.273.htm; T.A.R.  Puglia – Lecce, sentenza 5639/2006, sez. I del 4 dicembre, cit, secondo cui: « Le ordinanze con le quali viene esercitato il potere di disporre temporaneamente speciali forme di contenimento e riduzione delle emissioni sonore inquinanti (inclusa l’inibitoria totale o parziale delle attività), hanno natura di provvedimenti contingibili e urgenti, sia per la ontologica temporaneità delle misure adottabili, sia per il carattere innominato ed atipico delle misure stesse (in deroga al principio di rigorosa nominatività e tipicità degli atti amministrativi. Siffatte ordinanze devono considerarsi adottate ai sensi dell’art. 9 della Legge 26 Ottobre 1995 n° 447 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico”) e sono riservate alla competenza del Sindaco (nei casi di inquinamento acustico che riguardano aree ricadenti nel territorio comunale). Sono peraltro estranee alle ordinarie funzioni di mera vigilanza e controllo (“sull’osservanza delle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico”) contemplate dagli artt. 6 e 14 della Legge 26 Ottobre 1995 n° 447, nonché dalle Leggi Regionali Pugliesi nn° 17/2000 e 3/2002».

 

[53] Cfr. T.A.R.  Veneto, Sez. I, sent. n. 148 del 17 gennaio 2007, lexambiente.com/modules.php?name=News&...&op=newindex&catid=4, secondo cui: «Il Sindaco non può emanare un’ordinanza contingibile e urgente per limitare (per ragioni di tutela della salute pubblica) la circolazione degli autoveicoli, se la situazione di inquinamento acustico ed atmosferico è in essere da molti anni.…. quando la situazione di inquinamento in essere sussiste da vari anni postula, per essere fronteggiata, interventi strutturali e concertati tra le varie P.A. competenti, e idonei a predisporre soluzioni adeguate e, per quanto possibile, durature». (In proposito il T.A.R.  suggerisce che la Regione, cioè la P.A. con più ampie competenze in materia di viabilità, pianificazione, assetto e governo del territorio convochi una conferenza di servizi, con la partecipazione di tutti gli enti pubblici interessati, per risolvere il problema).

In senso difforme  si   veda:  T.A.R.  Campania Sez. V, 15 Gennaio 2007 (C.C. 11/01/2007), n. 273, cit,  secondo cui: «Le ordinanze di necessità ed urgenza in alcuni casi possono produrre effetti non provvisori. In questi casi, è stato ritenuto che non sia la provvisorietà a connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio da fronteggiare (Cons. Stato, V Sez. 29 luglio 1998 n. 1128). L’affermazione non è un segnale di incoerenza con i principi generali in materia, bensì la conferma della elasticità che caratterizza necessariamente questi provvedimenti, congegnati dal Legislatore in termini di atipicità proprio allo scopo di renderli adeguati a provvedere al caso di urgenza. In conclusione, la regola è quella per cui l'ordinanza deve contenere l'apposizione di un termine, ma tale regola potrebbe anch'essa venir derogata quando, per la peculiarità del caso concreto, la misura urgente presenta l'eccezionale attitudine a produrre conseguenze non provvisorie».

 

[54] Si ricorda che la direttiva 2002/49/CE si propone di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell'esposizione al rumore ambientale, attraverso l'attuazione progressiva di diverse azioni:

- la determinazione dell'esposizione al rumore ambientale attraverso una mappatura acustica realizzata sulla base di metodi comuni agli Stati membri; l'informazione al pubblico relativamente al rumore ed ai suoi effetti; l'adozione da parte degli Stati membri di piani d'azione, in base ai risultati della mappatura del rumore, per perseguire obiettivi di riduzione dell'inquinamento acustico e di conservazione della qualità acustica dell'ambiente qualora questa sia buona.

In tal senso, il D.lgs. 194/2005 definisce competenze e procedure per l'elaborazione delle mappe acustiche strategiche e dei piani d'azione e per assicurare l'informazione e la partecipazione del pubblico.

Introduce i descrittori acustici Lden Lnight: nuovi criteri di valutazione del rumore ai fini dell'elaborazione e della revisione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche che andranno a sostituire, tramite conversione, i valori limite previsti dall’art. 2 L.447/95.

La mappatura acustica ed i piani per la gestione dei problemi di inquinamento da rumore dovranno essere predisposti per gli agglomerati urbani con più di 100.000 abitanti e per le principali infrastrutture di trasporto (ovvero assi stradali, assi ferroviari ed aeroporti con determinati volumi di traffico annuo).

Il nuovo D.Lgs. rinvia a successivi decreti sia la definizione degli aspetti più specificamente tecnici, sia il coordinamento e l'armonizzazione con il complesso quadro normativo vigente a livello nazionale (L 447/95 e decreti attuativi).

[55] Cfr. T.a.r. Lazio, sez. III, 12-02-2004, n. 1342. in Rass. dir. farmaceutico, 2004, 791.

 

Data di pubblicazione: 20 aprile 2007.