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Vol. V/2007

RIVISTA DI DIRITTO DELL’ECONOMIA,

DEI TRASPORTI E DELL’AMBIENTE

 

 

Il trasporto dei prodotti agricoli*

 

Guido Camarda**

 

1. Sono indotto a ritenere che, sin’ora, la problematica del trasporto dei prodotti agricoli non è stata oggetto di adeguati approfondimenti, non tanto sotto il profilo teorico generale, quanto sotto un profilo concretamente funzionale a puntuali e coordinate proposte di realizzazione. Quest’ultimo approccio richiede particolari competenze merceologiche e di tecnica dei trasporti, insieme ad adeguate conoscenze del contesto macroeconomico, delle varie grandezze geografiche e delle variegate realtà economico-aziendali, che in Sicilia sono notoriamente caratterizzate (fatta qualche eccezione) dal limite delle loro dimensioni. Tale caratteristica prevalente riguarda tutte o quasi le attività riconducibili all’ampia definizione di imprenditore agricolo che si legge nell’art. 2135 del codice civile, ove si consideri che oltre alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura ed all’allevamento del bestiame, l’inquadramento comprende le “attività connesse”.

Noto per inciso che la formulazione originaria della norma codicistica ha subito delle modifiche con il d. lgs. 228/2001, precisandosi che per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria al ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo o il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Aggiungo che con la medesima modifica sono ritenute “attività connesse” quelle esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

E’ stato poi disposto che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

Il richiamo della definizione d’imprenditore agricolo, fornita dal legislatore, serve anche a confermare la vastità dei settori interessati alla commercializzazione dei prodotti e conseguentemente a trasporti improntati a economicità ed efficienza, perché i beni possano raggiungere i mercati - ormai globalizzati e spesso a notevole distanza - in tempi brevi per evitare alterazioni qualitative e a costi competitivi.

 

2. Un quadro che consideri l’attuale assetto giuridico-istituzionale nel suo complesso generale deve proporsi a livello pluriordinamentale, secondo una successione a cascata dall’ordinamento internazionale e comunitario a quello nazionale e regionale, conformemente al principio del primato delle normative dei due ordinamenti anteriormente citati rispetto agli altri due con sfera territoriale d’efficacia meno ampia (fatte salve, s’intende, quelle situazioni nelle quali è chiaramente applicabile il diverso principio di sussidiarietà). In realtà, se si escludono alcuni profili prevalentemente di diritto privato (ad esempio, la responsabilità del vettore di merci nelle varie modalità di trasporto con le varie forme di limitazione), ha rilievo preminente la triangolazione Comunità europea-Stato membro-Regione. Faccio particolare riferimento a quegli aspetti riguardanti i piani ed i finanziamenti delle nuove infrastrutture dei trasporti e le modalità di controllo della gestione dei singoli servizi in relazione ai regimi di security e safety (anche sanitaria) e di libera concorrenza (quando non si verta in situazioni eccezionali che richiedano oneri di servizio pubblico; situazioni, peraltro, ben diverse dalle fattispecie, anch’esse eccezionali, degli aiuti di Stato).

Iniziando, dunque, dal livello comunitario, rilevo che, nei documenti di programmazione o contenenti riflessioni introduttive del dibattito per proposte e programmazione in materia di trasporti (libri verdi, libro bianco del 2001 e relativa comunicazione del giugno 2006…), la problematica del trasporto dei prodotti agricoli non viene trattata nella sua spiccata specificità, determinata da varie ragioni. È, tuttavia, il libro bianco che costituisce un punto centrale di riferimento, perché propone circa sessanta misure per un riequilibrio del sistema dei trasporti, un rilancio delle ferrovie, la promozione del trasporto marittimo, il controllo della crescita del trasporto aereo.

Ritornando alle specificità delle questioni in tema di trasporti di prodotti agroalimentari, si pensi alla deperibilità accelerata dei prodotti stessi soprattutto in presenza di sbalzi di temperatura. Ciò riguarda in particolare il comparto ortofrutticolo, parte del comparto caseario, etc…

V’è la necessità di garantire il circuito del freddo - anche con un sistema d’emergenza - sia durante il viaggio che durante gli scali tecnici con o senza cambio di modalità e durante un pur breve immagazzinaggio. V’è la necessità di strutture flessibili, tenendo conto che il mercato di settore presenta andamenti nella domanda e nell’offerta tutt’altro che uniformi nel corso dei vari giorni dell’anno.

Analoga constatazione, circa la mancanza di uno specifico profilo con relative problematiche e soluzioni riguardanti il trasporto dei prodotti agricoli e ortofrutticoli in particolare, può formularsi per il nuovo piano nazionale dei trasporti.

Per terminare la panoramica sui piani dei trasporti ai vari livelli, rilevo che la situazione non muta in modo soddisfacente se si esamina il piano regionale dei trasporti della Sicilia, ad eccezione (nel quadro delle analisi di settore del piano attuativo del trasporto delle merci e della logistica) di una pagina dedicata alla filiera agroalimentare. Si accenna all’insoddisfacente integrazione fra la fase produttiva e quella di trasformazione ed integrazione e sebbene non si indichi, quale causa o concausa, la carenza del sistema dei trasporti, la connessione mi sembra ugualmente evidente. Ed ancora (anche in questo caso implicitamente) è possibile dedurre l’urgente attuazione di un sistema di celere trasferimento dei prodotti agricoli, a costi competitivi, laddove il piano attuativo (nel medesimo paragrafo) richiama l’ormai imminente  avvio della zona di libero scambio tra l’Unione europea ed i Paesi del sud del Mediterraneo (2010). Ciò con la prospettiva della definitiva scomparsa di strumenti protezionistici per i produttori comunitari, ma con uno sviluppo di traffico che, secondo uno studio recentemente condotto, determinerebbe per il sud un incremento globale di circa il 20%.

Opportunamente il Piano attuativo sottolinea il ruolo importante delle MOC (Macro Organizzazioni Commerciali) che si costituiscono tra una o più associazioni temporanee di imprese agricole, cooperative e strutture analoghe. Le MOC attuano una strategia unitaria della commercializzazione usufruendo di specifici finanziamenti comunitari. L’aggregazione dell’offerta con la centralizzazione della commercializzazione (e aggiungo delle modalità di trasferimento e distribuzione anche nei mercati geograficamente distanti) pone in primo piano non soltanto gli aspetti trasportistici ma il sempre più forte legame tra trasporto e logistica di settore che in Sicilia è particolarmente carente. Ed è per tale ragione che vanno apprezzate, in proposito, anche tutte quelle iniziative di studi applicati, in sinergia tra Unione Europea, Regione e Dipartimenti universitari Cito, ad esempio, le ricerche nell’ambito del progetto REMOMED (Réseau européen intermodal pour un développement intégré des espaces de la méditerranée occidentale) ove tra l’altro si pongono in evidenza le potenzialità di impianti logistici (per ora, soprattutto nell’area della Sicilia orientale) direttamente funzionali ai servizi air cargo.

 

3. In mancanza di adeguati e specifici strumenti programmatori e di provvedimenti normativi organici riguardanti la materia dei trasporti dei prodotti agroalimentari, la ricerca va indirizzata a singoli atti normativi o provvedimenti che riguardino questo o quell’aspetto della complessa problematica. E’ certamente molto utile l’esame mirato di provvedimenti nel campo dei trasporti, i quali, pur avendo finalità generale, si mostrino particolarmente efficaci per la movimentazione dei prodotti delle imprese agricole.

Di primaria importanza è la completa realizzazione del cosiddetto corridoio 1 previsto, in sede comunitaria, nell’ambito dei progetti prioritari della grande rete di comunicazione europea. Il grande collegamento ferroviario in partenza da Berlino (ed attraverso Monaco di Baviera, Verona/Milano, Bologna, Napoli, Messina) avrà, com’è noto, Palermo quale punto d’arrivo, anche di treni blocco se il movimento delle merci lo richiede. Sono evidenti le possibilità di potenziamento di terminal container e di prosecuzione intermodale lungo rotte marittime mediterranee e transcontinentali. Le rotture di carico in un terminal ad alta tecnologia non costituiscono automaticamente una fase critica del trasporto dei prodotti se in quell’occasione viene a crearsi valore aggiunto con operazioni di sdoganamento, confezionamento e persino con operazioni di fatturazione per conto del proprietario della merce.

Già nel luglio scorso è stata pubblicata la prima relazione annuale sullo stato di realizzazione del corridoio 1, a firma del coordinatore europeo designato dalla Commissione, prof. Karel Van Miert. Dovrebbe finalmente superarsi lo storico svantaggio nella commercializzazione dei prodotti agricoli siciliani, fortemente penalizzati da una rete ferroviaria assolutamente arretrata per tracciato e in molti tratti priva del doppio binario, e, nel contempo, dovrebbe attenuarsi il forte impatto ambientale costituito dall’attuale uso della modalità stradale, spesso oltre il sostenibile anche sotto il profilo della sicurezza.

Sul punto non può eludersi la questione sull’opportunità o meno della costruzione di un ponte sullo stretto di Messina. Non si tratta di prendere posizione in favore o contro. In questo scritto non avrebbe senso. E’ fin troppo evidente, comunque, che le risposte ad un problema così serio e complesso non debbono avere un carattere banalmente assolutistico o essere frutto di aprioristiche posizioni di schieramento. In ogni caso, l’aggiornamento di un’analisi costi-benefici comprende una serie di aspetti tra i quali quello finanziario non è, a mio parere, al primo posto. Premesso, per pura ipotesi di ragionamento, che un esame delle priorità logiche e cronologiche – comprese ovviamente quelle di utilizzazione del denaro pubblico nelle medesime regioni interessate - conduca a conclusioni negative, ciò non si porrebbe in contrasto con la realizzazione del corridoio 1. Il piano regionale dei trasporti si fa carico, meritoriamente, di prefigurare uno “scenario alternativo al Ponte” nell’ambito dei piani attuativi del trasporto stradale, ferroviario, marittimo e aereo.

La soluzione alternativa, che per la Sicilia presuppone una scelta più decisa della multimodalità del trasporto, è basata su un insieme di interventi di potenziamento delle infrastrutture e dei servizi di attraversamento dello Stretto da realizzare gradualmente nel tempo in funzione dell’aumento della domanda. Questa alternativa presenta obiettivamente gli innegabili vantaggi della flessibilità e richiede, quindi, opportuni adeguamenti all’evoluzione delle realtà socio-economiche future, a fronte di scenari di lungo periodo con un notevole numero di variabili, molto difficili da configurare con accettabile approssimazione, sia nei tipi che nella quantità. Nel caso dei traffici ferroviari, i potenziamenti infrastrutturali riguardano l’adeguamento del numero degli attracchi e l’aumento del numero dei traghetti (analogamente, per i traffici gommati i potenziamenti riguardano gli scivoli agli approdi e la capacità di carico del naviglio).

Va da sé che lo scenario alternativo prefigurato dal Piano, proprio per la sua flessibilità finanziaria (oltre che la modularità di completamento), consentirebbe meglio, nel quadro dell’impiego delle risorse, un contemporaneo potenziamento del sistema portuale ed aeroportuale siciliano in linea, soprattutto, con le previsioni di sviluppo del traffico marittimo roll on-roll off e con l’air cargo, per i prodotti agroalimentari particolarmente pregiati.

 

4. Nel quadro dell’intermodalità del trasporto, che per il settore dei prodotti agricoli assume importanza fondamentale considerata la frammentazione delle provenienze dei carichi, una particolare attenzione merita lo studio dei flussi marittimi nella filiera dell’ortofrutta. Segnalo, per chi volesse approfondire l’argomento, i ponderosi risultati di una ricerca relativamente recente (maggio 2003) promossa dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

L’indagine sottolinea i vantaggi del trasporto marittimo in tale settore: una generale professionalità ed affidabilità dell’operatore marittimo anche nella gestione del trasporto via mare di unità di carico stradali refrigerate; un’adeguata dotazione tecnologica delle navi per soddisfare le esigenze di refrigerazione e conservazione dei prodotti; una regolarità e puntualità dei servizi oggi esistenti; varie convenienze per la collettività in termini di risparmi energetici, minore impatto ambientale, maggiore sicurezza.

Sono stati indicati anche i possibili inconvenienti, che, però, non appaiono insuperabili e, comunque, si rivelano spesso inferiori sia in rapporto ai vantaggi comparati con altre modalità di trasporto a lunga distanza, sia in  considerazione delle caratteristiche d’insularità della nostra regione. Per esempio, la difficoltà nel disporre di una significativa e costante massa critica di prodotti per unità di carico da trasportare non si pone nei trasporti ro-ro, mentre per le altre tipologie di carico vanno richiamate tutte quelle forme di aggregazione realizzabili con le MOC.

Quanto a eventuali carenze di linee a frequenza giornaliera e alla difficoltà di combinazione degli orari di imbarco e sbarco con la tempistica dell’autotrasporto refrigerato, le soluzioni vanno adottate caso per caso non sostenendosi che l’intermodalità da prescegliere debba includere in ogni situazione il segmento marittimo. E ciò vale, più in generale sotto il profilo della competitività dei costi, anche per i carichi con motrice ed autista. Ed ancora l’impossibilità di effettuare scali intermedi se non programmati è superabile con la diversificazione, già esistente (ma suscettibile d’incremento), delle linee a medio raggio e con l’incremento dei collegamenti con gli hubs. Ugualmente quasi sempre ovviabili sono le difficoltà dei terminal portuali per la carenza di spazi adeguati a terra a causa della contiguità del porto al tessuto urbano. Spesso sono sufficienti opportune modifiche al piano regolatore della città con riferimento al mutamento di destinazione delle aree (per Palermo, ad esempio, si pensi alla trasferibilità in altro luogo idoneo del mercato ortofrutticolo). Lo stesso può affermarsi, infine, per l’eventuale difficoltà di organizzare la gestione delle strutture (banchine, aree retroportuali, viabilità interna e nodi di interconnessione dedicata alla movimentazione di specifiche branche produttive). Continuando con la realtà palermitana, occorre riprendere il dibattito sull’utilizzazione a fini portuali di parte della costa in direzione di Acqua dei corsari e comunque sulla creazione di un efficiente sistema portuale e su adeguati impianti logistici.

 

5. A parte quanto in premessa, ho deliberatamente formulato richiami e osservazioni di ordine generale senza indugiare su riferimenti a questa o quella norma di diritto interno o comunitario ed in particolare di diritto dei trasporti e di discipline ad esso collegate. Mi limito a ricordare la complessa normativa sull’etichettatura, l’imballaggio ed il trattamento igienico-sanitario dei prodotti agricoli in funzione del trasporto e della sosta nei terminal. Anche il regime della tracciabilità pone, per alcuni prodotti agricoli (come per quelli ittici), problemi di efficace attuazione con particolare riferimento alla repressione delle frodi, ovviamente più facili da compiersi nelle fasi di movimentazione e di nuovo confezionamento.

Per i profili di diritto privato, segnalo la particolare opportunità della standardizzazione di schemi “dedicati” di contratti di trasporto con l’eventuale apposizione di clausole che, anche in deroga alla discipline generali sulla responsabilità del vettore in caso di avarie, salvaguardino adeguatamente il caricatore dei prodotti agricoli e il destinatario.

Va da sé che la negoziazione non è ipotizzabile per piccole partite di prodotti, ma attraverso quelle macroorganizzazioni sulle quali mi sono già brevemente soffermato. In diretta connessione si pongono le problematiche sui contenuti delle polizze assicurative.

 



* Questo scritto è destinato anche alla rivista “Terrà”, bimestrale di agricoltura siciliana, come da intese tra le due redazioni.

** L’A. ringrazia per la collaborazione, nelle ricerche e nella revisione, la dott.ssa Rosalia Castiglia, dottoranda di ricerca presso il Dipartimento D.E.T.A.

 

Data di pubblicazione: 5 febbraio 2007.