La risarcibilità del danno da vacanza rovinata
Eva Faraci*
1. Inquadramento giuridico della
fattispecie.
La “compravendita” di pacchetti turistici è
regolata, com’è noto, dal combinato disposto della Convenzione internazionale
sui contratti di viaggio (CCV)[1] e
dal d.lgs. n.111/1995 attuativo della Direttiva Cee 90/314[2],
oggi abrogato e trasfuso nel d. lgs. 6 settembre n. 206 c.d. codice del consumo[3].
L’art. 84 cod. consumo impone, affinché possa
parlarsi di “pacchetto turistico”, la
ricorrenza della combinazione del trasporto o dell’alloggio con qualsiasi altro
servizio incluso nel pacchetto non accessorio al trasporto o all’alloggio.
I servizi combinati devono essere non accessori,
significativi ed organizzati da un soggetto che assume la veste di
organizzatore e si obbliga a fornirli al consumatore.
Gli artt. 93-96 del codice del consumo disciplinano
il mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto
di compravendita di pacchetto turistico, prevedendo la responsabilità di
entrambi, organizzatore e venditore, sempre che, non dimostrino che il mancato
o inesatto adempimento derivi da impossibilità della prestazione dovuta ad una
causa a loro non imputabile.
Solo al fine di fornire un brevissimo quadro
relativo alla disciplina del contratto di viaggio, e volontariamente
prescindendo dall’analisi di tutte le possibili qualificazioni e dai concreti
atteggiamenti che il medesimo può assumere [4],
può osservarsi come inevitabilmente, a seguito della entrata in vigore del
d.lgs.111/1995, e del codice del
consumo, l’applicazione della CCV risulti ormai residuale, specie ove si
consideri che quest’ultima fa salva l’applicazione delle legislazioni speciali
che stabiliscono trattamenti più favorevoli per certe categorie di viaggiatori[5].
Di conseguenza
Sia
Senza pretese di esaustività, può dirsi che, da un
lato, l’art. 13 della legge di ratifica della CCV dopo aver sancito, al primo
comma, l’obbligo dell’organizzatore di viaggi di rispondere di “qualsiasi pregiudizio” causato al
viaggiatore, in conseguenza dell’inadempimento totale o parziale delle
prestazioni contrattuali poste a suo carico, al secondo comma, nel legittimare
le clausole limitative delle indennità dovute a titolo di risarcimento,
distingue tra danni alla persona, danni alle cose e qualsiasi altro danno.
Dall’altro, l’art. 93 del codice del
consumo prevede l’obbligo in capo al venditore ed all’organizzatore, di
risarcire il danno, con la possibilità di cui all’art.95 di limitare, per i
danni diversi da quelli alla persona, l’indennità dovuta, limitazione ammessa
comunque entro i limiti dell’art. 13 della CCV, espressamente richiamato.
Dal combinato disposto delle due normative emerge,
ancorché per quanto riguarda le norme del codice del consumo ciò avvenga solo
implicitamente, la risarcibilità dei danni non patrimoniali subiti dal
viaggiatore.
Ciò si evince chiaramente dall’art. 13 della CCV
che utilizza l’espressione “qualsiasi
pregiudizio”, ed implicitamente dal collegamento tra l’art.93, che parla di
risarcimento del danno, e l’art. 95 del codice del consumo, che ammette la
limitazione, facendo salvi i parametri contenuti nella CCV, delle indennità
risarcitorie dovute per danni diversi dai danni alla persona.
Tale impostazione supera l’opinione e le obiezioni
di quanti negano che possa rintracciarsi nel d.lgs 111/1995 prima, e nel codice del consumo poi,
una norma equivalente all’art. 13 della CCV[6],
e riceve, grazie ad una pronunzia recente[7],
una non trascurabile conferma comunitaria.
Peraltro occorre aggiungere che una successiva
pronuncia
La attribuzione della
responsabilità per danno da vacanza rovinata muove dalla necessaria premessa
della qualificazione giuridica del soggetto destinatario della domanda di
risarcimento come organizzatore o semplicemente quale venditore/intermediario,
ovvero come entrambi.
Tale qualificazione costituisce un punto
essenziale, trattandosi di una circostanza necessariamente preliminare
all’attribuzione di responsabilità.
In realtà il
meccanismo di responsabilità delineato dagli artt. 93 e ss. del codice del
consumo pone all’interprete due opzioni ermeneutiche: la responsabilità
solidale ex art. 2055 c.c., ovvero quella alternativa.
La prevalente dottrina prendendo spunto
dall’espressione “secondo le rispettive
responsabilità”, contenuta nello stesso art. 93 codice del consumo,
qualifica la responsabilità dell’organizzatore e dell’intermediario come una
responsabilità alternativa [10]
(e non solidale[11]).
Sul tema può solo osservarsi come sebbene la
formulazione letterale della norma induca a propendere per quest’ultima
ricostruzione, tuttavia il modello della responsabilità solidale, sia pure
presunta iuris tantum, sembra meglio adattarsi alle esigenze di tutela e di
garanzia dei diritti del consumatore che ispirano il decreto.
Ben diversa è invece la posizione
dell’organizzatore e del venditore nell’ipotesi, disciplinata dal secondo comma
della stessa norma[12],
cioè dell’inadempimento di eventuali terzi prestatori di servizi inclusi nel
pacchetto.
In tal caso, ove
tali soggetti siano convenuti in giudizio in luogo dei diretti
prestatori dei servizi, a nulla varrà l’eventuale dimostrazione che
l’inadempimento derivi da impossibilità della prestazione per causa a loro
imputabile, rimanendo in loro favore semplicemente il rimedio della azione di
rivalsa esercitabile anche nel medesimo contesto processuale.
Altra questione interessante è la qualificazione
giuridica del termine previsto dall’art. 19 del d.lgs. n.111/1995, ora art. 98 Cod. Cons., secondo cui: “…ogni mancanza nell’esecuzione del contratto deve essere contestata
..dal consumatore…senza ritardo…affinché l’organizzatore, …il suo
rappresentante locale o l’accompagnatore.. vi pongano tempestivamente rimedio,.
...il consumatore può altresì sporgere reclamo mediante l’invio di raccomandata
con avviso di ricevimento, all’organizzatore entro e non oltre 10 giorni
lavorativi dalla data di rientro presso la località di partenza”.
L’art. 98 prevede due distinti rimedi a fronte
delle mancanze manifestatesi in occasione dell’esecuzione del contratto: al primo comma, l’immediata contestazione con
cui il consumatore mette il tour operator/organizzatore in condizioni di porvi
riparo, e, al secondo comma, il reclamo (nel termine suindicato) qualificabile
come semplice facoltà, e non come termine di decadenza dall’azione[13],
purché il consumatore abbia comunque provveduto all’onere di contestare
l’inadempimento o l’inesatta esecuzione delle prestazioni promesse e pattuite
già durante la vacanza[14].
Come ha correttamente osservato una parte della
giurisprudenza[15],
la configurazione di un’ipotesi di
decadenza dal reclamo oltre il termine previsto, contrasterebbe sia con la
lettera della norma che con lo spirito della legge.
Una prima analisi del testo normativo, condotta con
un approccio meramente terminologico, consente di osservare che l’art. 98, al
secondo comma, non utilizza il verbo deve,
solitamente in uso nelle ipotesi in cui è configurabile un vero e proprio
obbligo o onere, ma il verbo può, che
normalmente indica una facoltà del soggetto cui fa riferimento.
Passando all’esame logico-giuridico, si ottiene una
conferma del risultato dell’indagine letterale.
Appare fin troppo evidente che una interpretazione
della norma, aderente allo spirito della legge, emanata al fine di recepire una
direttiva europea - ispirata dall’esigenza di assicurare una effettiva tutela,
non più semplicemente formale ma anche sostanziale, ai diritti del consumatore-
mal si concilierebbe con la previsione di rigorosi e brevi termini di decadenza
in capo al consumatore medesimo.
II secondo comma dell’ art. 98 Cod. Consumo, tenendo conto della ratio
della intera normativa posta a tutela del turista-consumatore, può quindi
interpretarsi nel senso che il consumatore, al fine unicamente di rafforzare la
contestazione immediata ed originaria già effettuata in loco, avrebbe la facoltà di sporgere altresì reclamo mediante
invio di lettera raccomandata con a/r, da inoltrarsi entro dieci giorni lavorativi dalla data del
rientro.
Il punto centrale della questione in esame,
comunque, è la qualificazione giuridica del danno da vacanza rovinata e, in
particolare, la risarcibilità dei danni morali conseguenti alla compromissione del
periodo di vacanza imputabile all’inadempimento, ovvero alla cattiva esecuzione
delle prestazioni promesse nel contratto di viaggio.
In una decisione[16]
si afferma che il complesso delle inadempienze contrattuali, rappresentate
dalla variazione inopinata dell’orario di partenza del volo aereo,
dall’assoluta inadeguatezza del livello di confort e di trattamento dell’hotel
rispetto a quanto promesso, dalla mancata assistenza del personale fiduciario,
dalla mancata fornitura della documentazione richiesta da uno dei partecipanti
ai fini del rimborso delle spese di soggiorno, costituisce quel disagio e quel fastidio riconosciuto sotto la voce “danno da
vacanza rovinata”, cui si ricollega l’obbligazione risarcitoria della
società organizzatrice/venditrice del pacchetto turistico.
Interessanti precisazioni sulla nozione di danno da
vacanza rovinata, sono rinvenibili in una sentenza[17] riguardante il caso di due turisti le cui
aspettative vengono disattese in occasione di uno speciale evento, il viaggio
di nozze”, tradizionalmente qualificato dalla giurisprudenza come “circostanza ed occasione irripetibile”,
e quindi tale da assumere una rilevanza particolare anche in sede di
valutazione e quantificazione del danno stesso [18].
In un’altra decisione, [19]
il danno da vacanza rovinata viene variamente inteso come : “delusione da parte del consumatore per le
aspettative tradite”, come “la somma
delle tensioni e degli stress accumulati durante il periodo di vacanza
conseguenti al mancato riposo stante
la necessità di intraprendere continui reclami
per i disservizi derivanti dalle omissioni delle società interessate ”,
come “la compromissione del godimento di
quel clima di relax e serenità lecito attendersi dalla vacanza”, ovvero infine come “un pregiudizio psichico ed alla vita di
relazione”.
E’ agevole verificare, analizzando le motivazioni
che si susseguono nelle pronunzie giurisprudenziali in tema di risarcibilità
del danno da vacanza rovinata, come tutte le precisazioni nelle medesime
contenute, e volte a definire la nozione del danno in esame, tendono ad
assumere tratti simili e costanti nel tempo.
In realtà gli spunti principali di approfondimento
in tema di danno da vacanza rovinata sembrano essere, come già anticipato, la
risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente alla compromissione del
periodo di vacanza derivante dall’inadempimento contrattuale, ovvero
dall’inesatto adempimento, nonché i problemi connessi alla quantificazione del
medesimo.
Nel caso di
inadempimento dell’organizzatore del viaggio al turista/ consumatore possono
derivare due tipi di danno: il danno patrimoniale, consistente, ad esempio,
nella differenza di prezzo pagata dal consumatore per l’albergo prescelto in
sede di organizzazione del viaggio e poi mutato unilateralmente dall’organizzatore
a causa del frequentemente invocato fenomeno dell’overbooking[20],
ed il danno non patrimoniale.
In passato si è ampiamente discusso in ordine alla
risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente all’inadempimento
contrattuale dell’organizzatore del viaggio, la tesi negativa si fondava, in
estrema sintesi, sull’impossibilità di ricondurre tale caso al dettato
dell’art. 2059 c.c.
Com’è noto, la lettura tradizionale di tale norma,
che delinea la fattispecie del danno non patrimoniale, ne limita la risarcibilità
ai casi previsti dalla legge e si muove nel senso di interpretare quest’ultimo
inciso come riferito alle ipotesi in cui l’illecito civile costituisca al tempo
stesso reato secondo la legge penale.
Il superamento di questa tradizionale lettura dell’art.
2059 c.c. si deve in particolare alle ormai ben note pronunzie della Cassazione[21],
le quali hanno fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art.2059
c.c., ammettendo la risarcibilità del danno non patrimoniale ogni qual volta
sussista la lesione di un valore inerente alla persona costituzionalmente
garantito, ed ancorché l’illecito civile non costituisca altresì reato secondo
al legge penale.
E’ bene precisare che, in tema di danno da vacanza
rovinata, ancor prima delle pronunzie dei giudici di legittimità, la tesi
favorevole[22]
al risarcimento dei danni non patrimoniali, fondata sulla qualificazione del
danno da vacanza rovinata come un danno non patrimoniale conseguente ad un
inadempimento contrattuale, rinveniva nell’art. 13 della CCV il fondamento
normativo richiesto, ai fini della risarcibilità dall’art. 2059 c.c.
In realtà, la qualificazione del danno da vacanza
rovinata quale danno tipicamente non patrimoniale non appare, almeno ad oggi,
dubitabile, in particolare ove ci si soffermi sul contenuto di una recente
pronuncia della Corte di Giustizia Europea[23],
decisione con cui, in sede di interpretazione della Direttiva 90/314 Cee, in
tema di “viaggi tutto compreso”, si è
affermato il diritto del consumatore ad ottenere il risarcimento del danno
morale conseguente all’inadempimento od alla cattiva esecuzione delle
prestazioni oggetto del contratto.
Peraltro non mancano voci che vanno ben al di là, e
giungono a qualificare il danno da vacanza rovinata come danno esistenziale [24],
considerando l’estremo sviluppo del fenomeno turistico negli ultimi anni ed il
valore che, in relazione alla qualità di vita dell’individuo e nella realtà
socio-economica odierna, il bene “vacanza” ha assunto, ovvero ancora come danno
biologico[25], laddove la compromissione del periodo di
svago e di relax si traduca in una lesione all’integrità psico-fisica
dell’individuo.
Necessaria conseguenza di tale approccio è la
valutazione in termini di responsabilità di tutti quei comportamenti che
finiscono con il compromettere il godimento da parte del turista/consumatore delle
occasioni di relax e di riposo.
Sembra in realtà condivisibile, nel tentativo di
legittimare la risarcibilità del danno da vacanza rovinata come danno morale,
l’orientamento espresso, in particolare, da quella giurisprudenza[26],
successiva alla citata decisione della Corte di Giustizia Europea, secondo cui
la lesione di valori umani costituzionalmente garantiti costituisce un danno
non patrimoniale risarcibile, pur in assenza di un fatto che costituisca reato
secondo la legge penale[27].
Sulla base delle considerazioni che precedono
appare sicuramente criticabile l’orientamento espresso da quella parte della
giurisprudenza[28]
che nega la qualificazione del danno da vacanza rovinata in termini di danno
non patrimoniale, ricorrendo alla tradizionale, ed ormai di fatto superata,
interpretazione dell’art. 2059 c.c.
In realtà, tale indirizzo sembra da un lato
trascurare la recente pronunzia della Corte di Giustizia UE, e dall’altro,
finisce col negare quel trend interpretativo volto a disancorare la
risarcibilità del danno non patrimoniale dalla ricorrenza di un fatto
qualificabile come reato, trend inaugurato dalle più volte citate pronunzie
gemelle della Cassazione[29],
e ribadito dalla successiva giurisprudenza.
A ciò si aggiunga che, nella maggior parte dei
casi, la risarcibilità dei danni morali viene negata tout court senza, peraltro, dare adeguate motivazioni,
richiamandosi semplicemente ad una lettura tradizionale dell’art. 2059 c.c.,[30]
ed eludendo il tema, decisamente non secondario, della qualificazione giuridica
del danno da vacanza rovinata, individuato, genericamente e semplicemente, come
pregiudizio risarcibile in quanto tale[31].
Ove si fosse voluto, a tutti i costi, rimanere
fedeli alla tradizionale interpretazione dell’art.2059 c.c sarebbe stato
sufficiente, al fine di ammettere la risarcibilità del danni morali conseguenti
alla compromissione del periodo di vacanza, uniformarsi all’orientamento di
quanti[32]
sostengono che il dato testuale contenuto nell’art .13 della CVV, secondo cui
l’organizzatore risponde di “qualunque
pregiudizio” causato al viaggiatore, cui si aggiungono e vanno letti in
parallelo, sulla base delle argomentazioni formulate in premessa e confermate
dalla pronunzia della Corte di Giustizia UE, gli articoli 14, 15 e 16 del
d.lgs. 111/1995, oggi sostituiti dai corrispondenti artt. 93, 94 e 95 del
codice del consumo, rappresentino validamente quei casi previsti dalla legge
che consentono il superamento dello sbarramento posto alla risarcibilità, e
contenuto nello stesso art.2059 c.c.
Del resto, la tendenza volta a superare gli angusti
e stretti confini della risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente ad
illecito sembra ormai aver contagiato persino il legislatore che, in almeno tre
occasioni, quali il trattamento dei dati personali, l’azione civile contro la
discriminazione, e la durata eccessiva del processo[33],
si è mosso nel senso di ammettere la risarcibilità del danno morale pur in
assenza di reato.
In realtà, il punto della qualificazione del danno
da vacanza rovinata deve essere affrontato ampliando i termini del problema, ed
in particolare, considerando la natura contrattuale del rapporto che lega
l’organizzatore/venditore al consumatore/turista.
Vanno, dunque, esaminate le questioni connesse
all’ammissibilità nel nostro ordinamento di un danno non patrimoniale derivante
da inadempimento contrattuale, categoria nella quale sembra doversi far
rientrare il danno da vacanza rovinata.
Occorre quindi verificare le possibili applicazioni
dell’art. 2059 c.c.- secondo la lettura costituzionalmente orientata propugnata
dalla recente Cassazione, e di cui si è dato prima conto, al campo della
responsabilità contrattuale.
In sintesi, può osservarsi come gli approcci
possibili siano essenzialmente due, uno favorevole all’applicazione dell’art.2059
c.c., nonostante la sua collocazione sistematica e nel presupposto di una
matrice comune ai due tipi di responsabilità,[34]ed
un altro che, al contrario, facendo leva proprio sulla collocazione sistematica
ne esclude qualsiasi estensione al di fuori dell’illecito aquiliano[35].
La qualificazione del danno da vacanza rovinata
come danno non patrimoniale derivante da un inadempimento contrattuale appare,
peraltro, non semplicemente confortata, ma addirittura confermata dalla stessa
interpretazione resa dalla Corte di Giustizia[36],
nonché dall’esame dei casi concreti portati all’esame dei giudici dai quali
emerge chiaramente che il danno in relazione al quale è avanzata la domanda
di risarcimento è conseguenza
dell’inadempimento o della cattiva esecuzione delle prestazioni promesse
dall’organizzatore, o intermediario/venditore del pacchetto turistico.
Prescindendo dall’affrontare tutte le problematiche
connesse all’ammissibilità di un danno non patrimoniale derivante da un
inadempimento contrattuale[37],
e condividendo sul punto l’orientamento favorevole più innovativo [38],
può senz’altro dirsi che il danno da vacanza rovinata qualificato come un danno
morale da inadempimento costituisce un elemento forte a sostegno della
ammissibilità, in via generale, di tale categoria o voce di danno.
Del resto, non può trascurarsi l’importanza che la
chiara ed inequivocabile presa di posizione della Corte di Giustizia in favore
della risarcibilità del danno morale da vacanza rovinata, assume sia in una
ottica di uniformità del diritto europeo dei contratti, sia nel panorama del
nostro ordinamento, stante l’ampliarsi, grazie alle indicazioni fornite dai
giudici comunitari, dei criteri ermeneutici utilizzabili dai giudici nazionali.
Infine, per quel che riguarda il profilo della quantificazione
e liquidazione del danno, si tratta di un pregiudizio che sebbene, in concreto,
possa variamente atteggiarsi[39],
incide, comunque e sempre, su momenti particolari della vita o sul sentire
interno dell’individuo, conseguentemente occorrerà procedere secondo
valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., per sopperire alla impossibilità di
provare il danno nel suo preciso ammontare.
* Dottore di ricerca e titolare di assegno di
ricerca presso l’Università degli Studi di Palermo.
[1] Convenzione internazionale relativa al contratto
di viaggio siglata a Bruxelles il 23 aprile 1970 e ratificata in Italia con la
legge 27 dicembre 1977 n.1084.
[2] Per una
prima puntuale ricostruzione della disciplina giuridica in tema di
compravendita di pacchetti turistici si vedano: Tassoni G. “Il nuovo decreto
legislativo sui viaggi organizzati” in Contratti
1995, p.321; La Torre M.E. “Il contratto di viaggio tutto-compreso”,
in Giust. Civ. 1996, II, 27;
Franceschelli V., “La fruizione dei servizi turistici nell’ambito della
politica comunitaria”, in Turismo:
industria strategica del nuovo millennio, Atoi, Milano, 1997, p.30; Iudica
G., “La disciplina delle clausole abusive nel contratto di viaggio” in Resp. Com. Impr. 1997, 63; Silingardi G.
Morandi F.,“ La vendita di pacchetti turistici”, Giappichelli, Torino
1998; Flamini A., “Viaggi organizzati
e tutela del consumatore”, Esi, Napoli, 1999.
[3] Invero, le norme che direttamente si riferiscono
alla materia dei pacchetti turistici sono quelle che vanno dall’art. 82
all’art. 100 cod. consumo. Esse sostanzialmente, salvo piccole modifiche quasi
esclusivamente terminologiche, riproducono il testo delle corrispondenti norme
dapprima contenute nel d.lgs. n.111/1995.
[4] Per un’ampia ricostruzione delle qualificazioni
giuridiche proposte in tema di contratto di viaggio prima e dopo la ratifica
della CCV, si veda Zunarelli S. / Alvisi
C., Lezioni di diritto del turismo,
Libreria Bonomo Editrice, Bologna 2002, pp.125 e ss.
[5] L’art.2 della CCV a tal proposito dispone: “La
presente convenzione si applica a qualunque contratto di viaggio concluso da un
organizzatore di viaggi o da un intermediario di viaggi qualora la sua sede di
lavoro principale o in mancanza di tale sede, il suo domicilio abituale
o la sede di lavoro per tramite della quale il contratto di viaggio è stato
concluso, si trovi in uno Stato contraente.
La presente convenzione si applica senza pregiudizio delle
legislazioni speciali che stabiliscono trattamenti più favorevoli per certe
categorie di viaggiatori.”
[6] Si veda, ad esempio, in tal senso, l’opinione
negativa espressa da Alvisi C. in Lezioni di diritto del turismo
op.cit., p.169 e ss.
[7] Corte di Giustizia UE 12 marzo 2002, n.C-168/00,
il testo integrale della pronunzia è rinvenibile, tra gli altri, in Danno e Responsabilità 2002, p.1097 e
ss, ed in Guida al Diritto n. 13 del 6 aprile 2002 p.104 e ss.
[8] Per un commento, in ordine alla
pronunzia sopra-citata, si vedano, tra gli altri, Carrassi C., L’interpretazione da parte della Corte di
Giustizia Ce delle norma comunitarie è, indiscutibilmente, vera nomofilachia,
in Danno e Responsabilità 2002,
p.1099; Maiolo F. La Corte di Giustizia ,
il danno da vacanza rovinata e il sistema bipolare di responsabilità civile,
in Danno e Responsabilità 2002,
p.1106; Gazzarra M., Vacanze tutto
compreso e risarcimento del danno morale, in Danno
e Responsabilità 2003, p. 24; Sesta
L., Danno da vacanza rovinata e danno
morale contrattuale, in Giur.it.
2002, 1801 e ss; Guerinoni E. L’interpretazione
della Corte di Giustizia riguardo al danno da vacanza rovinata, in Resp.civ. e prev. 2002, p.360 e ss;
Rodolfi M., La cattiva esecuzione delle
prestazioni promesse crea il diritto all’indennizzo del danno morale, in. Guida al Diritto n. 13 del 6 aprile 2002
p.107e ss.
[9] Corte di Giustizia UE Sentenza del 30 aprile
2002 Causa-400/00, con nota di Galantini
C.F., Estensione della nozione
comunitaria di “pacchetti turistici” a servizi singoli assemblati dall’intermediario
viaggi su indicazione della clientela;l’intermediario diviene, quindi,sempre
organizzatore?, in Diritto marittimo
2004, p.457 e ss.
[10] Tra coloro che sostengono l’introduzione ad opera
del d.lgs.111/1995 di un regime differenziato di responsabilità per
l’organizzatore e per il venditore: Lefebvre, D’Ovidio-Pescatore, Tullio, Manuale di diritto della navigazione ,
Milano 2000, p.525; Demarchi, La
direttiva n.314/90 del 13 giugno 1990, sui viaggi e le vacanze “tutto compreso”
e la recezione nel nostro ordinamento mediante il d.lgs. 17 marzo 1995, n.111,
in I contratti di viaggio e turismo. La
disciplina, la giurisprudenza, le strategie, a cura di Vaccà C., Collana
Isdaci , Vaccà C., Commento agli artt.14-
[11] Nel senso della responsabilità solidale si invece
è espresso Carrassi, Tutela del turista
nei viaggi a forfait Finalmente una risposta adeguata del legislatore
italiano?,in Corr.Giur., 1995,
p.906.
Sul punto si veda anche la recente pronunzia della Cassazione la cui
massima afferma che: “L’agenzia viaggi
venditrice di un pacchetto turistico, qualora non risulti aver agito in qualità
di rappresentante del viaggiatore e possa ritenersi venditore o mandatario del
tour operator che ha realizzato il pacchetto turistico, è responsabile, nei
confronti del viaggiatore, per inadempimenti dello stesso tour operator in
forza dell’art. 14 d.lgs. n.111/1995, che chiama a rispondere del mancato o
inesatto adempimento sia l’organizzatore sia il
venditore.”, Cass. Civ. , sez. III- sentenza 10 febbraio 2005 n.
[12] Il secondo
comma dell’art. 93 codice del consumo prevede infatti in capo ad organizzatore
e venditore una sorta di responsabilità oggettiva per il danno sofferto dal
turista-consumatore in occasione di servizi offerti da terzi, sempre qualora il
servizio in questione sia riferibile al pacchetto turistico originariamente
assemblato dall’organizzatore e quindi venduto dall’intermediario.
Interessante appare sul punto una recente pronunzia del Tribunale di
Milano che ha stabilito la responsabilità dell’organizzatore, nell’ipotesi di
danni alla persona occorsi al turista durante una escursione facoltativa
acquistata in loco dal viaggiatore.
La decisione si fonda sul duplice presupposto della qualificazione di
tale escursione come “pacchetto turistico
supplementare” e della riconducibilità
di quest’ultimo al pacchetto turistico base originariamente assemblato
dal tour operator, Tribunale di Milano, sez. XI- sentenza 27 gennaio
[13] Per la
necessità di un reclamo formale, configurato come onere a carico del
consumatore, e della non sufficienza della contestazione in loco si veda, tra gli altri, La Torre M. E., Il contratto di viaggio tutto compreso,
cit. sub.nota 1.
[14] Una posizione intermedia è quella che ritiene
quantomeno necessaria da parte del consumatore una contestazione effettuata, in loco, ma nelle forme previste dal
secondo comma dell’art. 98, ossia mediante lettera raccomandata con a/r,cfr.
Tassoni G., Il contratto di viaggio,
Giuffrè Editore, 1998 p.259 e ss.
[15] Giudice di pace di Pescara sentenza n. 691 del
2002, inedita.
[16] Giudice di pace di Pescara ult.cit.
[17] Sul punto si veda Giudice di Pace di Roma 12
maggio 2003 n.21552, in Temi Romana
2004 p.290 e ss.
[18] Tra le altre, Pretura di Roma 11 dicembre 1996,
secondo cui la circostanza del viaggio di nozze costituirebbe addirittura una
aggravante del disagio patito dagli attori,
in Nuova giur. civ. comm.,
1997 , 875 e ss. con nota di Zencovich V. Z., Il danno da vacanza rovinata: questioni teoriche e prassi applicative cit.
da Gazzarra M., in Vacanze tutto compreso
e risarcimento del danno morale, op.cit.
[19] Giudice di Pace di Roma 12 maggio 2003 n.21552,
cit.
[20] Sul tema dell’overbooking legato al trasporto
aereo si vedano da ultimo il testo del regolamento 11 febbraio 2004 n.261 in Diritto del Turismo n.3/2004 p.263 e
ss., ed il commento di Rosafio E.G., Overbooking,
cancellazione e ritardo: nuove regole per il trasporto aereo comunitario di
persone, in Diritto del Turismo
n. 3/2004, p.205 e ss.
[21] Corte di
Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio
Di pressoché eguale tenore e di poco successiva alle pronunzie del
giudice di legittimità, Corte Costituzionale 11 luglio 2003 n.233 , in Danno e Resp. 2003, 939, con note di
Bona, Il danno esistenziale bussa alla
porta e la Corte costituzionale apre(verso il< nuovo> art.2059 c.c.);di
Cricenti, Una diversa lettura
dell’art.2059 c.c.; di Ponzanelli, La
Corte costituzionale si allinea con la corte di cassazione; di Procida
Mirabelli Di Lauro, Il sistema della
responsabilità civile dopo la sentenza della Corte costituzionale 233/03; e
di Troiano, L’irresistibile ascesa del
danno non patrimoniale.
[22] Per tutti Vaccà C., La vacanza rovinata e la tutela del fruitore dei servizi turistici,
in Riv. dir. comm. 1992, p.923, ed in
Viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso,
in Giust.Civ. 2000, p.1207 e ss., ed
Ambanelli A., La responsabilità
dell’intermediario nel contratto di viaggio, in Contratti 1993, p.332 e ss, contra, nel senso di una qualificazione
del danno da vacanza rovinata in termini di danno patrimoniale, si sono
espressi: Pardolesi R., Turismo
organizzato e tutela del consumatore: la legge tedesca sul contratto di viaggio
in Riv. dir. civ. 1981, I, p.55 e
ss.; e Pierfelici V., La qualificazione
giuridica del contratto turistico e la responsabilità del tour operator, in
Rass. Dir. Civ. 1986, II, p.658 e ss.
Vanno segnalati, da ultimo, due originali e recenti impostazioni che
si muovono, la prima, nel tentativo di inquadrare il danno da vacanza rovinata
nell’ambito del danno biologico (Giudice di Pace di Siracusa 26 marzo
[23] Sentenza del 12
marzo 2002 Causa-168/2000 cit.
[24] Sul tema del danno esistenziale, si vedano in
particolare: Cendon P Il danno esistenziale,
Padova 2000, Viviz P., Alla scoperta del
danno esistenziale in Contr. e impr.
1994, p.845 ed in L’evoluzione del
sistema risarcitorio del danno: modelli interpretativi a confronto in Riv. crit. dir. priv. 1999, p.61 e ss.
[25] G.d.P. Siracusa 2603/99 cit.
[26] Cass. 11 novembre 2003 n.16946, e Cass. 19 agosto
2003 n.12124 ambedue in Foro it.
2004, I, 434 e ss., e Cass. 12 dicembre 2003 n.
[27] Sul punto
si è osservato come l’adesione alla linea interpretativa propugnata dalla Corte
di Giustizia UE contribuisca a rafforzare la posizione di coloro che, in
considerazione del valore sociale ed economico che alcuni beni di carattere non
patrimoniale assumono nella realtà odierna, ne ammettono la tutela
risarcitoria, cfr. Pollastrelli S., Il
risarcimento del danno morale nei viaggi turistici organizzati, in Dir. marittimo 2003, p. 43 e ss.
[28] In tal senso Tribunale di Venezia 24 settembre
[29] Corte di
Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 cit.
[30] Sull’inattualità di tale “brontosauro” del diritto si veda
Monateri in Resp. Civ. e prev. 1989,
p.1176 e ss.
[31] Tra le altre, Tribunale di Torino 8 novembre
[32] In tal senso si vedano i
riferimenti sub. nota 20 e da ultimo Tribunale di Verbania del 23 aprile
[33] Così Rodolfi M.,in La cattiva esecuzione delle prestazioni
promesse crea il diritto all’indennizzo del danno morale, op.cit. La norma
di riferimento è, in tema di durata eccessiva del processo, l’art. 2 della legge
89/2001 (c.d. Legge Pinto) che stabilisce il diritto ad un’equa riparazione per
chi abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa della
violazione dell’art. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, in relazione al mancato
rispetto del termine ragionevole dei processi nazionali. Riguardo al trattamento dei dati personali la legge
675/1996 al comma 9 dell’art. 29, prevede la risarcibilità del danno non
patrimoniale subìto in occasione del trattamento dei propri dati personali,
infine, nell’ipotesi di discriminazione il soggetto leso ai sensi dell’art.42.
della legge 40/98, può ottenere con ricorso al giudice civile un provvedimento,
anche in via d’urgenza, che ordini la cessazione della discriminazione e ne
rimuova gli effetti, e disponga il risarcimento dei danni, sia patrimoniali sia
non patrimoniali.
[34] Per tutti De Cupis, Il danno, Giuffrè, Milano, 1979, p.133 e ss.
[35] Sul punto Bonilini, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983, p.228 e ss, secondo cui il
fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento
andrebbe ricercato, non nell’art. 2059 c.c. la cui applicazione è limitata
all’illecito aquiliano, in sede di
interpretazione delle norme in tema di responsabilità contrattuale.
[36] Ci si riferisce alla più volte
citata decisione del 12 marzo 2002
Causa-168/00 della Corte di Giustizia Europea, che in sede di interpretazione
della Direttiva 90/314 Cee, in tema di “viaggi
tutto compreso”, ha affermato il diritto del consumatore ad ottenere il
risarcimento del danno morale conseguente all’inadempimento od alla cattiva
esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto.
Si tratta di una decisione che potrebbe avere effetti
dirompenti negli Stati membri della U.E. di tradizione civilista, nella
auspicata prospettiva di una uniformità del diritto contrattuale europeo, ed in
particolare del settore della responsabilità civile da inadempimento, settore
in cui, ancora oggi, permangono vistose e sensibili differenze tra i vari
ordinamenti, cfr. Sesta L., Danno da vacanza rovinata e danno morale
contrattuale, cit.
[37] Sul tema si veda
in particolare nella collana Enciclopedia diretta da Cendon P. il recente volume di Liberati A., Il
danno non patrimoniale da inadempimento, Cedam, Padova 2004.
[38] Sul punto si è osservato che : “se il contratto
prevede prestazioni di carattere patrimoniale, ciò non toglie che esso possa
interferire con momenti della vita del contraente che assumono significato in
termini non patrimoniali. In altre parole, l’interesse del creditore stipulante
può essere anche di natura non patrimoniale ai sensi dell’art. 1174 c.c. , e
tale circostanza può rilevare anche in sede di risarcimento del danno, a
determinate condizioni”, op.ult.
cit. p.83.
Nello stesso senso, forse auspicandone una rilettura
costituzionalmente orientata, altra dottrina individua nell’art. 1174 c.c il
possibile fondamento normativo alla generale ammissibilità del danno non
patrimoniale da inadempimento. Si sottolinea come tale norma, facendo
riferimento all’interesse non patrimoniale del creditore, indichi che la
mancata corrispondenza tra il comportamento tenuto dal debitore e quanto voluto
dal creditore, può avere in talune ipotesi ripercussioni sulla vita di
quest’ultimo non suscettibili di valutazione economica, cfr. Bilotta F.“Inadempimento contrattuale e danno
esistenziale”, in Giurisprudenza
italiana 2001, c. 1159-1163.
[39] Si tratta, come osservato, di un danno che può
variamente consistere: nella “delusione
da parte del consumatore per le aspettative tradite”, nella “somma delle tensioni e degli stress
accumulati durante il periodo di vacanza conseguenti al mancato riposo stante la necessità di intraprendere
continui reclami per i disservizi
derivanti dalle omissioni delle società interessate”, nella “compromissione del godimento di quel clima
di relax e serenità lecito attendersi dalla vacanza”, ovvero infine in “un
pregiudizio psichico ed alla vita di relazione” (cfr. Giudice di Pace di
Roma 12 maggio 2003 n. 21552, cit.).
Data di pubblicazione: 18 settembre
2006.