Home page

Vol. IV/2006

 

Casella di testo:  Rivista di Diritto dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente
	                                                                         
	                                                                                     «GIURETA», IV/2006
 

 

 

 

 

 


Le imprese di trasporto aereo nell’ordinamento dei servizi aerei*

 

Guido Camarda**

 

1. Il titolo di questo scritto imporrebbe di limitare la trattazione alle imprese di trasporto aereo (di passeggeri[1], posta o merci) e non a tutte le imprese che operano voli con finalità diverse ed in particolare alle imprese di lavoro aereo[2]. Nella parte finale accennerò, tuttavia, anche a queste ultime perché il codice della navigazione le richiama agli artt. 789-790, con specifico riferimento alle licenze d’esercizio, e perché, in definitiva, alcune problematiche si presentano con un denominatore comune.

Non mi soffermerò molto sulla natura giuridica delle imprese di trasporto aereo per non estendere eccessivamente la trattazione e con la “formale” giustificazione che si tratta di argomento inquadrabile nell’ambito della teoria generale del diritto commerciale.

Il regime organizzatorio preso in esame, in correlazione anche lessicale con i regolamenti comunitari che qui maggiormente rilevano, non sarà quello della impresa di navigazione nel senso tipicamente navigazionistico del termine, cioè in un’accezione riguardante l’esercizio nautico, secondo i tradizionali inquadramenti sistematici più noti e studiati nel campo del diritto marittimo. Aggiungo, per inciso (e sulla base degli artt. 874 e segg. cod. nav.), che il medesimo inquadramento sistematico d’ordine generale, cui ho fatto cenno, riguarda anche il settore aeronautico, malgrado, per ragioni evidenti, il legame giuridico tra un determinato aeromobile ed un determinato equipaggio risulti molto più attenuato rispetto all’analogo legame tra la nave ed il suo equipaggio[3].

Ciò non contrasta con il fatto che l’attività economica del trasporto (se coesistente) si compenetra necessariamente con le peculiarità dell’esercizio, imponendo, ove occorra, una correlata opera di armonizzazione giuridica.

Fatta questa premessa, mi riferirò essenzialmente alla definizione d’impresa contenuta nel regolamento comunitario n. 2407 del 1992, all’art. 2 lett. a (“qualsiasi persona fisica o giuridica” che agisca, “con o senza fini di lucro, …”) rilevandone l’assonanza con la ben nota definizione d’imprenditore di cui all’art. 2082 cod. civ. (“è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”). Nell’una e nell’altra definizione la finalità di lucro non è indicata come elemento necessario, mentre il carattere economico dell’attività di trasporto aereo (letteralmente il carattere oneroso del trasporto[4]) è previsto, più specificamente, in relazione alla licenza d’esercizio (art. 2 lett. c reg. cit). In altre parole, e com’è stato più volte affermato[5], la qualificazione d’imprenditore deve compiersi in base all’attività svolta, da valutare secondo gli ordinari criteri, che fanno riferimento al tipo di organizzazione e di economicità della gestione, a prescindere dall’esistenza di un vero e proprio fine lucrativo.

Come s’è ulteriormente precisato anche in giurisprudenza[6], l’art. 2195 cod. civ. tendendo semplicemente ad individuare le imprese soggette all’obbligo di registrazione, non ha alcun intento definitorio, talché le imprese indicate con i numeri 3, 4 e 5 di tale norma non si differenziano sostanzialmente da quelle fondamentali di carattere industriale e commerciale, indicate rispettivamente con i numeri 1 e 2, i quali, per latitudine di enunciazione, praticamente esauriscono l’ambito della nozione di imprenditore delineata dall’art. 2082 cod. civ. La menzione a parte si giustifica soltanto per l’importanza dei rispettivi settori economici.

Si vuole, però, porre in evidenza che tutto questo non esclude che alcune specificità dell’impresa di trasporto aereo e la penetrante disciplina di diritto comunitario nel settore possano creare, in qualche caso, conflitti con norme nazionali riguardanti le imprese in genere (con conseguente disapplicazione di queste ultime norme, in osservanza del principio del primato del diritto comunitario stesso).

In certi casi, la norma statale d’ordine generale, pur risultando costituzionalmente legittima, può indurre a conclusioni opposte se integralmente applicata alle imprese di trasporto aereo; penso, con un’esemplificazione astratta, alla materia fiscale[7]. A volte, però, non è il diritto nazionale ma proprio il diritto comunitario generale a rivelarsi insufficiente per la protezione delle imprese comunitarie di trasporto aereo con la necessità di una specifica normativa. Si pensi, ad esempio, al reg. com. n. 868/2004 contenente misure di reazione contro pratiche sleali da parte di Paesi non membri della Comunità.

 

2. Ulteriori considerazioni possono formularsi muovendo dal presupposto che le imprese di trasporto aereo svolgono, nella maggior parte dei casi, un pubblico servizio che giustifica alcuni adattamenti ed “eccezioni” alla pura regola della libera concorrenza; eccezioni che richiamano il principio di cooperazione (con una certa coincidenza d’interessi commerciali e pubblici) e che derivano direttamente dalle norme comunitarie o sono rese possibili da tali norme attraverso l’intervento, caso per caso, della Commissione (code sharing, sistema unico di prenotazione, etc[8]).

Si pongono limiti di compatibilità rispetto alla disciplina statale e comunitaria delle imprese in genere in tema di concorrenza; limiti che diventano più rilevanti nelle ipotesi di essenzialità del servizio pubblico. E ciò non può non riflettersi sul sistema programmatorio, sui controlli, sulle ispezioni e sulle sanzioni.

Ritengo appropriata, anche alla luce di ciò, l’espressione usata da uno studioso a proposito delle imprese di trasporto aereo, definite “a regime di concorrenza controllata”[9] o l’analoga espressione di “libertà regolata” che si legge in altra dottrina[10]. Nella pratica, la necessità del permanere (anzi, del rafforzarsi) dei controlli - a seguito della scomparsa del concetto di compagnie di bandiera e comunque del sistema concessorio o “paraconcessorio” (almeno ed in generale, per i voli comunitari) - ha reso più difficile l’attività dell’Ente controllante.

 

3. Fatte queste premesse, è da ritenersi più efficace un metodo espositivo che tendenzialmente segua la progressione dei pertinenti articoli del codice della navigazione, perché, dopo la riforma di cui ai decreti legislativi n. 96 del 2005 e 151 del 2006, l’impianto codicistico indica espressamente il collegamento sistematico pluriordinamentale (talora con espressa citazione dei singoli corpi normativi internazionali o comunitari) per operare un rinvio o per dichiarare che, sui vari punti in argomento, l’articolato nazionale è conforme.

La norma nazionale, quando il rinvio non sia puro e semplice, assume sempre più una mera funzione d’integrazione; il che vincola più strettamente l’interprete al perseguimento ed alla scelta di risultati ermeneutici in coerenza con le fonti degli ordinamenti superiori.

Quanto ai rinvii, ritengo che ad essi debba attribuirsi logicamente una caratterizzazione “dinamica”. La qualificazione “statica”, infatti, potrebbe creare frequentemente nuovi problemi di adeguamento e armonizzazione da parte del legislatore nazionale ad ogni modifica o cambiamento di normative internazionali (si pensi all’annesso 6 alla Convenzione di Chicago del 1944 ed ai documenti in corso di elaborazione in sede ICAO[11]) o ad ogni modifica di regolamenti comunitari. A quest’ultimo proposito, il riferimento principale (e di particolare pertinenza) è costituito dalla proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio in corso di presentazione da parte della Commissione con il titolo “norme comuni per la prestazione di servizi di trasporto aereo nella Comunità” [12]. Il testo rivede, integra ed unifica i tre regolamenti comunitari del “terzo pacchetto”.

L’indagine, muovendo ancora dalla fonte statale, dovrà tener conto (sia pure, molto brevemente) anche del quarto livello ordinamentale (cioè quello regionale), che sull’argomento ha incidenza soprattutto in materia di oneri di servizio pubblico (art. 782 cod. nav.). Non trova significativa esplicazione sotto altri profili (tutela della concorrenza, sicurezza, diritti dei consumatori…) che la Costituzione vigente (art. 117) riserva alla legislazione esclusiva dello Stato.

 

4. La normativa codicistica oggetto di più diretto esame comprende gli articoli da 776 a 790, cioè, come già precisato, la disciplina dei servizi aerei di trasporto, sia comunitari che extracomunitari, (ed il lavoro aereo per conto terzi). La distinzione di regime trova fondamentale giustificazione nella riserva di cabotaggio (art. 786): “i servizi di trasporto aereo tra aeroporti nazionali, di linea e non di linea, sono in ogni caso riservati a vettori muniti di licenza comunitaria. I servizi di trasporto aereo tra aeroporti nazionali, in continuazione da o per aeroporti extracomunitari, sono riservati a vettori muniti di licenza comunitaria, salvo che diversamente sia stabilito in convenzioni internazionali”.

In relazione al testo base della riforma (d.P.R. n. 96 del 2005), il decreto legislativo n.151 del 15 marzo 2006 contiene - per le norme che qui rilevano - varie modifiche, alcune delle quali hanno un’importanza non trascurabile, mentre altre si riducono a meri aggiustamenti lessicali.

L’attuale testo consolidato conferma, anche per le imprese di trasporto aereo (oltre che per i gestori aeroportuali), una tendenza ad una maggiore “responsabilizzazione” dell’operatore privato, attraverso l’ampliamento delle competenze (ad esempio, con riferimento all’iter tecnico-burocratico preparatorio al volo), ma ciò non può certo condurre ad un’affrettata e generalizzata conclusione circa una sorta di simmetrica deresponsabilizzazione dell’ENAC ed in particolare dei suoi organi periferici presso gli aeroporti. La specificazione di ruoli del “privato” (gestore aeroportuale, impresa di trasporto aereo, etc.) sotto il profilo pubblicistico[13] - in un’ottica di rafforzamento della cooperazione - non esclude a priori (ove caso per caso ricorrano anche in via concorrente i presupposti) che tale Ente sovraordinato possa essere soggetto a censure, quanto meno sulla base del regime generale contenuto nell’attuale riformulazione degli articoli della parte aeronautica del codice della navigazione[14].

Mi limito a richiamare (anche se potrebbe essere superfluo) il potere e dovere di vigilanza e controllo nel settore dell’aviazione civile - sottolineato, in via generale, dal citato art. 687 - e, in particolare, le funzioni di polizia e vigilanza negli aeroporti ex art. 718. Il potere di vigilanza si estende espressamente alla “fornitura dei servizi forniti dalla società ENAV”, sino a prevedere anche un’attività di “impulso”, “coordinamento” e “supervisione su tutti i “soggetti pubblici operanti negli aeroporti”, sia pur facendo salve le competenze delle forze di polizia (quest’ultimo inciso avrebbe richiesto però maggiori precisazioni).

Richiamo ancora e parallelamente l’art. 792, attributivo, ancora in capo all’ENAC, del potere di polizia e vigilanza della navigazione aerea. La sussistenza di poteri pubblicistici in capo ai controllori del traffico relativamente alla circolazione aerea[15], avrebbe imposto sul punto maggiori precisazioni nell’ambito del testo codicistico riformato, indipendentemente dall’attuale dipendenza dei controllori stessi da un Ente a struttura formalmente societaria (l’osservazione non riguarda soltanto i notam di cui all’annesso ICAO n. 15).

Ed infine, esprimo l’opinione che la perdita da parte dell’ENAC di alcune competenze di routine, a carattere esecutivo o meglio operativo (fatto sempre salvo il potere di vigilanza e controllo cui s’è fatto cenno), potrà avere un risvolto più positivo se l’Ente affiancherà all’attività di completamento, armonizzazione e continuo aggiornamento della normazione, una vera e propria crescente attività costituita da raccomandazioni (o, se si vuole, di soft law), specie nel settore della sicurezza, da incentivazioni, per il perseguimento di obiettivi generali di comune interesse per l’intero settore aeronautico, da mediazioni e da c.d. moral suasion. La centralità ed il carattere generalista del ruolo dell’ENAC, chiaramente riconosciuto dalla riforma, ne risulterebbero rafforzati.

Da tutto ciò anche le imprese di trasporto aereo che si ispirino a criteri di correttezza non potranno che trarre beneficio.

 

5. Ritornando all’argomento principale di questo scritto, ritengo che, tra i vari profili, assumono una posizione prioritaria quelli cui fa riferimento l’art. 778 cod. nav. (e le successive norme che vi si connettono). Mi riferisco, in particolare, alla licenza d’esercizio il cui rilascio e mantenimento costituisce l’elemento basilare per l’operatività dell’impresa di trasporto aereo. Puntualmente il legislatore nazionale richiama in modo espresso il regolamento comunitario 2407/92 insieme al regolamento comunitario n. 785 del 2004 in materia assicurativa (di quest’ultimo regolamento non mi occuperò in questo scritto perché la complessità della materia richiederebbe una trattazione a parte[16]).

Va da sé che il tema della licenza d’esercizio, che comprende quale presupposto (non unico, però) il COA, non esaurisce l’intero argomento, dal momento che l’effettivo esercizio dell’attività di trasporto aereo è subordinato al riconoscimento dei diritti di traffico (artt. 781 e 788; reg. com. 2408 e successive modificazioni)[17]- inteso come diritto del vettore di trasportare passeggeri, merci e posta - e, ancora più concretamente, all’assegnazione degli slots[18]. Ed ancora, non risultano, di certo, marginali le questioni relative agli oneri di servizio pubblico e quelle sui comportamenti delle imprese in merito all’osservanza dei limiti dettati dal reg. com. 2409/92 con riferimento alle tariffe, in merito alle quali rilevo semplicemente che esse non possono risultare estranee alle valutazioni finanziarie ai fini del mantenimento delle licenze d’esercizio[19].

E tuttavia, rinnovo il mio convincimento relativo alla centralità della licenza d’esercizio, essendo persuaso che una soddisfacente ed uniforme applicazione del relativo regime comunitario elimina, a monte, gran parte degli ulteriori problemi connessi con la successiva attività d’impresa. A tale profilo dedico, dunque, uno spazio maggiore nell’ambito dell’intero impianto di questo scritto, anche nella consapevolezza che la materia ha evidenti connotazioni riguardanti la sicurezza della navigazione. Non basta, infatti, affinare sempre più e far osservare norme sulla costruzione e manutenzione dell’aeromobile o sulla preparazione del personale, se rimane carente il momento, per così dire, dell’assemblaggio, cioè della contemporanea gestione di uomini e mezzi per il conseguimento di un risultato.

 

6. Il reg. com. 2407/92 definisce la licenza d’esercizio “un’abilitazione rilasciata dallo stato membro responsabile a un’impresa che consente di effettuare a titolo oneroso trasporti aerei di passeggeri, posta e/o merci, secondo le modalità indicate nell’abilitazione stessa”[20].

A sua volta, l’art. 778 cod. nav. prevede, quale requisito per il rilascio della licenza, che l’impresa abbia la sua principale caratterizzazione nell’attività di trasporto aereo (omettendo opportunamente la distinzione tra trasporto pubblico e non) da svolgersi “esclusivamente oppure in combinazione con qualsiasi altra attività commerciale che comporti l'esercizio oppure la riparazione o la manutenzione di aeromobili”[21].

Il certificato di operatore aereo (COA) è definito, invece, “un documento rilasciato a un’impresa o a un gruppo d’imprese dalle autorità competenti degli Stati membri in cui si dichiari che l’operatore ha la capacità professionale e l’organizzazione necessarie ad assicurare l’esercizio dei suoi aeromobili per le attività aeronautiche specificate nel documento stesso in condizioni di sicurezza[22]. (Condivido nella proposta di nuovo regolamento la modifica relativa alla soppressione della possibilità di rilascio del certificato oltre che ad una singola impresa anche ad un gruppo d’imprese. L’attuale formulazione indebolisce l’intento di personalizzare il certificato).

Gli atti amministrativi denominati dal reg. com. 2407/92 certificati di operatore aereo hanno natura giuridica ben diversa rispetto alla licenza d’esercizio e da ciò discendono conseguenze rilevanti.

L’inquadramento del COA nella categoria delle certificazioni non è frutto di una mera deduzione dal termine letterale usato nella normativa comunitaria in lingua italiana (l’espressione inglese, operator’s certificate, è etimologicamente analoga[23]). Tale espressione, peraltro, è rimasta immutata, insieme a quella di operating licence, nel nuovo testo di modifica del “terzo pacchetto”.

Non è la sede per intervenire ulteriormente sulle controverse opinioni circa la distinzione (nell’ambito del più ampio genus delle dichiarazioni) tra i certificati e gli attestati (i primi, secondo una tesi, deriverebbero dalla riproduzione di precedenti documenti, gli altri sarebbero conseguenti ad accertamenti). Mi limito soltanto a porre in evidenza che tutti gli atti in argomento, anche per la competenza generale dell’autorità da cui promanano e per le precise indicazioni del legislatore circa i contenuti, danno la certezza giuridica tipica dell’atto pubblico. Certificati ed attestati fanno fede sino a querela di falso, sia per gli aspetti ideologici che materiali, con le conseguenze civili e amministrative che rilevano (anche in sede giurisdizionale), a prescindere da qualunque profilo soggettivo di rilevanza penale (ad esempio, la presenza o mancanza del requisito del dolo)[24].

Nella specie, il rilascio del COA è la conseguenza di una mera constatazione obiettiva circa l’esistenza di un’organizzazione finalizzata al normale esercizio di aeromobili per determinate attività aeronautiche. L’accertamento della capacità professionale è privo di valutazioni soggettive (e dunque discrezionali d’ogni genere) da parte del soggetto che, con lo “speciale occhio” di cui è dotato per l’alta competenza tecnica, è in grado di “vedere” la sussistenza o insussistenza del requisito.

La constatazione della capacità professionale è un tutt’uno (anzi, è un aspetto) in ordine alla constatazione globale concernente l’organizzazione. In altre parole, l’accertamento non riguarda un’azienda ma un’impresa, secondo una fondamentale distinzione di particolare rilievo soprattutto sul piano giuridico e, nel caso specifico, non priva di riscontri normativi testuali. L’impresa è un quid non statico, ma dinamico, e pertanto, a mio avviso, anche l’accertamento va condotto (sia pure in via sperimentale) tenendo conto della constatazione dell’effettivo risultato, cioè del reale svolgimento di attività aeronautiche “compiute in condizione di sicurezza”, come precisa la vigente normativa comunitaria definendo il COA[25].

Ben opportunamente l’apposito regolamento ENAC, al quarto punto dell’art. 1, precisa che “Il certificato di operatore aereo non è trasferibile ad altro operatore” (il significato andrebbe chiarito con riferimento ai fenomeni di fusione e soprattutto d’incorporazione dell’impresa; in ogni caso s’è già notato che la proposta di nuovo regolamento, andando proprio su questa direzione, sopprime l’ipotesi di rilascio ad un gruppo d’imprese).

Queste osservazioni inducono a conclusioni operative di non poca rilevanza:

a) v’è la necessità di un’assoluta elencazione tassativa (minimale) di tutto ciò che l’accertatore deve verificare attraverso rilevazioni nell’arco di vari mesi riguardanti tra l’altro i programmi di addestramento[26] e di manutenzione.

Il rilascio del documento attesta non soltanto una constatazione avvenuta in modo globale (se fosse così, l’atto finale potrebbe essere qualificato da alcuni come un risultato dell’esercizio di discrezionalità tecnica[27]), ma l’avvenuta analitica constatazione circa l’esistenza di tutti quei requisiti previsti in Italia dal già citato regolamento ENAC[28]. Tale analitica constatazione deve sempre intendersi certificata anche in presenza di un rinvio ob relationem in ordine al dettaglio, in osservanza di vincoli internazionali e comunitari e tenuto conto che la qualifica di vettore aereo comunitario comporta di per sé sempre più forti esigenze di standardizzazione delle istruttorie nei vari Paesi[29].

Lo stesso regolamento, in tema di requisiti tecnici, richiama espressamente (e tra l’altro) i requisiti operativi stabiliti dal regolamento comunitario 2042/2003 (ora modificato dal reg. 707/2006)[30] e subordinatamente dalle Joint Aviation Authorities (JAR - OPS); richiama inoltre (ancora subordinatamente ed in via d’integrazione e raccordo), l’art. 5 del d.m. 18 giugno 1981, con riferimento ai commi uno e due dell’art. 9 del reg. com. 2407/92[31];

b) il mancato rilascio o il diniego di mantenimento della licenza di esercizio, fondati con l’insussistenza di un requisito coincidente con uno di quelli richiesti per il rilascio del COA, non potrà non produrre conseguenze circa il permanere dell’efficacia di quest’ultimo certificato, che comunque è suscettibile di rinnovo ogni biennio a seguito di nuovi accertamenti (il reg. ENAC aggiunge che “nel corso della validità del certificato, l’ENAC effettua l’attività di sorveglianza tramite interventi di audit ed ispezioni sia su base programmata che occasionale”). Ciò si ricava indirettamente anche dal tenore letterale dell’art. 4 dello stesso regolamento (“il COA può essere sospeso o revocato dall’ENAC quando l’operatore non è in grado di dimostrare o l’ENAC rilevi che l’operatore non è in grado di assicurare la rispondenza dei requisiti del presente regolamento”);

c) il diniego del rilascio di un COA, che sia motivato con mere valutazioni tecnico - discrezionali e dunque soggettive (e per ciò stesso al di là della sussistenza o insussistenza oggettiva dei requisiti di cui al regolamento citato in nota e di tutti gli altri principi e regole generali e speciali in materia di sicurezza), potrebbe far prospettare ipotesi di inadempimento di atto dovuto;

d) il carattere strettamente vincolante dell’attività prodromica alla certificazione o di quella finalizzata alla cessazione dell’efficacia del certificato stesso rende più agevole l’eventuale indagine (in particolare in sede giurisdizionale), sia sulla validità del COA o dell’atto che ne fa cessare l’efficacia, sia sulle responsabilità. Il tutto a garanzia di una maggiore certezza dei risultati a vantaggio di tutte le parti, pubbliche e private, che siano interessate.

 

7. Mi soffermo ora sulla tematica delle licenze d’esercizio, iniziando dal porre in evidenza l’importanza della modifica contenuta nella recente proposta di regolamento relativo al “terzo pacchetto”. Scompare il riferimento allo Stato membro quale unico competente all’emanazione del provvedimento e più genericamente si introduce l’espressione di autorità competente. V’è l’intento dichiarato di non precludere, in prospettiva, il trasferimento della materia direttamente all’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Soluzione che mi sembra preferibile[32] se si vuole raggiungere efficacemente l’obiettivo di una completa standardizzazione normativa e di uniformità nell’applicazione.

Le strutture organizzatorie esistenti (in Italia, l’ENAC) potrebbero continuare in concreto ad esercitare la medesima attività (istruttoria, di emanazione degli atti finali, di vigilanza e controllo, di ispezione, sanzionatoria) ma ciò avverrebbe attraverso forme di trasferimento (non definitivo) di funzioni nel loro concreto esercizio, ferma restando la titolarità dell’EASA. Propenderei per rapporti assimilabili, non tanto alla delega tecnicamente intesa, ma al c.d. avvalimento (più volte esperimentato nel nostro Paese[33]) con i successivi strumenti di accettazione, da predisporsi da parte dei singoli ordinamenti statali, a misura in cui siano necessari. A seguito della relazione funzionale, atti e attività dei soggetti inseriti nella struttura organizzatoria dell’Ente nazionale di cui ci si avvalesse, oltre che l’imputazione dell’atto stesso, verrebbero attribuite, in modo non mediato, all’organismo comunitario, che potrebbe così esercitare i normali poteri amministrativi derivanti dalla sovraordinazione. Ciò sia con riguardo all’atto stesso, sia con riguardo al modo di esplicarsi dell’iter amministrativo (mediante emanazioni di circolari, etc.), sia in ordine al regime uniforme delle eventuali responsabilità dei singoli funzionari, i quali, proprio per le caratteristiche dell’avvalimento, sarebbero soggetti, limitatamente all’esercizio di tali competenze, al regime applicabile ai funzionari comunitari per le eventuali responsabilità amministrative.

Allo stato attuale, comunque, la normativa comunitaria preserva già da una sorta di shopping, cioè dalla ricerca di uno Stato in cui si ritenga che i criteri di applicazione delle normative siano più blandi[34]. È prescritto infatti che unico competente sia lo Stato in cui l’impresa abbia il suo principale centro d’attività[35] e, se esiste, la propria sede sociale. Tale normativa, però, non preserva dal pericolo di disparità di trattamento: in alcuni Paesi manca una normativa nazionale d’integrazione (o meglio di chiarificazione obiettiva del dettaglio), sicché gli interessati hanno come unica fonte il regolamento comunitario anche nelle parti in cui esso è generico o non abbia un significato univoco; in altri (ad esempio Francia) sono state emanate circolari a supporto e si prevede (a maggiore garanzia di obiettività e nello spirito della cooperazione) che ai procedimenti amministrativi che qui rilevano partecipino, in sede collegiale, rappresentanti delle imprese e delle parti sociali. In particolare, risultano differenti i criteri con i quali vengono valutati i bilanci e le altre carte contabili di cui all’elenco allegato al reg. 2407/92.

Devo precisare però che l’opportunità di un vero è proprio intervento integrativo da parte dei singoli Stati non è auspicato in modo unanime; viene osservato che la regola nazionale d’integrazione rischia in realtà di entrare in contrasto con il regolamento comunitario, che in linea generale (e nella sua sostanziale differenza con la direttiva), è caratterizzato dall’intento di creare una disciplina con un alto grado di omogeneità per tutto il territorio comunitario[36]. A sua volta, può obiettarsi che, sino a quando anche sul piano amministrativo la materia passerà nelle normali competenze degli organi comunitari, le regole di chiarificazione e di mera esecuzione e coordinamento con i singoli sistemi amministrativi statali sono da preferirsi alle incertezze e lacune di dettaglio, pur con ogni impegno per evitare i pericoli più sopra prospettati. In questo senso, l’argomento verrà da me ripreso più avanti.

 

8. La c.d. licenza (termine dal significato non univoco anche nel diritto interno) è in realtà un’abilitazione, come puntualmente definita dal reg. 2407/92, categoria notoriamente diversa dalle autorizzazioni, caratterizzate da un più ampio e diverso margine di discrezionalità. La precisazione, ovviamente, non viene qui compiuta con funzione didascalica ma con la finalità (molto concreta!) di porre in risalto le possibili configurazioni del vizio di eccesso di potere (nella specie, di complessa individuazione) sia nei provvedimenti di rilascio o rinnovo della licenza, sia in quelli di diniego.

La natura provvedimentale della licenza d’esercizio, pur comportando per la P.A. un potere discrezionale, non ne consente l’attuazione in modo pieno. La discrezionalità (proprio perché le valutazioni d’interesse pubblico generale sono state già compiute a monte, nel quadro della liberalizzazione del servizio aereo) è soltanto tecnica. Sul punto richiamo la fondamentale differenza rispetto alla natura giuridica del COA, con le conseguenze (anch’esse non meramente teoriche) che ho avuto occasione di sottolineare.

Peraltro, una verifica circa la correttezza delle valutazioni tecniche operate dall’Amministrazione, ai fini della validità del provvedimento, trova uno strumento di pratica attuazione nella legge n. 205 del 2000 che riconosce al giudice amministrativo il potere di disporre consulenza tecnica; il che è particolarmente rilevante sotto il profilo delle analisi finanziarie, il cui esito dovrebbe avere sempre un notevole peso ai fini del rilascio o del diniego o della revoca della licenza d’esercizio.

La consulenza tecnica potrebbe rivelarsi molto utile sotto il profilo dell’effettività del controllo societario che l’art. 778 cod. nav. riconduce sinteticamente alla partecipazione societaria di maggioranza da parte di uno Stato membro dell’U.E. o di cittadini di Stati membri dell’U.E., mentre molto più analiticamente il reg. 2407 (espressamente citato, con rinvio, dalla norma nazionale) aggiunge e chiarisce (giova richiamarlo) che per “controllo effettivo” deve intendersi “un complesso di diritti, rapporti contrattuali e ogni altro mezzo che separatamente o congiuntamente, e tenendo presenti le circostanze di fatto o di diritto del singolo caso, conferiscono la possibilità di esercitare direttamente o indirettamente un’influenza determinante su un’impresa, per mezzo segnatamente: a) del diritto di utilizzare in tutto o in parte il patrimonio di un’impresa; b) dei diritti o dei contratti che conferiscono un’influenza determinante sulle composizioni, sulle votazioni o sulle deliberazioni degli organi di un’impresa oppure conferiscono un’influenza determinante sulla gestione dell’attività dell’impresa”[37].

Più agevole, anche in un’eventuale sede giurisdizionale, è la verifica documentale di altri requisiti: non richiedendosi alcuna valutazione di discrezionalità tecnica potrebbero configurarsi solo ipotesi di violazione di legge e non di eccesso di potere. Esemplificativamente, mi riferisco alle coperture assicurative disciplinate analiticamente dal regolamento comunitario n. 785/2004, richiamato dall’art. 778 cod. nav. e ora dal progetto di modifica del reg. 2407/92, ove sul punto viene ad integrare l’attuale formulazione dell’art. 7, il cui contenuto in sé attualmente è molto generico.

 

9. Una notazione particolare richiede l’art. 6 relativamente alle prove (con riferimento alle persone che gestiscono l’attività d’impresa effettivamente e in modo continuato) circa la moralità e l’assenza di dichiarazione di fallimento[38]. La proposta di modifica più volte richiamata avrebbe potuto costituire una buona occasione per includere la prova di onorabilità (l’espressione è contenuta proprio nella rubrica dell’art. 7 della proposta stessa) tra i presupposti obbligatori in tutti gli Stati competenti a rilasciare la licenza d’esercizio. Ed invece s’è preferito, anche nel nuovo testo, lasciare agli enti nazionali preposti tale margine di scelta. La scelta mi lascia perplesso per evidenti motivi, tanto più che la medesima norma consente di accettare come prova anche una semplice “dichiarazione solenne”, se lo Stato competente non rilascia dichiarazioni in tal senso.

Di contro, occorre ammettere che la prova di moralità ha indubbiamente un contenuto troppo vago. Per rendere la prova di onorabilità comprensibile nel contesto delle finalità della normativa, eliminando pericoli di arbitrarietà, il relativo contenuto va collegato, anzi va riferito, all’ambito delle capacità professionali (concetto più ampio dell’abilità tecnica), quale necessario presupposto per il rilascio della licenza. In ogni caso valutazioni decisive fondate su tale profili richiedono puntuale motivazione.

 

10. Le condizioni finanziarie per il rilascio ed il mantenimento di un licenza d’esercizio costituiscono - ho più volte rilevato - la problematica più complessa e di più difficile applicazione[39].

Ritengo che proprio in questo campo si siano manifestate, nei vari Stati della Comunità, le maggiori divergenze nell’applicazione della normativa, determinando, come riconosce espressamente la Commissione[40], distorsioni nella concorrenza (altre disomogeneità, con conseguenze analoghe, vengono individuate, da parte dell’organo comunitario, nelle frequenti discriminazioni che alcuni Paesi membri operano nei collegamenti con i Paesi terzi, nelle modalità di ricorso al wet lease, nella scarsa trasparenza delle tariffe). Viene inoltre osservato che il proseguimento dell’attività di trasporto da parte di vettori finanziari poco solidi implica rischi per la sicurezza, che vanno ad aggravare i rischi finanziari cui sono esposti i clienti in caso di fallimento di una compagnia aerea.

Aggiungo che tali situazioni di precarietà finanziaria, anche quando non si perviene alla situazione d’insolvenza giudizialmente dichiarata, sono la causa principale di ritardi, cancellazioni dei voli (con motivazioni almeno discutibili), etc. e di altri inadempimenti o inesatti adempimenti gravemente pregiudizievoli per l’utenza ed in definitiva per le economie nazionali.

Da ciò la necessità che gli Stati membri attuino (anche sotto il profilo finanziario) una vigilanza più rigorosa e la previsione che, nell’inerzia degli Stati, possa intervenire la Commissione con poteri di sospensione o revoca della licenza d’esercizio, come prevede la proposta di modifica del “terzo pacchetto”[41].

Sia pure a regime vigente, non può obiettivamente affermarsi che la normativa comunitaria non dia, agli enti competenti per il rilascio della licenza, tutta una serie di indicazioni obbligatorie circa le informazioni finanziarie da chiedere agli interessati. E perdippiù, l’elenco allegato al regolamento comunitario 2407/92 (riguardante, separatamente, anche le ipotesi di persistenza dell’idoneità finanziaria in caso di modifica di strutture o attività con significative ripercussioni finanziarie o le analoghe ipotesi in caso di istruttorie per il mantenimento della licenza) non ha, secondo la mia opinione, carattere esaustivo, nel senso che la competente amministrazione, per un corretto esercizio del suo potere di discrezionalità tecnica, potrà chiedere all’impresa ogni altro documento ed informazione che ritenga necessari.

Se, per alcuni dati, tale esigenza d’integrazione si manifesti d’ordine generale, l’ENAC ricorrerà ad atti di autoregolazione (circolari, etc.) da rendere pubblici; tali atti, in via esemplificativa, potrebbero dare indicazioni sull’ulteriore documentazione a chiarimento, anche in relazione alla certificazione dei bilanci richiesti. Va rilevato però che il potere di autoregolazione è estensibile alle fasi del procedimento (ancora per esempio, prevedendo termini - ad integrazione di quello ex art. 13.2 del reg. 2407/92 - e priorità di fasi o prescrivendo l’anteriorità e pregiudizialità dell’esame giuridico finanziario rispetto a quello inerente gli aspetti operativi).

Peraltro, il primo comma dello stesso art. 13 dispone testualmente che “le procedure per il rilascio di una licenza d’esercizio sono rese pubbliche dallo Stato membro interessato e la Commissione ne viene informata” e, ben opportunamente, la nuova proposta della Commissione contiene analoga disposizione per i casi di sospensione e ritiro delle licenze.

Per comodità d’integrale consultazione, riproduco in nota l’elenco allegato al reg. com. 2407/92[42], rilevando che, sul punto, il nuovo allegato alla più volte richiamata proposta di modifica si limita ad elevare da due a tre anni i riferimenti del bilancio programmatico, compreso il conto “profitti e perdite”, e che analogo allungamento della proiezione riguarda le relazioni sui movimenti di cassa e piani di liquidità.

Da ciò deduco che, a parte il già formulato rilievo sulla possibilità di integrare ulteriormente gli elementi di valutazione, il problema di fondo non è tanto l’incremento della massa d’informazioni finanziarie, quanto quello della veridicità o comunque attendibilità dei dati e delle deduzioni conclusive delle relazioni presentate dalle imprese.

La questione riguarda dunque: a) i limiti, secondo la normativa vigente, del potere di verifica, ispezione (anche presso l’impresa) e controllo, direttamente da parte dell’ENAC o per incarico di tale Ente; b) un’adeguata capacità di valutazione analitica e sintetica dei dati con i più moderni criteri prospettati dalle discipline economico-aziendalistiche[43], tenendo conto, però, del contesto macroeconomico. Per limitarmi ad un esempio: il procedimento con il quale si perviene ai risultati aziendali nelle loro proiezioni, in sé considerato, potrà essere teoricamente corretto e potranno essere veri i dati di partenza che riguardino elementi interni all’impresa, quali capitale, etc., ma la previsione di sviluppo e di redditività della gestione dei servizi prospettati potrà ugualmente risultare errata per l’insufficienza o l’erroneità, tra l’altro, dei dati economici e demografici del territorio in cui s’intende operare e dunque del bacino d’utenza o, ancora, per l’omessa valutazione dell’incidenza di analoghe strutture e servizi nell’area o nelle aree prese in considerazione[44].

In merito a quanto alla precedente lett. a (limiti sul potere di verifica, ispezione e controllo, da parte dell’ENAC), l’indagine sull’analitica individuazione di tali limiti, a legislazione vigente, non può essere svolta in questa sede, per la complessità e delicatezza e per i conseguenti approfondimenti che richiederebbe. Si può però individuare la Guardia di Finanza come l’apparato più idoneo per gli accertamenti in forma indiretta.

Ove un generico richiamo al principio di leale collaborazione non fosse sufficiente, perché vi ostino precisi divieti di legge, si palesa l’opportunità di adeguate modifiche normative, pur nel massimo rispetto della tutela della riservatezza dei dati da acquisire.

La veridicità dei dati comunicati dall’impresa potrà essere vagliata anche con riscontri incrociati con le risultanze agli atti di altre Amministrazioni. In proposito valgono le osservazioni più sopra formulate.

Ritorno, ora, sull’esigenza di adeguate capacità di valutazione analitica e sintetica dei dati finanziari acquisiti. Premesso obiettivamente (e se mi è consentito) un giudizio positivo senza riserve sulle qualità delle risorse umane del nostro Ente aeronautico di maggiore rilevanza ed a competenza generale, sia sul piano tecnico che amministrativo, la questione che intendo prospettare è quella di porre le basi affinché - anche con l’iniziale ausilio di economisti aziendali, non generici ma specializzati per studi ed esperienze pratiche nel settore del trasporto aereo - si possa al più presto costituire uno specifico ruolo di “funzionari tecnici” muniti di titoli ed esperienze professionali adeguate, cui affidare le valutazioni finanziarie. (Ho notizia che la questione è parimenti avvertita anche in altri Paesi della Comunità).

Tutto ciò, anche al fine di accertare - senza ragionevoli dubbi e tenendo presenti gli obiettivi della normativa vigente e delle proposte di modifica - che l’impresa richiedente “può far fronte in qualsiasi momento ai suoi impegni effettivi e potenziali stabiliti in base a presupposti realistici per un periodo di ventiquattro mesi - nella proposta trentasei - a decorrere dall’inizio delle operazioni e può far fronte altresì ai costi fissi e operativi connessi con le operazioni secondo i suoi piani economici e determinati in base a presupposti realistici per un periodo di tre mesi dall’inizio delle operazioni e senza tener conto delle entrate derivanti da tali operazioni[45](art. 5 reg. com. 2407/92). La proposta di nuovo regolamento mantiene immutato l’onere per il richiedente d’indicare, con riferimento al piano economico, i “legami esistenti tra il richiedente e qualsiasi altra attività commerciale cui esso partecipi, sia direttamente che attraverso imprese associate”. Il piano dovrebbe riguardare, però, non più i primi due ma i primi tre anni d’attività.

I piani economici costituiscono uno dei pilastri nell’ambito dei profili finanziari delineati dal regolamento 2407/92[46]. Il progetto di modifica, però, ne diminuisce, per così dire, l’enfatizzazione quanto meno per ciò che riguarda la funzione sostitutiva (a certe condizioni) di alcune analitiche notificazioni (all’autorità competente per il mantenimento della licenza d’esercizio), con riguardo ai cambiamenti che possano influire significativamente sul complesso dell’assetto finanziario. Premesso che condivido la logica della modifica proposta, mi limito a trascrivere per una più puntuale e agevole comparazione nel dettaglio, anche nell’intero contesto di questo scritto, la norma comunitaria vigente (comma 3 dell’art. 5) e quella della proposta (comma cinque dell’art. 8).

Nel primo testo, si legge che “i vettori aerei notificano in anticipo[47] alle rispettive autorità abilitanti i programmi relativi a: attivazione di un nuovo servizio di linea o non di linea verso un continente o una regione del mondo che non erano precedentemente serviti; cambiamenti del tipo o numero di aeromobili utilizzati o mutamenti sostanziali della portata della loro attività. Essi notificano inoltre in anticipo eventuali fusioni o acquisizioni previste, e notificano entro quattordici giorni all’autorità che rilascia la licenza qualsiasi cambiamento di proprietà di una quota azionaria che rappresenti il 10 % o più del capitale complessivo del vettore aereo o della sua società madre o della società che in ultima istanza lo controlla. La presentazione di un piano economico di dodici mesi con un anticipo di due mesi rispetto al periodo a cui si riferisce costituisce una notifica sufficiente a norma del presente paragrafo ai fini dei cambiamenti delle operazioni in atto e/o degli elementi inclusi in detto piano economico”.

Nella proposta di modifica si legge invece che:

“I vettori aerei comunitari notificano all’Autorità competente per il rilascio delle licenze:

(a)    in anticipo mutamenti sostanziali della portata della loro attività;

(b)    in anticipo eventuali fusioni o acquisizioni previste, e

(c)    entro quattordici giorni qualsiasi cambiamento di proprietà di una quota azionaria che rappresenti il 10% o più del capitale complessivo del vettore aereo comunitario o della sua società madre o della società che in ultima istanza lo controlla”.

Una volta approvata la modifica dell’attuale regolamento, un nuovo piano economico nel suo complesso potrà semmai aiutare l’autorità a valutare la permanenza dei requisiti richiesti, ma non sostituirà l’obbligo di portare a conoscenza, separatamente e nel dettaglio, i dati ed i cambiamenti più sopra elencati, eliminando in radice pericoli di scarsa chiarezza o lacune nell’informazione.

Mi sembra che il nuovo testo proposto dia una sistemazione più razionale alla correlazione tra notifica dei singoli cambiamenti (espressamente indicati) riguardanti il profilo finanziario ed il piano economico (riveduto e relativo a dodici mesi dall’attuazione).

La presentazione del piano (giova forse ripeterlo) non avrebbe, in tali casi, funzione “alternativa”, ma (a livello di obbligo) semplicemente “eventuale” e cioè avverrebbe qualora l’autorità competente ritenesse che i fatti sopraggiunti possano avere “significative ripercussioni sulle finanze del vettore comunitario”.

Rimane invariato, invece, il termine di tre mesi (ex art. 5 comma 4 reg. in vigore) entro il quale l’Ente deve pronunciarsi sul piano economico riveduto, ma mi sembra evidente che tale termine resta sospeso per il periodo in cui il vettore aereo non risponde alla richiesta d’informazioni integrative[48].

 

11. V’è una forte connessione tra le valutazioni finanziarie e gli accertamenti relativi alla proprietà o alla semplice disponibilità di aeromobili ai fini del rilascio della licenza d’esercizio. Mi sembra evidente, in proposito, che la situazione patrimoniale riferita ai mezzi aeronautici abbia non trascurabile influenza sulle valutazioni finanziarie globali relative all’impresa.

Una disponibilità ottimale di aeromobili può rafforzare la credibilità dell’impresa richiedente ai fini dell’effettiva realizzazione dei piani di sviluppo e della puntuale esecuzione dei voli, anche se, di contro, non va trascurato il calcolo delle spese di manutenzione, nella misura in cui siano a carico dell’utilizzatore e, naturalmente, delle quote d’ammortamento e degli esborsi riguardanti i contratti di utilizzazione.

Sul punto l’art. 8 del reg. 2407 è carente laddove - dopo aver disposto che ai fini del rilascio della licenza d’esercizio non deve essere prescritta la proprietà d’aeromobili - lascia alle decisioni dei singoli Stati membri l’eventuale prescrizione di disponibilità degli aeromobili stessi.

Opportunamente la norma è stata modificata dalla proposta di nuovo regolamento, rendendo obbligatoria - in alternativa con la piena disponibilità a titolo di proprietà - almeno la disponibilità di uno o più aeromobili sulla base di un contratto di dry lease. Per il nostro Paese, comunque, l’osservazione non ha rilievo pratico perché la disponibilità di uno o più aeromobili è prevista espressamente dall’art. 778, terzo comma, cod. nav. V’è però da porre in evidenza che l’Amministrazione dovrà valutare se la semplice disponibilità riguardi un periodo di tempo ragionevolmente lungo[49].

La materia del leasing aeronautico, nel significato che nel settore ricomprende un’ampia tipologia di contratti, è strettamente connessa con la problematica della sicurezza e pertanto vanno condivise quelle norme che richiedono specifiche approvazioni dei contratti da parte delle autorità che hanno rilasciato le licenze[50]. Occorrerebbe, inoltre, l’imposizione di un obbligo di soddisfacente informazione nei confronti del passeggero con particolare riferimento al contratto di utilizzazione dell’aeromobile con equipaggio.

 

12. L’art. 13 del reg. 2407/92 sulla pubblicità relativa al rilascio della licenza d’esercizio, cui s’è fatto cenno, ha subito alcune modifiche di un certo rilievo contenute nell’art. 10 della proposta di nuovo regolamento. Premesso che viene confermato il termine di tre mesi entro il quale la competente autorità deve decidere motivando l’eventuale diniego[51], osservo che la formulazione della norma, anche nel nuovo progetto, non impone una motivazione in caso di accoglimento della richiesta. Sulla base dei principi generali del nostro ordinamento e tenuto conto che la mancanza di motivazione renderebbe poco efficace il controllo (anche) generalizzato, previsto tramite la pubblicità, è da ritenere che la motivazione sia necessaria anche in quest’ultimo caso.

Le modifiche proposte limitano ad una cadenza annuale la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell’elenco dei provvedimenti di rilascio, sospensione e ritiro delle licenze. La novità potrebbe apparire un passo indietro rispetto al regime vigente, che non mi sembra consenta un così lungo intervallo temporale.

Condivido, infine, la proposta di abrogazione dell’attuale terzo comma dell’art. 13 del reg. 2407/92, perché l’attuale formulazione crea un appesantimento dei meccanismi di tutela senza aumentarne, forse, l’efficacia, non prevedendo né potendo prevedere, allo stato attuale dell’intera sistemazione della materia, una sorta di ricorso che, solo concettualmente, potrebbe assimilarsi a quello “gerarchico improprio”, ben conosciuto nell’ambito del nostro ordinamento nazionale. A regime vigente, la competenza della Commissione è limitata alla semplice interpretazione del regolamento comunitario.

La proposta di modifica, dunque, nell’abrogare il comma da ultimo citato, rinvia sostanzialmente ai normali meccanismi di tutela giurisdizionale[52].

 

13. La tendenza del legislatore nazionale a riprodurre letteralmente, in più di una occasione, il linguaggio della normativa comunitaria (anziché limitarsi ad un rinvio o ad un’integrazione ove possibile) trova significativo esempio nel primo comma dell’art. 779 cod. nav. sul mantenimento della licenza d’esercizio. Il parallelismo riguarda l’art. 11 primo comma del regolamento 2407 e l’art. 8 della proposta della Commissione.

Il permanere della “validità” della licenza (usando anche qui la medesima espressione lessicale), -finché il vettore aereo comunitario soddisfa i requisiti tecnici, amministrativi, finanziari e assicurativi previsti dalla normativa in vigore - viene a costituire il riconoscimento di un diritto soggettivo. Ne consegue che la sospensione del titolo abilitante o la revoca non costituiscono atto di discrezionalità piena da parte della P.A. Forse più correttamente si sarebbe dovuto usare il termine decadenza, non vertendosi in materia di interessi pubblici generali liberamente valutabili dalla P.A., ma di un aggiornamento delle valutazioni afferenti soltanto alla discrezionalità tecnica, analogamente a ciò che avviene al momento del primo rilascio[53].

L’ultimo comma dell’art. 779 cod. nav., con una (soltanto parziale) analogia con l’ultimo comma dell’art. 777 cod. nav., impone che il servizio per il quale è stata rilasciata la licenza non può essere ceduto nemmeno in parte, senza il preventivo assenso dell’ENAC. Interpreto, in concreto, questa disposizione - non del tutto felice sul piano formale - come un obbligo per l’amministrazione di espletare, in capo allo “aspirante cessionario”, accertamenti del tutto simili a quelli che si devono compiere per un normale rilascio o mantenimento della licenza relativamente allo stesso tipo di servizio. L’esito favorevole dell’istruttoria determinerà il “preventivo assenso” da parte dell’ENAC.

Sul punto, la formulazione della norma comunitaria vigente non è modificata dalla proposta della Commissione e pertanto permane un carattere “permissivo” (rinvio a eventuale norma nazionale) che non condivido sotto il profilo della tutela dell’effettiva posizione di parità nella concorrenza e soprattutto della sicurezza.

La normativa cui mi riferisco, in realtà, riguarda tutti i casi di cambiamento di uno o più elementi che influiscono sulla situazione giuridica dell’impresa ed in particolare nel caso di fusioni o acquisizioni dell’impresa. Il legislatore nazionale usa, invece, l’espressione “cessione del servizio” che, sia consentito ripeterlo, non è di univoca interpretazione.

 

14. S’è avuta più volte occasione di porre in evidenza una sostanziale analogia e necessaria correlazione tra l’attività istruttoria dell’ENAC, prodromica, al rilascio della licenza d’esercizio, ed il successivo dovere di vigilanza, da parte dell’Ente, sull’attività del vettore aereo con la verifica dell’Ente stesso circa il possesso continuativo dei requisiti iniziali (v. art. 779 cod. nav. secondo comma). Il venir meno di uno dei requisiti o la sopraggiunta inadeguatezza può comportare in ogni momento la sospensione o la revoca della licenza. Il legislatore opportunamente distingue i casi in cui l’impresa in tempi ragionevoli può ritornare alla normalità da quelli in cui anche in prospettiva è da prevedere l’impossibilità della ripresa. Conseguenzialmente, non sembrerebbe logico sostenere che, sul piano procedimentale, ogni provvedimento di revoca debba essere preceduto dal provvedimento di sospensione, in realtà non necessario se la crisi, cioè il venir meno di uno o più requisiti, si palesa già inizialmente irreversibile[54].

Stante il tenore del secondo comma ora citato, si potrebbe addirittura ritenere pleonastico il successivo comma, ove letteralmente si dispone che “L’ENAC, un anno dopo il rilascio e successivamente ogni due anni[55] verifica la permanenza dei requisiti necessari per il rilascio della licenza” (con le conseguenze sanzionatorie cui ho fatto cenno). In realtà, l’obbligo continuo di vigilanza e verifica comporta una certa autonomia da parte dell’ente nella fase di attuazione, tenendo anche conto delle situazioni delle singole imprese aeree; ad esempio con riferimento a precedenti comportamenti non del tutto soddisfacenti, pur se non tali da far applicare le gravi sanzioni inibitorie dell’operatività, più volte citate.

Peraltro, la riforma estende il campo della vigilanza alla verifica sull’effettiva attuazione della carta dei servizi, che i vettori sono obbligati a redigere sulla base di un modello predisposto dall’ENAC. Anche in questo caso (e fatte salve altre sanzioni previste da altri corpi normativi, quale il recente decreto legislativo n. 206/2005), l’Ente vigilante può adottare misure sanzionatorie sino alla revoca della licenza d’esercizio.

Il riesame biennale imposto dal terzo comma è invece sistematico e capillare, prevedendo obbligatoriamente, quanto ai profili finanziari, l’acquisizione (ed un’autonoma valutazione secondo criteri di discrezionalità tecnica) dei documenti indicati nella lettera c dell’allegato al regolamento 2407/92. Vale, al riguardo, l’osservazione da me formulata in relazione all’istruttoria originaria per il rilascio, nel senso che l’elenco costituisce il minimo prescritto alle amministrazioni competenti in ogni Stato membro, ma non pregiudica il potere di tali amministrazioni di chiedere ulteriori chiarimenti con un supplemento di documentazione a sostegno. Analogamente, non si violerebbe di certo la normativa comunitaria se, ad esempio, una revisione generale dei requisiti o l’esibizione di una determinata documentazione fosse imposta a cadenze minori di quelle previste, obbligatoriamente o no, dalle norme comunitarie stesse.

In realtà, muovendo dal presupposto inderogabile, nel quadro del regime della comunità, che l’autorità nazionale deve vigilare e verificare la continuità di tutti i requisiti, una norma nazionale con il rango di legge o una disposizione dell’ente preposto che si mantenessero nell’ambito dei contenuti sopra indicati, non sarebbero altro che una semplice autoregolamentazione dell’adempimento dei suindicati doveri.

Quanto al diritto comunitario, un adempimento a scadenze più ravvicinate è già imposto a tutti i vettori aerei dal comma 6 dell’art. 5 del reg. 2407/92, con conseguente obbligo di esame - da parte delle Autorità nazionali - alle medesime più brevi scadenze. Si tratta dell’obbligo annuale di presentazione “senza indebito ritardo”[56] dei bilanci certificati relativi all’esercizio precedente.

Al riguardo, il progetto di modifica è più puntuale fissando in sei mesi la scadenza dell’obbligo di presentazione e aggiungendo che “Nel corso dei primi due anni di esercizio di un vettore aereo comunitario, i dati di cui al punto 3 dell’allegato 1 sono aggiornati e messi a disposizione dell’autorità competente per il rilascio delle licenze su base semestrale”[57].

Condivido quest’ultima modifica che non avrei limitato al primo biennio d’attività, perché situazioni di crisi possono manifestarsi in modo repentino anche in imprese di trasporto aereo con lunghi anni di esercizio.

E può cogliersi l’occasione per formulare una considerazione d’ordine generale: l’estrema delicatezza della materia dovrebbe sempre imporre sia al legislatore che all’amministrazione, per quanto di competenza, l’applicazione di un principio precauzionale in relazione non soltanto al settore della safety e della security[58] in senso stretto, ma a quello dell’interconnesso settore finanziario, specie quando l’imposizione di adempimenti più rigidi non ostacoli l’attività e lo sviluppo dell’impresa.

Aggiungo ancora, per inciso, che allo scopo d’impedire che in nessun caso la mancata tempestiva esecuzione del provvedimento di revoca o di sospensione della licenza d’esercizio possa venire a costituire un involontario pregiudizio per il passeggero, l’ultimo comma dell’art. 941 cod. nav. stabilisce che la disciplina del rapporto contrattuale contenuta nel codice (con rinvio dinamico anche alle norme convenzionali e comunitarie) si estende ai vettori non muniti di licenza d’esercizio.

La disposizione nazionale si conforma al campo d’applicazione della Convenzione di Montreal del 1999.

15. Ho già fatto cenno in termini generali alle rilevate carenze di poteri efficaci e diretti da parte della Commissione, allo stato attuale della disciplina comunitaria. Ciò ha condotto la Commissione stessa, ben opportunamente, a riscrivere, nella sua proposta di modifica al reg. 2407/92, l’intero testo dell’art. 14. Si legge nella nuova formulazione: “la Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 25, paragrafo 2 (della nuova numerazione) su richiesta di uno Stato membro, o di propria iniziativa, esamina l'osservanza delle prescrizioni di cui al presente capo e, se necessario, decide in merito alla sospensione o alla revoca di una licenza d'esercizio”.

La Commissione, dunque, da organo di semplice vigilanza generale diverrebbe anche organo concorrente di amministrazione attiva nei confronti dell’imprese, senza alcuna intermediazione da parte del competente organo nazionale. Quale mezzo al fine, il potere d’informazione - nel quale mi sembra debba includersi quello di chiedere documenti - non sarebbe più esercitato soltanto nei confronti degli Stati membri, ma in forma diretta anche nei confronti dei vettori cui la Commissione stessa potrà imporre precisi termini per l’adempimento. Verrebbe meno quella farraginosa e lunga (dunque intempestiva) procedura prevista dall’attuale formulazione della norma in vigore, che peraltro non è prodromica all’esercizio diretto di un efficace provvedimento sanzionatorio.

La proposta apporta, in proposito, una novità significativa che pone le eventuali basi per una futura amministrazione unificata nel settore con il conferimento della titolarità all’Agenzia europea per la sicurezza aerea che, ancora in ipotesi, potrebbe agire nel territorio comunitario avvalendosi degli organi nazionali attualmente competenti. Sul punto mi sono soffermato in uno dei paragrafi precedenti.

 

16. Per l’argomento di questo scritto, come da me delimitato con il dichiarato intento di privilegiare gli aspetti finanziari, gli artt. 784 e segg. cod. nav., sui servizi di trasporto aereo di linea extracomunitari, assumono, sotto quest’ultimo profilo, una peculiarità che merita una giusta attenzione. Tale peculiarità, com’è noto, deriva dal fatto che, anzitutto, non vige un regime di liberalizzazione ma un regime convenzionale tra gli Stati interessati, “fatte salve le competenze dell'Unione Europea in materia di stipulazione di convenzioni internazionali di scambio di diritti di traffico[59].

I vettori extracomunitari che espletano il servizio insieme ad alcuni vettori comunitari non possono essere destinatari, com’è evidente, del medesimo complesso di norme che riguarda questi ultimi vettori, soprattutto per quanto riguarda i requisiti amministrativi e finanziari. Sotto il mero profilo dei requisiti tecnici, il nuovo testo dell’art. 784 cod. nav. si limita a disporre che la competente “autorità per l'aviazione civile abbia un sistema regolamentare di certificazione e di sorveglianza tecnica per lo svolgimento dei servizi di trasporto aereo atto a garantire un livello di sicurezza conforme a quello previsto dalla Convenzione internazionale per l'aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944”[60].

Per il resto, è da ritenere che un accordo internazionale soddisfacente debba includere la previsione - anche per i vettori non comunitari -- di un minimo di requisiti finanziari verificabili direttamente dalla nostra autorità nazionale o indirettamente da parte dello Stato contraente. Ciò per la considerazione, più volte formulata, relativamente all’interconnessione tra “salute finanziaria” e sicurezza[61].

Quanto ai servizi di trasporto aereo extracomunitari non di linea e non disciplinati da accordi internazionali, il nostro legislatore, premette che tali servizi “sono consentiti, a condizione di reciprocità, ai vettori aerei titolari di licenza comunitaria e ai vettori dello Stato con il quale si svolge il traffico” e aggiunge che sull’espletamento di tali servizi l’ENAC ha un apposito potere regolamentare.

L’ENAC - prosegue l’art. 787 - può imporre ai vettori non muniti di licenza comunitaria “prescrizioni tecniche ed amministrative, ivi comprese quelle che riguardano la prevenzione degli attentati contro la sicurezza per l'aviazione civile”.

Mi limito ad osservare che la delicatezza della materia avrebbe forse consigliato un’espressione che sottolinei, in capo all’Ente, un vero e proprio dovere impositivo di prescrizioni, che in ogni caso includono, in via d’interpretazione, la prescrizione di requisiti (ed eventualmente garanzie) finanziarie anche a tutela dell’utenza.

La norma non manca di un’espressa (e logicamente consequenziale) previsione sanzionatoria: “qualora il vettore non soddisfi le prescrizioni di cui al secondo comma, l'ENAC può vietare l'accesso del vettore medesimo allo spazio aereo nazionale”.

 

17. L’art. 785 cod. nav. si occupa, a sua volta, dei vettori comunitari designati (dall’ENAC) a svolgere i trasporti extracomunitari ai quali il nostro Paese è direttamente interessato.

Il legislatore nazionale, oltre a prevedere, quale logico presupposto per la designazione, la licenza d‘esercizio rilasciata dal nostro Paese o da altro Paese della Comunità, richiede preliminarmente il possesso di “mezzi finanziari, tecnici e assicurativi sufficienti a garantire il regolare svolgimento dei collegamenti in condizioni di sicurezza e a salvaguardare il diritto alla mobilità del cittadino”. La salvaguardia del diritto alla mobilità, garantito in termini generali dall’art. 16 della Costituzione, costituisce un’aggiunta opportuna introdotta con il decreto legislativo n. 151 del 2006 rispetto alla precedente formulazione ex d. lgs. n. 96 del 2005.

È obbligo dell’interprete fare in modo, in sede applicativa, che l’intera norma non abbia valore pleonastico. Per evitarlo, occorre che (vi siano o meno più richiedenti) l’indagine preliminare sul possesso dei requisiti, non soltanto tecnici ma finanziari ed assicurativi, sia svolta con criteri che, se non più rigorosi, devono comunque tener conto del fatto che, nel territorio extracomunitario, potrebbe essere in vigore una normativa carente o più permissiva e per ciò stesso inidonea a costituire adeguata interfaccia ai fini di una soddisfacente collaborazione con la nostra autorità aeronautica.

Tutto ciò si rivela in ogni caso necessario perché l’utente non ha la possibilità di libera scelta del vettore tipica del regime comunitario interno. Si potrà contrarre soltanto con uno dei vettori designati e pertanto, senza il vaglio preliminare dell’Amministrazione, il diritto alla mobilità, nella sua pratica attuazione, è più a rischio anche sotto il profilo del puntuale adempimento delle prestazioni (cancellazione dei voli, ritardi, etc.).

In sintesi: ove non si ritenga di qualificare il rapporto tra ENAC e vettore designato un vero e proprio rapporto di concessione di servizio, il quadro giuridico presenta indubbiamente gli elementi per un’assimilazione a tale tipo di rapporto, come, tra l’altro, si evince dal secondo, terzo e quarto comma della norma in esame: “I rapporti fra l'ENAC e i vettori designati sono regolati da una convenzione, ove sono stabilite le condizioni di esercizio del servizio, nonché gli obblighi dei vettori medesimi.” - “La scelta dei vettori è effettuata dall'ENAC sulla base di criteri preventivamente stabiliti e resi pubblici e mediante procedure trasparenti e non discriminatorie.” -“I vettori designati non possono cedere, né in tutto né in parte, il servizio assunto senza la preventiva autorizzazione dell'ENAC, pena la decadenza dall'esercizio del servizio ceduto”(riporto in nota le altre due ipotesi di decadenza previste dall’art. 785)[62].

In queste fattispecie il principio della libera concorrenza assume una configurazione sui generis, nel senso che la parità di tutti i vettori muniti dei requisiti preliminari per essere scelti è garantita, come precisa la legge, da adeguate forme di pubblicità, dalla preventiva determinazione dei criteri, dalla trasparenza e non discriminatorietà dell’intero procedimento amministrativo.

L’ENAC esercita poteri discrezionali “pieni”, non ha una semplice discrezionalità “tecnica”. Il provvedimento finale (designazione del vettore) è una scelta in cui la preliminare valutazione dei requisiti richiesti ai partecipanti alla procedura di scelta dei o del vettore designato è seguita da una valutazione comparativa globale, il cui riferimento di base è costituito dall’interesse pubblico generale. Logica conseguenza è il potere di revoca della designazione che, comunque, il legislatore prevede espressamente insieme al potere di sospensione, limitandoli, però, ai casi di gravità del sopraggiunto interesse pubblico generale.

In tema di revoca, è di fondamentale rilevanza l’applicabilità della recente normativa (art. 14 della legge n. 15 del 2005 che aggiunge alla legge n. 241/90 l’art. 21 quinques) sul diritto ad un indennizzo nel caso di pregiudizio (da ritenersi ipotesi normale, ma non unica) ai danni dell’interessato. Un diritto al risarcimento integrale del danno, si configura ovviamente (e nell’eventuale concorso di tutti gli altri presupposti) solo in presenza di un’accertata illegittimità della revoca.

Ancora con riferimento al nuovo testo dell’art. 785 cod. nav. l’ultimo comma (vigilanza dell’ENAC sui vettori designati) potrebbe apparire superfluo, in considerazione dei più ampi poteri riconosciuti all’Ente nei commi precedenti 785. Comprendo, però, una sorta di preoccupazione di tipo didascalico da parte del legislatore in un contesto di profonde e talora repentine trasformazioni del sistema.

 

18. La struttura di questo scritto, nell’impossibilità di una trattazione più analitica di tutti gli argomenti riguardanti le imprese di trasporto aereo, ha visto privilegiare la problematica delle licenze di esercizio. Non si può però omettere completamente un richiamo ai diritti di traffico ed agli oneri di servizio pubblico, cui fa riferimento anche la riforma nell’ambito del titolo dedicato all’ordinamento dei servizi aerei con rinvio, per la disciplina di base, alla normativa comunitaria e soprattutto al reg. 2408/92.

Di contro ed a parte quanto precisato all’inizio, tralascio del tutto la questione delle tariffe e le relative proposte di modifica del reg. com. 2409/92, perché la materia, al di là di interconnessioni, esula dall’argomento come da me circoscritto[63].

Le modifiche al reg. 2408/92 proposte dalla Commissione riflettono, anche formalmente, lo stato attuale (in termini applicativi) dell’evoluzione del principio di liberalizzazione dei traffici aerei all’interno della Comunità. Infatti, se con la formulazione ancora vigente si subordina l’esercizio del diritto di traffico ad un “permesso” da parte degli Stati interessati, sia pure sottolineando l’obbligo del rilascio, di contro, nel nuovo testo, si legge semplicemente: “I vettori aerei comunitari hanno la facoltà di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della Comunità”.

“Gli Stati membri - continua il testo della proposta - si astengono dall'assoggettare l'esercizio dei diritti di traffico da parte di un vettore aereo comunitario a qualsivoglia permesso o autorizzazione. Se ha motivo di dubitare della validità della licenza d'esercizio rilasciata a un vettore aereo comunitario, uno Stato membro si rivolge all'autorità competente per il rilascio delle licenze. Gli Stati membri non chiedono ai vettori aerei comunitari di fornire alcun documento o informazione che questi ultimi abbiano già presentato all'autorità competente per il rilascio delle licenze”[64].

Ancora una volta osservo che un completo e reciproco riconoscimento, per così dire, automatico di atti e attività compiuti da altri Stati membri può avere effetti positivi solo attraverso una reale standardizzazione di ogni procedura di valutazione dei singoli operatori insieme, in ogni caso, al rafforzamento dei poteri di vigilanza ed intervento (ed in prospettiva, forse, di amministrazione attiva) da parte della Comunità e più precisamente dell’EASA.

Quanto ai diritti di traffico attribuibili dall’ENAC ai vettori, relativamente a rotte internazionali destinate a territori esterni all’Unione Europea, pongo ulteriormente in evidenza che la normativa nazionale - ai fini dei criteri d’assegnazione (e di scelta, in presenza di limitazioni) - richiama, ancora una volta e coerentemente, i requisiti di capacità finanziaria, tecnico-operativa, organizzativa e commerciale del vettore richiedente.

Relativamente agli oneri di servizio pubblico quale mezzo suppletivo per realizzare il principio della continuità territoriale[65] ed il diritto alla mobilità, ritengo particolarmente significativo il fatto che nella riforma del codice, la relativa norma - dopo il rituale rinvio alla disciplina comunitaria di base - precisa che i servizi pubblici di trasporto aereo di interesse esclusivamente regionale o locale sono disciplinati dalle regioni interessate.

La rilevanza dell’inserimento non consiste tanto nel carattere innovativo della norma - che peraltro non sarebbe stato configurabile, considerato il rango costituzionale della materia attributiva delle competenze - quanto in un riconoscimento che definirei programmatico riguardante i rapporti della Regione con l’ENAC, lo Stato e la Comunità, in un contesto di armonizzazione e di effettiva attuazione dell’intera disciplina[66]. Almeno in ambito nazionale è auspicabile un potenziamento delle conferenze di servizi con conseguenti effetti (anche) formali sull’intero procedimento amministrativo[67].

Sull’altro versante, cioè sulla proposta di riforma del regolamento 2408/92, mi limito a porre in evidenza le modifiche concernenti la previsione di più penetranti poteri d’intervento da parte della Commissione (sino, ad esempio, alla sospensione in tutto o in parte di un onere di servizio pubblico) e le modifiche della procedura della gare d’appalto che interessano tale tipologia di servizi.

 

19. Per semplice completamento “formale” di quanto al titolo del codice sull’ordinamento dei servizi aerei, accenno ai servizi di lavoro aereo per conto di terzi.

Sul punto, il riferimento alla normativa comunitaria manca di quella simmetricità riscontrabile nella disciplina delle imprese di trasporto aereo, ove il legislatore nazionale compie continui rinvii al regime comunitario ed in particolare ai regolamenti 2407 e 2408 del 1992. Proprio per questo, è da valutare positivamente il tentativo d’inquadramento sistematico delle imprese in questione, con il rinvio all’art. 778 per ciò che riguarda l’individuazione dei “soggetti e delle società” che possono chiedere la licenza d’esercizio, con un analogo espresso rinvio per quanto riguarda la proprietà e disponibilità degli aeromobili[68].

Per il resto, il ripetuto richiamo del legislatore al potere regolamentare dell’ENAC con il rango che ora assumono tali atti normativi ex art. 686 e segg. cod. nav., impone all’Ente una sollecita predisposizione di una completa e organica normativa di settore che, integrando quanto all’art. 790 cod. nav., tenga conto, tra l’altro, delle imprese appartenenti ad altri Stati della Comunità.

Mi risoffermo, infine, sulla pratica del ricorso all’outsourcing, prendendo spunto dalla tematica sulle c.d. imprese minori e da uno dei non numerosi apporti giurisprudenziali[69], ove con richiamo al d.m. 18 giugno 1981, si interpretava l’espressione “organico di personale”.

La pratica dell’outsourcing, in termini generali, non può essere valutata negativamente, anzi (a parità di prestazioni professionali) può costituire valido strumento per assicurare un equilibrio economico alle imprese, in modo non artificioso e comunque flessibile.

Essa, invece, è indice negativo (anche ai fini delle valutazioni costituenti esercizio di discrezionalità tecnica per il rilascio della licenza d’esercizio) quando gli eccessi facciano venir meno uno dei fattori di vitalità dell’impresa. Mi riferisco ad un minimo di prestatori di lavoro adeguatamente qualificati, che risultino stabilmente inseriti nella struttura delle imprese di navigazione aerea e ne concorrano a formare l’apparato organizzativo (nella fattispecie, di cui alla sentenza in nota, si era in presenza di una società cooperativa la cui attività principale consisteva nel fornire verso corrispettivo ad imprese minori di navigazione aerea il personale qualificato indispensabile per il rilascio e mantenimento della licenza d’esercizio, nella mancanza o insufficienza dell’organico).



* Relazione al Convegno Il diritto aeronautico tra ricodificazione e disciplina comunitaria, Modena (Università), 16-17 giugno 2006.

** Professore ordinario di diritto della navigazione nell’Università di Palermo.

[1] Sull’incremento numerico delle imprese di trasporto aereo negli ultimi anni, attribuibile soprattutto alle compagnie low cost, v. la comunicazione della Commissione n. 2005/C 312, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 9 dicembre 2005, ove si rileva,con dati riferiti al 2004, che nell’ambito dell’UE, la quota degli operatori low cost è balzata al 20% dell’intero comparto, mentre nel 1998 era soltanto al 4%. L’incremento, però, è stato fortemente disomogeneo nei vari Stati dell’Unione. Il rigore delle valutazioni all’ingresso va accompagnato, con particolare riguardo alle “piccole” imprese di trasporto aereo, da politiche che incoraggino - soprattutto nel settore delle manutenzioni, garanzia primaria di sicurezza - forme consortili (in senso lato), al fine di garantire economie nei costi ed effettiva competitività. Pellicelli (Le compagnie aeree. Economia e gestione del trasporto aereo, Milano, 1996, 447) richiama sul punto l’esempio dell’International Airline Technical pool le cui imprese aderenti sono responsabili delle manutenzioni (a favore degli associati) in un determinato aeroporto, consentendo alle altre compagnie di ridurre le scorte di pezzi di ricambio.

[2] La categoria presenta caratteri di residualità nel senso che vi s’inquadrano tutte le attività di volo diverse dal trasporto di passeggeri e di merci. Si fa più frequente riferimento a voli pubblicitari, voli diretti allo scopo di effettuare riprese fotografiche, cinematografiche e televisive, voli di osservazione, voli con lo scopo di spargimento di sostanze per lo spegnimento d’incendi, etc.

[3] V. Zunarelli, Contratti atipici, impresa di navigazione ed impresa di trasporto, in Dir. trasp., 1995, pag. 737, il quale - sia pure con più specifico riferimento al settore marittimo - si sofferma, peraltro, sul fenomeno della diversificazione delle attività del settore (si pensi alla logistica) con l’aumento di contratti atipici. Il fenomeno è, comunque, compatibile con quanto all’art. 778 cod. nav. sino a quando l’attività di trasporto aereo rimane prevalente.

[4] Alcune perplessità circa l’interpretazione del termine di cui al testo, con particolare riferimento alla versione inglese (remuneration and/or hire) sono state espresse nei commenti della dottrina anglosassone del primo periodo successivo alla pubblicazione del reg. com. 2407/92 (v. Balfour, European community air law, London-Dublin-Edimburg, 1995, 33); ritengo che il criterio uniforme d’interpretazione, al di là delle espressioni usate nelle varie lingue, debba fondarsi, come pongo in evidenza nel testo, sul carattere economico dell’attività di trasporto aereo.

[5] V., per tutte, Cass. 26 gennaio 2004, 1367.

[6] Cass. 16 luglio 1984, n. 4162; Cass. 27 novembre 1987, n. 8837.

[7] Avuto riguardo, alle più recenti interpretazioni meno generalizzanti del concetto di specialità di diritto della navigazione, devo richiamare, per completezza, fattispecie in cui non si è ritenuta più ravvisabile una ratio che giustifichi diversità e talora disparità di trattamento. Emblematica è, al riguardo, la sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 31 gennaio 1991, con riferimento all’art. 916 cod. nav., in tema di risoluzione del rapporto di lavoro del personale di volo.

[8] Si rinvia ai regolamenti 3976/87 e 2411/92 - relativi all’applicazione dell’art. 85, par. 3, (ora art 81) del Trattato, a talune categorie di accordi e pratiche concordate - ed al reg. 411/2004, che abroga il reg. 3975/87 (già modificato dal reg. 2410/92) e modifica sia il citato reg. 3976/87, sia il reg. 1/2003 (applicazione delle regole della concorrenza ex artt. 81 e 82 Trattato) con riferimento ai trasporti aerei tra la Comunità ed i Paesi terzi.

[9] Busti, Influenza della disciplina pubblicistica dell'attività di trasporto aereo sull'autonomia negoziale delle parti del contratto, in Dir. Trasporti, 1995, 379; Silingardi (I servizi aere,i in Il cinquantenario del codice della navigazione, Atti del convegno di Cagliari del 28-30 marzo 1992, a cura di Tullio e Deiana, Cagliari, 1993, 198) che usa l’espressione “imprese a rilevante controllo pubblico”, sia nel momento programmatorio che in quello gestionale.

Sotto il profilo della tutela dell’effettiva concorrenzialità, si condivide l’opinione di Marletto (Le regole del trasporto aereo: una lettura plurimodale, in Atti del convegno La nuova disciplina del trasporto aereo, a cura di Fanara, Messina, 2000, 109) che ritiene indispensabile per lo Stato e la Comunità un approccio “plurimodale” della problematica.

[10] V. Rangone (I trasporti pubblici di linea, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Dir. amm. Spec,. t. 2, Milano, 2000, 1707), che giustifica i penetranti controlli anche perché l’attività di trasporto aereo si svolge nello spazio che è una dimensione di sovranità.

Sul diffuso intervento pubblico si insiste in Padoa Schioppa Kostoris (a cura di), Struttura e regolamentazione del trasporto aereo, Bologna, 1995, sottolineandosi il carattere strategico dell’attività.

[11] Mi limito a citare gli atti della Conférence mondiale de transport aérien: défis et promesses de liberalisation (Montréal 24-29 marzo 2003).

[12] La proposta risulta ora presentata, in data 18 luglio 2006, con il numero COM (2006) 0396 (definitivo). Essa fa seguito ad un processo di consultazione pubblica che, però, non mi sembra abbia avuto un’adeguata piattaforma di risposte.

La Commissione ha cura di precisare che la nuova formulazione del “terzo pacchetto” si adegua ai principi di sussidiarietà e proporzionalità.

[13] In linea generale, va richiamato il principio espresso nell’art. 1 ter della legge 7 agosto 1990 n. 241 (I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1 del medesimo articolo, cioè economicità, efficacia, pubblicità, trasparenza).

[14] Il carattere “generalista” delle competenze delle direzioni aeroportuali insieme a quello a carattere analogo del gestore aeroportuale era già stato da me evidenziato, in particolare, in uno scritto riferentesi al quadro normativo anteriore alla riforma 2005-2006; scritto cui pertanto rinvio per ulteriori considerazioni, in quanto utilizzabili, almeno in parte, anche con il nuovo regime (La responsabilità del gestore aeroportuale, in Dir. trasp., 2002, 763).

[15] V. amplius la comunicazione di Barra, nel corso del Convegno cui fa riferimento questo scritto.

[16] Rinvio, anche per un inquadramento del reg. com. di cui al testo nell’intero regime assicurativo, allo scritto di Antonini (est. Gaggia), Le assicurazioni nel trasporto aereo, in Atti Conv. Trasporto aereo… cit., 109.

[17] Sull’esigenza di un formale riconoscimento di specifici diritti di traffico con atto o atti successivi al rilascio della licenza d’esercizio si era soffermata anche la dottrina di altri Paesi, già subito dopo l’entrata in vigore del reg. 2407/92; v., ad es., Adkins, Air transport and e.c. competition law, London, 1994, 220.

[18] In definitiva, l’applicazione non uniforme e non corretta dei regolamenti comunitari sulle bande orarie (reg. com. 95/93 e reg. com. 793/2004) contribuirebbe a vanificare in buona parte il sistema delle licenze e dei diritti di traffico come delineato dal medesimo regime comunitario nei regg. 2407/92 e 2408/92, danneggiando alcune imprese di trasporto aereo e l’utenza.

È significativo che non manchino scritti in cui gli slots sono beni dell’impresa (Romanelli-Tullio, Presentazione al volume Spunti di studio su aspetti della normativa comunitaria sui servizi aerei, Cagliari, 1999, 17, ove gli AA., in sede di sintesi, richiamano, sul punto, il contributo di Bianca f., Appunti sulla natura giuridica degli slots aeroportuali).

Osservo che, accogliendo quest’opinione, acquista maggiore fondamento la necessità di una relativa stima monetaria e l’inclusione del valore nel bilancio dell’impresa.

La problematica della ripartizione dei diritti di traffico riguarda anche le situazioni relative a vari aeroporti nell’ambito di un unico sistema (tipico è il caso di Linate, Malpensa e Orio al Serio); si tratta di evitare la violazione di fatto del principio di non discriminazione per identità o cittadinanza (v. in argomento Nascimbene, Concorrenza e libera prestazione di servizi nella regolamentazione dei sistemi aeroportuali e nella ripartizione del traffico aereo, in Giur. comm., 2003, 2, 197).

V. la relazione introduttiva che accompagna la già citata recente proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio (18 luglio 2006) redatta da parte della Commissione con il titolo “norme comuni per la prestazione di servizi di trasporto aereo nella Comunità”. L'attuale procedura in due tappe (istituzione di un sistema aeroportuale e definizione delle norme di ripartizione del traffico) è sostituita - si legge nella relazione - da una procedura a tappa unica, nella quale la nozione di “sistema aeroportuale” è abbandonata. Gli Stati membri possono dettare norme di ripartizione del traffico per gli aeroporti che servono la stessa città o la stessa conurbazione, ma con la preventiva autorizzazione della Commissione, previa consultazione del comitato competente. È parimenti precisato che gli aeroporti interessati devono essere dotati di una struttura di trasporto adeguata e che gli aeroporti della città/conurbazione che essi servono devono essere collegati da servizi di trasporto pubblico frequenti, affidabili e efficienti.

La proposta precisa inoltre che le norme di ripartizione del traffico devono rispettare i principi di proporzionalità e di trasparenza e devono basarsi su criteri obiettivi. Questa disposizione ribadisce il divieto di utilizzare abusivamente le regole di ripartizione del traffico per effettuare discriminazioni tra le compagnie aeree.

[19] L’analisi del quadro tariffario con le correlate previsioni sui ricavi si rivela di particolare incidenza nel quadro delle valutazioni finanziarie globali. Un errore di previsione compiuto da un’impresa produttrice di servizi ha, sotto molti aspetti, conseguenze più gravi rispetto ad analoghi errori da parte di imprese che producono beni fisici. L’impresa di servizi, infatti, non può accumulare scorte del proprio prodotto (sul punto, v. amplius Sgarro, Sulla gestione delle imprese di navigazione, in Trasp., 1984, 67).

[20] Sul superamento del concetto di national carrier rispetto a quello di community carrier e sul dovere di equality of treatment v., tra gli altri, Muschel, The air transport policy: realisations and perspectives, in Atti conv. La nuova disciplina del trasporto aereo cit., 18.

[21] Per tale requisito un elemento di riscontro, com’è naturale, è costituito dallo statuto delle singole imprese (in tale senso un più esplicito riferimento applicativo si riscontra in alcune legislazioni nazionali quale, ad esempio, quella dei Paesi Bassi). Peraltro, la definizione di conti di gestione contenuta nel reg. com. 2407/92 contribuisce indirettamente all’individuazione dell’attività prevalente dal momento che viene richiesta un’esposizione dettagliata delle entrate e dei costi per il periodo in questione, comprendente una scomposizione di attività legate al trasporto aereo ed altre attività (nonché in elementi pecuniari e non pecuniari).

[22] Per una serie di nozioni tecniche nel dettaglio v. De Stefani, Diritto aereo, Roma, 2002, 128 e passim.

[23] V’è però da aggiungere che la terminologia del common law, considerata in sé, non è di particolare ausilio, tenuto conto che il termine certificate, in quel sistema, viene adoperato con molti significati (e del resto, nell’ordinamento italiano, la parola certificato, pur corrispondendo ad un’accezione che può dirsi definita nei suoi limiti essenziali dalla dottrina amministrativistica, rimane vittima della non infrequente “casualità del linguaggio” usato dal legislatore.

V. Sala, voce Certificati ed attestati, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1987, 536.

[24] V. Cass. civ. Sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2524, ove ancora una volta la differenza di cui al testo è così chiaramente sintetizzata “Il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi ad un'eliminazione dell'efficacia rappresentativa del documento risultato falso, sono sostanzialmente differenti tra loro: il primo tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione; il secondo mira anche ad identificare l'autore, al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge”.

[25] Le documentazioni tecniche relative all’argomento sottolineano la particolare incidenza delle verifiche in volo.

[26] Le rilevazioni di cui al testo presuppongono, tra l’altro, attente verifiche sulla composizione del team (tecnici aeronautici, tecnici elettronici, piloti, etc) e sul possesso dei titoli professionali prescritti.

[27] Contra v. Romanelli-Tullio, Presentazione al volume Spunti di studio su aspetti della normativa comunitaria sui servizi aerei, cit., 11, ove, in sede di sintesi, si cita il contributo di Cesarini e Chiocci, i quali ritengono che il COA sia atto derivante da esercizio di discrezionalità tecnica.

[28] Nel testo faccio riferimento all’edizione n. 6 approvata con delibera del Consiglio di amministrazione n. 23/06 del 30 marzo 2006.

[29] Alle esigenze di un elevato livello di standardizzazione e di uniformità d’applicazione si richiamano spesso gli atti comunitari, con specifico riferimento alle misure di sicurezza dell’aviazione civile. Si veda ad esempio il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1592/2002 (insieme ai regg. di att. 1702/2003 e 706/2006) richiamato dal primo considerando del reg. com. 2042/2003 di cui al testo. Ben opportunamente il reg. n. 1592/2002 -considerato basilare nel settore - sottolinea che il perseguimento di tale obiettivo contribuisce ad agevolare “la libera circolazione di merci, persone e organizzazioni nel mercato interno”. Per inciso aggiungo che il quarto considerando di quest’ultimo regolamento sottolinea l’ulteriore necessità di utilizzare con sollecitudine i risultati delle inchieste aeronautiche che riguardino non soltanto i difetti degli aeromobili ma anche gli “aspetti operativi”, strettamente pertinenti all’argomento di questo scritto. Una nuova proposta di regolamento (n. 579 del 15 novembre 2005, che modifica il reg. 1592/2002) va in questa direzione. Sull’argomento v., recentemente, Franchi, La sicurezza del passeggero nel trasporto aereo, in Atti Conv. Trasporto aereo …cit., 140.

[30] Il regolamento di cui al testo assume particolare rilevanza perché oltre a dettare norme relative al mantenimento della navigabilità di aeromobili e di prodotti aeronautici, parti e pertinenze, disciplina anche le modalità di approvazione delle imprese e del personale autorizzato alle manutenzioni stesse. Il testo è redatto in conformità al parere del competente comitato dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea.

[31] Il testo della proposta di modifica del “terzo pacchetto” prevede la possibilità che i requisiti tecnici siano previsti dal “diritto comunitario pertinente” e non necessariamente da un regolamento comunitario e contestualmente l’abrogazione del secondo comma dell’art. 9 del reg . 2407/92, ove si legge che che “fino all'entrata in vigore del regolamento del Consiglio di cui al paragrafo 1, per quanto riguarda la certificazione degli operatori nel settore del trasporto aereo si applicano le normative nazionali relative al COA o a titoli equivalenti”.

La proposta aggiunge (art. 6) che “ogni eventuale modifica del COA di un vettore aereo comunitario deve figurare nella sua licenza d’esercizio”.

[32] Vanno, tuttavia, prevenute interferenze (se non vere e proprie parziali sovrapposizioni) con altri organismi già operanti e tra essi, in particolare, l’ECAC e la JAA (sul punto v. Masutti, Il diritto aeronautico, Torino, 2004, 49).

[33] Si richiama, ad esempio e prescindendo dall’attuazione delle ultime riforme, la lunga esperienza di amministrazione del demanio marittimo in Sicilia da parte delle Capitanerie di porto, anche dopo il passaggio effettivo di titolarità dei beni (tranne alcune eccezioni) in capo alla Regione sulla base del d.P.R. n. 684 del 1° luglio 1977.

[34] Cfr. Adkins, op. cit., 220.

La proposta di nuovo regolamento n. 316/2006 è più puntuale; infatti, ferma restando la possibilità che in futuro la materia passi nelle competenze dell’EASA (sia pure, aggiungo, con i meccanismi di semplificazione burocratica da me prospettati nel testo), la proposta, nell’attuale regime di competenza delle autorità nazionali, precisa che la domanda di licenza va rivolta all’autorità di uno Stato membro ove l’impresa abbia la sua sede principale (e, se esiste, la sua sede sociale) e svolga una parte considerevole delle sue attività operative. Nel caso in cui il certificato di operatore aereo sia rilasciato da un’autorità nazionale, è ulteriore requisito, per l’individuazione della competenza, che lo stesso Stato membro sia responsabile per la sorveglianza del certificato di operatore aereo.

[35] Considerato che, per un principio di effettività, il criterio del centro principale degli affari è più rilevante di quello più formale della mera sede sociale (anche se quest’ultimo rimane condizione necessaria pur se non sufficiente), è evidente che l’indagine per individuare tale centro principale può presentare difficoltà non trascurabili in presenza di una multibased company. Peraltro, in alcuni Paesi si cerca di evitare con maggiore dettaglio normativo la discrasia “sede sociale-centro principale d’interessi”, subordinando a quest’ultima circostanza il valore legale dell’indicazione della sede (v. Spagna).

[36] Sul piano comparatistico ed a titolo esemplificativo, riporto, nella lingua originale, l’elencazione non tassativa degli elementi che la Direzione generale dell’aviazione civile del Lussemburgo elenca ai fini di cui al testo: localisation de la base décisionnelle et opérationnelle de la société, présence sur les lieux des cadres dirigeants responsables ainsi que du personnel technique compétent, ressources humaines appropriées en fonction de la taille de la société, faible taux de recours à des sous-traitants, autonomie décisionnelle propre à la compagnie, localisation de toute la documentation requise, moyens de communication et locaux appropriés, transport aérien en tant qu’activité principale… La simple utilisation du Luxembourg comme plate-forme financière ne saurait satisfaire au critère du principal lieu d’établissement requis.

[37] La proposta di modifica del regolamento “fa salvo quanto previsto in un accordo con un Paese terzo di cui la Comunità è parte contraente”.

In tema di controllo effettivo, v. amplius Bonelli-Roli, I vincoli alla privatizzazione delle compagnie aeree, in Dir. comm. int., 2001, 2, 249, ove si richiama la decisione della Commissione CE del 19 luglio 1997 sul caso Sabena-Swissair e si esaminano una serie di casi di privatizzazioni relative ad ex compagnie di bandiera .

A titolo esemplificativo, noto che alcuni Paesi della Comunità (v. Regno Unito), in sede d’applicazione ed al fine di stabilire l’esistenza di un controllo effettivo, attribuiscono espressamente una particolare importanza all’indagine sull’effettivo potere nella nomina del consiglio d’amministrazione e sulla cittadinanza dei suoi componenti.

[38] Nei Paesi Bassi, anche le persone che siano state assoggettate a dichiarazione di fallimento non sono ritenute ipso iure prive del requisito di cui al testo purchè ciò, secondo le varie fattispecie, non sia in conflitto con la legge penale nazionale. In Francia è prevista la presentazione di una dichiarazione di “buona reputazione” relativamente alle persone che hanno la conduzione di un’impresa di trasporto aereo (presidente della società, managers, etc.).

[39] A fronte delle difficoltà di cui al testo si pone la necessità di una sempre maggiore attenzione per le problematiche finanziarie perché si tratta di un settore che in Europa presenta, nel suo complesso obiettivi margini di criticità dovuti secondo alcuni studiosi ad una “cronica sottocapitalizzazione” e ad una forte frammentazione. Si notano, frequentemente, rilevanti esposizioni debitorie e situazioni di “permanent cash flow problems (così Van Fenema in European air law association, Conference papers vol. 17, L’Aja, 2004, ove si richiama la Comunicazione della Commissione al Parlamento del 19 ottobre 2001, par. 5 e 7). Sul punto, viene segnalato - per una serie di dati (aggregati e scomposti) sulle financial performances delle compagnie europee con i relativi commenti - uno studio (Functionning of the internal market for air transport) condotto da un gruppo coordinato dall’Università di Oxford (Holvad ed altri) per conto della Commissione (novembre 2005).

[40] V. ora l’introduzione della Commissione alla proposta di modifica del terzo pacchetto (n. 396 del 18 luglio 2006).

[41] V. proposta Comm. cit., 4° e 7° considerando.

[42]  A.   Informazioni che un nuovo richiedente deve fornire dal punto di vista dell'idoneità finanziaria

1.       La più recente contabilità relativa alla gestione interna e, se disponibili, i bilanci certificati dell'anno finanziario precedente.

2.      Un bilancio programmatico, compreso il conto profitti e perdite dei due anni seguenti.

3.      La base delle previsioni di spesa e i dati relativi alle entrate per voci quali carburanti, tariffe, stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di cambio, spese aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.

4.      Informazioni dettagliate sui costi d'avviamento sostenuti nel periodo trascorso fra l'introduzione della domanda e l'inizio dell'attività, nonché un'illustrazione delle previste modalità di finanziamento di detti costi.

5.      Informazioni dettagliate sulle fonti di finanziamento esistenti e previste.

6.      Informazioni dettagliate sugli azionisti, compresa la loro nazionalità, il tipo di azioni disponibili, nonché il loro statuto. Nel caso di raggruppamenti di imprese, si richiedono informazioni sui loro reciproci rapporti.

7.      Proiezioni concernenti le relazioni sui movimenti di cassa e piani di liquidità per i primi due anni d'esercizio.

8.      Informazioni dettagliate sul finanziamento dell'acquisto/leasing di aeromobili; in caso di leasing, le condizioni ed i termini del contratto.

B.      Informazioni da presentare per la valutazione della persistente idoneità finanziaria di vettori aerei abilitati che intendano modificare la loro struttura o le loro attività con significative ripercussioni finanziarie.

1.      Se necessario, il più recente conto d'esercizio interno e i bilanci certificati del precedente anno finanziario.

2.      Precise informazioni dettagliate su tutti i cambiamenti previsti, per esempio cambiamento del tipo di servizio, progetti di acquisizione o fusione, modifiche concernenti il capitale azionario e gli azionisti, ecc.

3.      Un bilancio programmatico contenente il conto profitti e perdite per l'anno finanziario in corso, compresi tutti i previsti cambiamenti di struttura o di attività che comportino significative ripercussioni finanziarie.

4.      Dati relativi alle entrate ed uscite passate e future per voci quali carburanti, tariffe, stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di cambio, spese aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.

5.      Relazioni sui movimenti di cassa e piani di liquidità per l'anno seguente, compresi tutti i previsti cambiamenti di struttura o di attività aventi significative ripercussioni finanziarie.

6.      Informazioni dettagliate sul finanziamento di acquisto/leasing di aeromobili; nel caso di leasing, le condizioni ed i termini del contratto.

C.     Informazioni da presentare per la valutazione della persistente idoneità finanziaria dei vettori aerei abilitati.

1.      I bilanci certificati al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo in questione e, se necessario, il più recente conto d'esercizio interno.

2.      Un bilancio programmatico, compreso il conto profitti e perdite dell'anno successivo.

3.      Dati relativi alle entrate ed uscite passate e future per voci quali carburanti, tariffe, stipendi, manutenzione, deprezzamento, fluttuazioni del tasso di cambio, spese aeroportuali, assicurazioni, ecc. Previsioni traffico/reddito.

4.      Relazioni sui movimenti di cassa e piani di liquidità per l'anno seguente.

[43] A circa dieci anni dalla sua pubblicazione trovo ancora attuale, nelle sue linee generali, il già citato ponderoso volume di a. c. Pellicelli, Le compagnie aeree. Economia e gestione del trasporto aereo, edito nell’ambito della collana curata dall’ Istituto di Ragioneria ed economia aziendale dell’Università di Torino. Le problematiche della concorrenza nel settore sono affrontate in chiave aziendalistica, esaminando gli effetti della deregulation in Europa e negli U.S.A., della privatizzazione, dei possibili interventi dello Stato. Si segnala particolarmente l’indagine relativa agli effetti delle nuove tecnologie sugli assetti delle imprese; si pensi, con un solo esempio, ai sistemi di prenotazione. La ricerca di criteri uniformi più dettagliati ai fini della la valutazione dei bilanci (sia per lo stato patrimoniale che per il conto economico) delle imprese di trasporto aereo incontra delle difficoltà - nota l’A. - a misura in cui le regole presentino ancora significative differenze da un Paese all’altro della Comunità. Aggiungo, però, che tali ostacoli mi sembrano via via superabili, sia attraverso l’applicazione da parte degli aziendalisti di “correttori” di lettura che consentano un’esatta comparazione dei risultati delle scritture contabili, sia per l’intervento sempre più incisivo del legislatore comunitario in materia di diritto delle società.

Osserva ben opportunamente l’A. cit. (p. 457) che non esiste un unico tipo di analisi finanziaria (ad esempio, una valutazione finanziaria può dare risultati positivi se finalizzata alla concessione di un finanziamento a breve termine ed invece negativi se lo scopo è la concessione di un prestito a lungo termine). Da qui - aggiungo - la necessità di predisporre modelli mirati di analisi finanziarie che abbiano l’obiettivo specifico del rilascio o mantenimento delle licenze d’esercizio o comunque il puntuale svolgimento di servizi da parte delle imprese di trasporto aereo. Forse gli elenchi costituenti l’allegato al reg. 2407/92 e quelli di cui al progetto di modifica non soddisfano completamente tali esigenze di specificità. Mi sembra comunque certo che in sede applicativa un’accurata indagine sul c.d. cash flow (quanto a fonti e destinazione) debba rientrare tra gli aspetti preminenti dell’analisi (v.amplius op. cit. 467).

Per i medesimi profili economico-aziendalistici relative alle imprese di trasporto aereo, ma con un approccio diverso, v.

Valdani-Jarach, Compagnie aeree e deregulation, Milano, 1997. Il contributo è particolarmente utile anche nella descrizione di case history relativamente al settore delle imprese in argomento.

Più direttamente connesso con l’argomento di cui al testo è lo scritto di Bauer e Negri, La revisione dei bilanci delle compagnie aeree, in Controllo legale conti, 2000, 515 (prima parte) e 659 (seconda parte); gli AA., nella loro conclusione richiamano l’attenzione su alcune classi di valori che, per le imprese in esame, assumono aspetti peculiari e rilevanti; ci si riferisce in particolare alle problematiche di “cut-off” connesse con le fatture da ricevere, al trattamento dei fondi per la manutenzione ciclica degli aeromobili, etc. Particolarmente interessante è la considerazione finale ove si ritiene indispensabile, quale corretto punto di partenza per una valutazione contabile, un’approfondita analisi dell’effettivo contenuto dei contratti stipulati dall’impresa di trasporto aereo “la cui errata interpretazione può portare a conseguenze finanziarie molto serie per contenziosi a loro legati”.

Ancora sulle specificità della struttura dei costi dell’impresa di trasporto aereo v., nell’edizione del 2002, Doganis, Flying Off Course: The Economics of International Airlines, London e N. Y.

[44] Sulla particolare importanza dell’analisi del mercato di riferimento, sia nel periodo breve che in una prospettiva temporale più lunga, insistono, tra gli altri, Bauer e Negri, op. cit. 659 e passim.

[45] Sull’insufficienza del periodo trimestrale, richiamo l’osservazione di Balfour, op. e loc. cit., che tiene conto delle caratteristiche peculiari connesse con la fase d’avvio di un’attività di trasporto aereo.

Segnalo, a questo proposito, la particolare attenzione posta nei Paesi Bassi, all’entità in rapporto all’intero, di quella parte di disponibilità finanziaria costituita, nell’impresa di trasporto aereo, dal venture capital per i pericoli che esso comporta ed ai casi in cui il dubbio sulla solvibilità dell’impresa sia compensato da adeguate garanzie bancarie o di altra natura.

[46] Nella normativa spagnola (O. Min. de Fomento, 12 marzo 1998), viene letteralmente trascritta la definizione (opportunamente in termini generali) di business plan (plan de operaciones) di cui al reg. 2407/92: una dettagliata descrizione delle attività che l’impresa di trasporto aereo si propone di svolgere nel periodo in riferimento, con particolare riguardo agli obiettivi di sviluppo ed ai correlati investimenti; le implicazioni di carattere economico e finanziario di tali attività dovranno essere prospettate in tutta la loro evidenza.

Quanto al check del piano economico, si segnala la prassi di alcuni Paesi di attribuire particolare rilevanza ai dati generali di sviluppo che emergono dalle previsioni IATA. Resta comunque basilare la valutazione sulla corretta proporzione tra elencazione di quantità e tipologia dei servizi che s’intendono svolgere e capitali disponibili (per le imprese caratterizzate da attività charteristica, viene sottolineata la particolare difficoltà delle valutazioni in argomento per l’evidente maggiore incertezza delle previsioni; è consigliabile un riscontro dei dati di sviluppo con acquisizione di ulteriori dati presso i tour operators).

In Francia, la valutazione del piano economico avviene con l’ausilio di modelli econometrici relativi al traffico, muovendo da una banca dati consultabile presso l’autorità nazionale competente.

[47] Alcune regolamentazioni interne degli Stati membri precisano il periodo minimo di anticipazione della notifica; in Spagna e nel Regno Unito, ad esempio, tale periodo è di 14 giorni, in Francia è, invece, di due mesi.

[48] Di contro, va richiamato l’art. 1.2 della legge n. 241/90 (“la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”, altrimenti si espone alle conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento generale).

[49] La necessità di valutare se il periodo di disponibilità è congruo viene sottolineata anche da Munari-Celle, Tutela del passeggero e concorrenza nella prospettiva comunitaria, in Atti Convegno Trasporto aereo e tutela del passeggero nella prospettiva europea, a cura di Masala-Rosafio (Sassari 15-16 aprile 2005), Milano, 2006, 46.

[50] V., ad es. la Spagna. In Polonia, l’approvazione è negata se nel contratto non è indicato il gruppo responsabile della supervisione dell’aeromobile.

[51] Cfr. art. 2.1 della legge n. 241/90.

[52] La possibilità di ricorsi gerarchici, propri ed impropri, è regolata dalle legislazioni nazionali. Nel Regno Unito, ad esempio, viene riconosciuto il diritto di ricorrere al Ministro competente.

[53] Giova, forse, porre ancora in evidenza che la discrezionalità tecnica di cui al testo non comporta che le situazioni da valutare in via prodromica debbano essere esaustivamente elencate nella normativa comunitaria o in quella interna dei singoli Paesi. Trovo però utile che alcuni Stati membri elenchino in via non tassativa alcune di tali situazioni; ad esempio la Spagna oltre alla bancarotta, fa riferimento al frequente reiterarsi di controversie di lavoro, a frequenti contenziosi con i creditori, etc. Nella prassi dell’Amministrazione francese costituisce un grave indice di preinsolvenza il mancato pagamento delle imposte, delle tasse e diritti aeroportuali in genere, delle somme dovute per il controllo in navigazione e delle fatture relative ai rifornimenti degli aeromobili.

[54] È opportuno richiamare quanto si legge all’art. 9 della proposta di modifica del terzo pacchetto, con riferimento alle difficoltà finanziarie dell’impresa di trasporto aereo. La modifica ha come base il paragrafo 5 dell’art. 5 del regolamento 2407/92 ed è così letteralmente formulata: “L’Autorità competente per il rilascio delle licenze sospende o revoca la licenza d’esercizio qualora giunga alla conclusione che il vettore aereo comunitario non è più in grado di far fronte ai propri impegni effettivi e potenziali per un periodo di dodici mesi”. Il secondo comma, a sua volta, prevedrebbe che “L'autorità competente per il rilascio delle licenze può rilasciare una licenza provvisoria di durata non superiore a 12 mesi in attesa della ristrutturazione finanziaria del vettore aereo comunitario, purché tale licenza temporanea rifletta ogni eventuale modifica del COA e sussista la prospettiva realistica di una ristrutturazione finanziaria soddisfacente entro tale periodo di tempo”.

Nei tre commi successivi, la proposta, muovendo dal sintetico disposto del vigente art. 12 del reg. 2407/92 detta una disciplina molto più analitica per quanto riguarda le procedure conseguenti ai “chiari segnali di problemi finanziari” riguardanti un’impresa di trasporto aereo.

Infatti, la norma comunitaria attuale stabilisce che: “Uno Stato membro non permette ad un vettore aereo di mantenere la licenza d'esercizio laddove contro detto vettore siano in corso procedimenti per insolvenza o di natura analoga, se l'autorità competente di tale Stato membro ha la convinzione che non sussista una prospettiva realistica di ristrutturazione finanziaria soddisfacente entro limiti di tempo ragionevoli”. Di contro il progetto della Commissione nei tre commi citati è così articolato: “Qualora sussistano chiari segnali dell'esistenza di problemi di natura finanziaria oppure qualora siano in corso procedimenti per insolvenza o di natura analoga, nei confronti di un vettore aereo a cui abbia rilasciato una licenza, l'autorità competente per il rilascio delle licenze procede senza indugio a una valutazione approfondita della situazione finanziaria e sulla base dei risultati riesamina la conformità della licenza d'esercizio alle prescrizioni di cui al presente articolo entro un periodo di tre mesi.

L'autorità competente per il rilascio delle licenze informa la Commissione dei risultati della valutazione, nonché della decisione da essa adottata in relazione allo stato della licenza d'esercizio.

Qualora i bilanci certificati di cui all'articolo 8, paragrafo 4, non siano stati trasmessi entro sei mesi dalla data di chiusura del bilancio dell'anno finanziario precedente, l'autorità competente per il rilascio delle licenze chiede al vettore aereo comunitario di farle pervenire senza indugio i bilanci certificati.

Se i bilanci certificati non sono trasmessi entro un mese, la licenza d'esercizio è sospesa o revocata.

L'autorità competente per il rilascio delle licenze informa la Commissione della mancata trasmissione dei bilanci certificati da parte del vettore aereo entro il termine di sei mesi, nonché delle azioni che essa adotta di conseguenza.

In caso di sospensione o ritiro della COA di un vettore aereo comunitario, l'autorità competente per il rilascio delle licenze sospende o revoca immediatamente la licenza d'esercizio di quel vettore”.

[55] Il termine biennale introdotto dall’art. 11 del D. lgs. 15 marzo 2006 n. 151 sostituisce quello quinquennale previsto dal d. lgs. 96 del 2005 ed indicato anche nel reg. 2407/92, al primo comma dell’art. 11. Il nuovo termine previsto dal legislatore nazionale trova una correlazione con la formulazione ex novo del secondo comma dell’art. 8 della più volte citata proposta di modifica - presentata dalla Commissione il 18 luglio 2006 - che trascrivo: L'autorità competente per il rilascio delle licenze vigila attentamente sull'osservanza delle prescrizioni di cui al presente capo e, in ogni caso, riesamina l'osservanza di tali prescrizioni due anni dopo il rilascio di una nuova licenza d'esercizio, qualora si sospetti un potenziale problema oppure su richiesta della Commissione.

Qualora sospetti che i problemi finanziari di un vettore aereo comunitario possano pregiudicare la sicurezza del suo esercizio, l'autorità competente per il rilascio delle licenze informa immediatamente l'autorità competente per la COA”.

Va osservato che la formulazione della norma nazionale, non subordinando la revisione al “sospetto di un potenziale problema o alla richiesta della Commissione”, fornisce maggiori garanzie obiettive sotto il profilo della permanenza dei requisiti richiesti alle imprese di trasporto aereo.

[56] In alcuni Paesi (es. Spagna, Polonia, Francia) il limite di presentazione è fissato in sei mesi dalla chiusura dell’esercizio.

[57] Il comma 6 dell’art. 8 della proposta continua così: “L'autorità competente per il rilascio delle licenze ha la facoltà di verificare, in qualsiasi momento, i risultati finanziari di un vettore aereo comunitario al quale ha rilasciato una licenza d'esercizio, chiedendo le informazioni pertinenti e, in particolare, i dati di cui al punto 3 dell'allegato 1”. Quest’ultimo, per quel che qui rileva, è conforme all’allegato al reg. 2407/92 vigente.

[58] Noto per inciso che, rispetto alla safety, l’esigenza di standardizzazione nell’applicazione concreta delle normative si pone a maggior ragione per la security (v. in proposito, la prima relazione della Commissione sull’attuazione del regolamento comunitario 2320/2002). Si rinvia anche ai regg. 622/2003, 781/2005, 857/2005 e 68/2004.

[59] V. reg. com. 847/2004 e sent. Corte Giust. Com. Eur. 5 novembre 2002 in causa C-466/98.

[60] In argomento, v. la direttiva comunitaria 36/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza degli aeromobili di Paesi terzi che utilizzano aeroporti comunitari, il regolamento n. 2111 del 2005 (istituzione di un elenco comunitario di vettori aerei soggetti ad un divieto operativo all’interno della Comunità e alle informazioni da fornire ai passeggeri del trasporto aereo sull’identità del vettore aereo effettivo e che abroga l’art. 9 della direttiva 36/2004) ed il regolamento di attuazione della Commissione n. 473 del 2006.

[61] Richiamo, per inciso, il fatto che il soddisfacimento del requisito della sicurezza richiede non soltanto la puntuale osservanza di singole norme di safety e security ma il mantenimento in efficienza di piani di gestione con costi non indifferenti. Peraltro, ove sia possibile ridistribuire (in tutto o in parte) il costo sugli utenti, indicando separatamente nel documento di trasporto la voce del prelievo, le valutazioni dei bilanci dovrebbero implicare un’analisi sull’effettiva destinazione del prelievo stesso.

Sulla gestione del rischio e sulle problematiche della prevenzione, sottolineo, ancora per inciso, la specifica rilevanza dei contributi di due seminari svoltisi a Parigi (nel gennaio 2005) ed a Montreal (nel febbraio dello stesso anno) sul tema Air transportation and risk management, pubblicati nel numero 3 del 2006 del Canadian journal of criminology and crim. just.; v. anche gli Atti del convegno organizzato nell’aprile 2004 dall’Università di Milano-Bicocca (facoltà di giurisprudenza) La sicurezza negli aeroporti. Problematiche giuridiche ed interdisciplinari (atti pubblicati a cura di Camarda, Cottone, Migliarotti, Milano, 2005).

[62] Oltre all'ipotesi di cui al quarto comma, il vettore designato decade dal servizio: “a) quando non ha iniziato l'esercizio nel giorno indicato dalla convenzione, a meno che il ritardo non sia derivato da causa a lui non imputabile; b) negli altri casi indicati dalla convenzione. Per gravi motivi di pubblico interesse l’ENAC può sospendere l'esercizio del servizio da parte del vettore designato ovvero revocare la designazione”.

[63] Per le frequenti considerazioni di tipo economico, inserite nel contesto della trattazione giuridica, v. Brignardello, La disciplina delle tariffe e dei prezzi nel settore dei trasporti, Torino, 2000; v. anche ID., Le tariffe aeree, in Il nuovo diritto aeronautico, in ricordo di Gabriele Silingardi, II, Milano, 2002, 407.

[64] Per la disciplina del code sharing, che non attiene direttamente all’argomento di questo scritto come delimitato dalle premesse, rinvio agli artt. 5 e 6 del nuovo testo contenuto nella proposta della Commissione. Tali forme di accordo contrattuali vengono ritenute compatibili con le regole della concorrenza proprio perché espressamente ammesse dal legislatore comunitario (v. Aut. gar. conc. 1 agosto 2002 n. 11038).

[65] V. amplius gli scritti contenuti nel volume Continuità territoriale e servizi di trasporto aereo, Torino, 2002 (Atti del convegno organizzato dall’Università di Sassari, a Sassari e Alghero, il 15-16 ottobre 1999).

Sotto il profilo comparatistico, v. lo scritto, relativamente recente, di Williams e Pagliari, A comparative analisis of the application and use of pubblic service obligation in air transport within the EU, in Transport Policy, 2004 (11), num. 1, 55-66.

[66] I rapporti di cui al testo non riguardano, com’è di tutta evidenza, soltanto la materia degli oneri di servizio pubblico per i quali - tenuto conto delle caratteristiche del trasporto aereo - non risulta facile la definizione di servizi d’interesse esclusivamente regionale o locale; definizione che non può tener conto esclusivamente dell’appartenenza alla medesima regione dei territori di arrivo e partenza dell’aeromobile. Assumono, infatti, rilievo altre questioni in materia finanziaria, quali ad es., gli incentivi pubblici per l’avviamento.

Nella materia, v. la già citata comunicazione della Commissione pubblicata il 9 dicembre 2005 nella quale, nel quadro di nuovi collegamenti, si condiziona la possibile concessione del contributo al possesso di una licenza d’esercizio in corso di validità e al riferimento a rotte riguardanti aeroporti “regionali” (nel significato che l’aggettivo assume in relazione alla materia e con la precisazione che saranno possibili eccezioni per le regioni ultraperiferiche da dove partano voli per Paesi terzi vicini).

[67] Per un esempio di pratica attuazione del sistema conferenziale, v. la comunicazione n. 5 della Commissione relativamente alla procedura prevista dall’art. 1, par. 1, lett. a del reg. 2008/92 (voli Trapani-Pantelleria e viceversa).

[68] L’art. 22.10 della legge comunitaria n. 128 del 1998 aveva già stabilito l’adeguamento al reg. com. 2407/92 delle normative nazionali (in particolare, art. 8 d.m. 18 giugno 1981 e successive modifiche) per il rilascio e mantenimento delle licenze d’esercizio delle imprese di lavoro aereo, con riferimento ai requisiti relativi alla proprietà e disponibilità di aeromobili.

V. anche circolare ENAC, serie economico amministrativa legale, del 21 gennaio 2002.

[69] Cass. 1 settembre 1994 n. 7613.

 

Data di pubblicazione: 18 settembre 2006.